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Un summit che rilancia la NATO?

In 3 sorsi – Il summit NATO di Bruxelles, nonostante le incertezze della vigilia, ha portato alla riconferma dell’impegno degli alleati sul fronte di spesa e ha lasciato un’Alleanza Atlantica maggiormente attrezzata per fare fronte alle sfide del futuro.

1. LA MARCIA DI AVVICINAMENTO

L’11 e 12 luglio 2018 a Bruxelles si è tenuto il summit NATO, un evento preceduto da forti incertezze circa quanto sarebbe emerso. Non solo questo sarebbe stato il primo NATO summit meeting di Donald Trump, ma avrebbe avuto luogo in un momento di tensione tra gli Stati Uniti e i Paesi europei. Da una parte, infatti, gli europei non hanno gradito alcune mosse unilaterali americane – uscita dall’accordo di Parigi e dall’Iran Deal e il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele – e la dura posizione trumpiana sul commercio, dall’altra l’amministrazione americana ha biasimato l’UE per l’approccio commerciale ritenuto non equo e ha criticato i partner europei sia per il loro rifiuto di supportare gli Stati Uniti in alcune scelte chiave di politica estera sia per l’incapacitĂ  di spendere adeguatamente in difesa (ossia, raggiungere il 2%/PIL concordato nel summit del 2014 in Galles). A tal proposito, prima del summit Trump ha fatto recapitare alcune lettere ai leader alleati, chiedendo di rispettare gli impegni di spesa previsti in quanto necessari per il buon funzionamento dell’Alleanza.

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Fig. 1 – Il nuovo quartier generale NATO

2. IL SUMMIT

Il summit, il primo nel nuovo quartier generale, si è aperto l’11 luglio rispettando le premesse della vigilia. Durante la colazione preparatoria tra Trump e il Segretario Generale Jens Stoltenberg, infatti, il primo ha usato parole molto dure sia verso gli alleati che non spendono quanto dovrebbero sia, soprattutto, verso la Germania. Quest’ultima, infatti, è stata accusata – oltre di non investire il dovuto in difesa – di essere sostanzialmente nelle mani di Mosca, essendo il suo approvvigionamento energetico dipendente dalla Russia. Il livello di tensione è aumentato il giorno seguente, con Trump che ha attaccato gli alleati sulla questione spesa, usando toni decisi e poco accomodanti. Ciò ha spinto Stoltenberg a convocare un meeting di emergenza per discutere della questione. Poche ore dopo, tuttavia, il Presidente americano si è mostrato molto soddisfatto del vertice, sottolineando l’impegno degli alleati per una maggiore spesa e l’unitĂ  finale emersa dal vertice. Altri leader, come il francese Emmanuel Macron, hanno invece preferito sottolineare come sulla spesa siano stati riconfermati gli accordi passati (quello del 2014 appunto). Nonostante l’attenzione mediatica rivolta quasi unicamente su tale aspetto, in realtĂ  la dichiarazione finale del summit mostra una NATO coesa nel concordare numerose misure, con piĂą strumenti a disposizione per affrontare le sfide del presente e del futuro. L’Alleanza esce rinvigorita sia sul fianco est – dove viene confermata la dual-track policy di deterrenza e dialogo verso la Russia – sia su quello sud – con una maggiore attenzione verso le dinamiche dell’area mediterranea, sulle quali si concentrerĂ  il nuovo Hub di Napoli. La NATO ha anche ribadito la politica della porta aperta, invitando formalmente la Repubblica ex Jugoslava di Macedonia a iniziare i colloqui per l’adesione. Infine, è stata migliorata la capacitĂ  dell’Alleanza di reagire in situazioni di crisi con il lancio della NATO Readiness Initiative: con essa gli alleati si impegnano ad avere, complessivamente, 30 battaglioni di terra, 30 squadroni aerei e 30 navi da battaglia pronti all’impiego in 30 giorni.

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Fig. 2 – Donald Trump poco prima della conferenza stampa

3. E ORA?

Il summit si è chiuso, dunque, positivamente anche se restano alcune incognite. In particolare, il capitolo “spesa” è forse la principale. Non è chiaro, infatti, se tutti i membri riusciranno a raggiungere il target del 2% entro il 2024. Secondo le ultime stime, infatti, alcuni Paesi (come Germania e Italia) potrebbero non ottemperare e questo riproporrebbe le medesime tensioni nel prossimo futuro. Inoltre, già da mesi serpeggia il malumore in Europa e la recente dichiarazione del ministro degli esteri tedesco Heiko Maas ne è un esempio: gli europei non potrebbero più, secondo lui, contare completamente sulla Casa Bianca, considerazione già fatta da Angela Merkel poco più di un anno fa. La reazione è arrivata in seguito all’affermazione di Trump secondo cui l’Unione Europea, a causa della sua politica commerciale, sarebbe un nemico degli Stati Uniti sulla scena mondiale. Nonostante i problemi, il summit di Bruxelles ha segnato la giusta rotta per avere una NATO capace di affrontare le sfide del XXI secolo e le misure concordate, anche se poco pubblicizzate dai media, costituiscono un passo in avanti su numerosi fronti in merito a cooperazione e prontezza. Resta da vedere come i singoli membri risponderanno agli impegni presi.

Simone Zuccarelli

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Simone Zuccarelli
Simone Zuccarelli

Classe 1992, sono dottore magistrale in Relazioni Internazionali. Da sempre innamorato di storia e strategia militare, ho coltivato nel tempo un profondo interesse per le scienze politiche. 

A ciò si è aggiunta la mia passione per le tematiche transatlantiche e la NATO che sfociata nella fondazione di YATA Italy, sezione giovanile italiana dell’Atlantic Treaty Association, della quale sono Presidente. Sono, inoltre, Executive Vice President di YATA International e Coordinatore Nazionale del Comitato Atlantico Italiano.

Collaboro o ho collaborato anche con altre riviste tra cui OPI, AffarInternazionali, EastWest e Atlantico Quotidiano. Qui al Caffè scrivo su area MENA, relazioni transatlantiche e politica estera americana. Oltre a questo, amo dibattere, viaggiare e leggere. Il tutto accompagnato da un calice di buon vino… o da un buon caffè, ovviamente!

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