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Honduras al voto: chi vince prende lo Stato

Analisi – L’atmosfera in vista delle prossime elezioni generali è tesa: il polemico voto del 2017 ha polarizzato ulteriormente le forze politiche in campo e una coalizione a tinte socialiste potrebbe rompere il tradizionale bipartitismo. Quale sarebbe la reazione statunitense?

HONDURAS AL VOTO

Il prossimo 28 novembre si terranno in Honduras le elezioni generali per il periodo 2022-2026. Oltre cinque milioni di cittadini andranno alle urne per decidere chi saranno il nuovo Presidente della Repubblica, i 128 deputati del Congresso Nazionale e i 298 Sindaci con i rispettivi Consigli Comunali. Saranno eletti inoltre i 20 deputati nazionali presso il PARLACEN: il Parlamento centroamericano, al quale partecipano anche El Salvador, Guatemala, Nicaragua, Panama e Repubblica Dominicana. In Honduras la tensione in vista del suffragio è alta. Le ultime elezioni generali del 2017, contraddistinte da frodi e irregolarità, si sono concluse con il rifiuto dei risultati da parte dei politici sconfitti, che hanno chiamato la protesta in piazza, e con la dura repressione da parte del Governo (il bilancio fu di 23 morti e oltre mille arresti). Ancora oggi la situazione delle forze politiche in campo resta polarizzata. Durante le rispettive campagne elettorali i candidati alla presidenza hanno accusato gli avversari politici di corruzione e di collusione con il narcotraffico. Diverse raccomandazioni fatte dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) per migliorare la trasparenza e l’affidabilità del processo elettorale sono state disattese. L’attuale meccanismo di votazione unica tra oltre una dozzina di candidati in lista porterà a margini molto ristretti nei risultati finali, favorendo incertezza e tensioni. L’attuale campagna elettorale si è caratterizzata per un elevatissimo numero di omicidi: 68 politici in meno di un anno. Nelle scorse settimane il Consejo Nacional Electoral ha invitato i diversi partiti a firmare un accordo di pace per evitare lo scoppio di violenze pre e post elezioni. Nel frattempo sono arrivate in Honduras le missioni degli osservatori elettorali dell’OSA e dell’Unione Europea che presenzieranno alle votazioni, gli annunci preliminari e gli scrutini ufficiali nelle 18 regioni amministrative del Paese.

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Fig. 1 – Polizia antisommossa a guardia della sede del Consiglio Elettorale Nazionale, Tegucigalpa, novembre 2021

CHI VINCE PRENDE LO STATO

Il quadro democratico-istituzionale honduregno si è deteriorato progressivamente a partire dal 2009, anno del colpo di Stato che ha deposto l’allora Presidente Manuel Zelaya Rosales, esponente del Partito Liberale. Con l’ingresso dell’Honduras nell’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA) e Petrocaribe nel 2008, Zelaya stava allineando il Paese verso l’asse regionale antiegemonico di stampo chavista. In particolare la proposta del Presidente di inaugurare un processo costituente, che probabilmente avrebbe potuto permettergli di rimanere al potere, come accaduto ad altri Governi del “socialismo del XXI secolo” in Venezuela, Ecuador e Bolivia, provocò il rifiuto da parte di un’ala del proprio partito e dell’élite conservatrice honduregna e infine l’intervento delle Forze Armate. Ciò ha fatto sì che dal 2009 a oggi il Paese sia stato governato ininterrottamente dal Partito Nazionale. Eppure l’ennesima vittoria di quest’ultimo alle prossime elezioni non appare scontata. A partire dal 2015 è emerso pubblicamente lo stretto vincolo tra politica e narcotraffico in Honduras, grazie a una serie di condanne emesse dai tribunali statunitensi. Le catture del figlio dell’ex Presidente Porfirio Lobo (2010-2014) e del fratello dell’attuale Presidente in carica Juan Orlando Hernández (2014-2022) hanno rivelato i dettagli circa il coinvolgimento delle Autorità honduregne nel contrabbando di stupefacenti verso il Nord America, in cambio di somme milionarie, denaro che è stato utilizzato per finanziare le campagne elettorali del Partito Nazionale per gli anni 2009, 2013 e 2017. Proprio a seguito delle ultime elezioni del 2017 il Presidente Juan Orlando Hernández ha perso legittimità sia dentro il Paese che a livello internazionale. In quell’occasione Hernández gareggiava contro la coalizione Alianza Contra la Dictadura composta da LIBRE Partido Libertad y Refundación fondato da Zelaya, che nel frattempo era tornato in patria nel 2011, e dal Partito Anticorruzione di Salvador Nasralla. Quando i tre quarti dei voti scrutinati davano Alianza Contra la Dictadura in vantaggio di un 5%, assicurando la vittoria, ci fu un blocco di diverse ore nel sistema informatico di conteggio delle schede elettorali che una volta ripristinato vedeva Hernández in testa con un sorprendente margine dell’1,5%. Nonostante le denunce di irregolarità espresse dagli osservatori elettorali dell’OSA e dell’Unione Europea il nuovo Governo venne riconosciuto dagli Stati Uniti. Per la vittoria di Hernández furono decisive non solo il verdtto finale del Tribunale supremo elettorale, ma anche una controversa sentenza della Corte suprema di giustizia che permise al Presidente di candidarsi per un secondo mandato quadriennale, scavalcando le disposizioni costituzionali (motivo per cui era avvenuta la deposizione coatta di Zelaya nel 2009). L’ingerenza dell’esecutivo sugli altri organi di potere dimostra quanto sia in crisi lo Stato di diritto nel Paese centroamericano, dove chi vince le elezioni non si accontenta di salire al Governo, ma cerca di accaparrare per sé e per i suoi alleati l’intero Stato.

Fig. 2 – I principali schieramenti politici in vista delle elezioni del 28 novembre 2021. Infografica realizzata dall’autore dell’articolo

I TRE CONTENDENTI

I candidati alla presidenza dell’Honduras sulle schede elettorali sono 15, ma solo tre di loro hanno la possibilità reale di succedere a Juan Orlando Hernández, il cui mandato terminerà il 27 gennaio del 2022. Il primo è Nasry Asfura, conosciuto anche come “Tito” o “Papi”. Figlio di immigrati palestinesi, Asfura deve la propria fortuna al settore delle costruzioni. Dal 2014 è il Sindaco della capitale Tegucigalpa, incarico per il quale è stato confermato nel 2017. Dopo l’esito favorevole alle primarie svolte lo scorso marzo, che lo hanno visto in netto vantaggio su Mauricio Oliva, presidente del Congresso, Asfura è diventato il candidato del Partito Nazionale. Durante la campagna elettorale Tito ha cercato di prendere le distanze dall’attuale Governo, pur avendo gli stessi colori politici, coniando lo slogan Papi es diferente. Negli ultimi anni però ha avuto su di sé l’occhio della giustizia per presunta appropriazione indebita e nelle scorse settimane il suo nome è apparso sulle prime pagine dei giornali d’inchiesta per il caso Pandora Papers, perché socio di alcune società offshore con sede a Panama.
Il secondo candidato è Yani Rosenthal del Partito Liberale, che porta il cognome della potente famiglia stanziata a San Pedro Sula, la capitale economica del Paese. Yani ha trascorso tre anni in una prigione degli Stati Uniti, assieme al cugino Yankel, dopo che entrambi avevano confessato di riciclare denaro per il clan criminale Los Cachiros. Membro del gabinetto di Manuel Zelaya negli anni 2006-2009, oggi Yani sta cercando di rilanciare la propria immagine e quella della sua famiglia, che da tempo tenta di assumere la presidenza. Rosenthal sa di essere il meno favorito dei tre alle urne. Il Partito Liberale si è posizionato al terzo posto nelle ultime due elezioni generali, un minimo storico. C’è chi ritiene che convenga stringere un accordo con LIBRE per creare una mega coalizione anti-Hernández, chi invece vede nell’avvicinamento al Partito Nazionale l’unica via d’uscita. Per il momento Rosenthal non è riuscito neppure a serrare le proprie file, dato il mancato appoggio da parte di Luis Zelaya, suo avversario diretto alle scorse primarie.
Il terzo aspirante alla presidenza è Xiomara Castro: moglie di Manuel Zelaya Rosales e first lady durante il periodo 2006-2009. Castro è la candidata di LIBRE: forza politica nata nel 2011 da una costola del Partito Liberale per rompere la tradizione del bipartitismo in Honduras, che per oltre un secolo ha visto l’alternanza al potere dei partiti Nazionale e Liberale. Proprio come accaduto per le elezioni del 2017, Xiomara Castro e Salvador Nasralla si sono nuovamente alleati lo scorso 13 ottobre in vista del voto. Questa volta però sarà Castro il volto principale, che in caso di vittoria diventerebbe la prima donna Presidente dell’Honduras. Dopo aver ceduto la propria candidatura presidenziale, Nasralla punta alla vicepresidenza e spera nella presidenza del Congresso per il suo partito Salvador de Honduras (PSH). Nel Governo dovrebbe trovare spazio anche il Partito Innovación Unidad Social Demócrata (Pinu-SD) di Doris Gutiérrez, che si era alleato in precedenza con il PSH. Secondo un sondaggio realizzato dal Centro de Estudios para la Democracia a fine ottobre, questa nuova alleanza che sfida il bipartitismo sembra essere in vantaggio. Il collante che tiene unita la coalizione è l’avversione per Juan Orlando Hernández, ma in caso di vittoria inizierebbe la vera sfida: governare insieme il Paese, dato che nessun partito avrebbe singolarmente la maggioranza in Parlamento. Per di più Xiomara Castro è una figura controversa perché su di essa pesa l’eredità di Manuel Zelaya. Il Partito Nazionale, che conta con il supporto delle Forze armate, la considera una candidata comunista di stampo chavista e le grandi imprese non hanno certezze sufficienti per affermare che una volta al potere non si intrometterà nei loro affari. Anche tra i moderati c’è chi pensa che alla ex first lady interessi solo difendere la famiglia dei Zelaya Rosales: proprietari terrieri della regione di Olancho con oltre quattro secoli di storia politica alle spalle.

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Fig. 3 – Xiomara Castro (LIBRE) e Salvador Nasralla (PSH) si alleano per le presidenziali, Tegucigalpa, 13 ottobre 2021

L’INTERESSE DEGLI STATI UNITI

Collocato nel cuore dell’istmo centroamericano, l’Honduras occupa una posizione geostrategica rilevante per gli Stati Uniti, che per decenni lo hanno utilizzato come base per proiettare la propria egemonia militare, politica ed economica sulla regione. Negli ultimi anni la contesa globale tra USA e Cina si è estesa anche nel cortile di casa di Washington, che osserva con attenzione le elezioni di novembre. La candidata Xiomara Castro ha scritto nel proprio programma elettorale che in caso di vittoria stringerà relazioni diplomatiche con Pechino. Ciò vorrebbe dire rompere i rapporti con Taiwan, che nei mesi scorsi ha aiutato il Paese nella lotta alla Covid-19 e presto donerà le dosi del proprio vaccino Medigen, sviluppato in collaborazione con istituti statunitensi. In soli due anni l’isola asiatica ha perso diversi interlocutori importanti nella regione: Panama nel 2017, Repubblica Dominicana e El Salvador nel 2018. Non la pensa così, invece, il Liberale Yani Rosental, che vede nel decoupling tra USA e Cina una grande opportunità per il piccolo Stato centroamericano, che dal punto di vista commerciale “gravita” ancora verso il vicino settentrionale. Dopo il 2017 le relazioni diplomatiche statunitensi di più alto livello con il Governo di Juan Orlando Hernández si erano congelate, senza alterare però la sostanziale ossequiosità di Tegucigalpa rispetto alle scelte statunitensi in politica estera. La recente nomina di Laura Farnsworth Dogu come nuova ambasciatrice in Honduras segnala la volontà degli Stati Uniti di dialogare pubblicamente con il prossimo Governo. Vista la situazione nei Paesi limitrofi, Washington eviterebbe volentieri che lo Stato centroamericano scivolasse in qualche deriva autoritaria contraria ai propri interessi.

Alberto Mazzuca

Honduras Grunge Flag” by Free Grunge Textures – www.freestock.ca is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Il prossimo 28 novembre si terranno in Honduras le elezioni generali per il periodo 2022-2026.  La tensione in vista del suffragio è alta.
  • Il quadro democratico-istituzionale honduregno è deteriorato progressivamente a partire dal 2009, anno del colpo di Stato. L’ingerenza dell’esecutivo sugli altri organi di potere dimostra quanto sia in crisi lo Stato di diritto nel Paese centroamericano.
  • I tre candidati principali sono: Nasry Asfura del Partito Nazionale, Yani Rosenthal del Partito Liberale e Xiomara Castro di LIBRE, alleata con il PSH di Salvador Nasralla. Gli ultimi sondaggi danno Castro in vantaggio.
  • Vista la situazione nei Paesi limitrofi, Washington eviterebbe volentieri che lo Stato centroamericano scivolasse in qualche deriva autoritaria contraria ai propri interessi.

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Alberto Mazzuca

Alberto Mazzuca è laureato in Storia e in Scienze politiche presso l’Università di Roma Tre e si è specializzato sui temi del commercio internazionale e dello sviluppo all’Università di Tor Vergata (Roma) e presso l’Universidad de Chile (Santiago). Per Il Caffè Geopolitico scrive di America Indo-Latina.

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