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Mar Cinese Meridionale: uno scacchiere geopolitico nella bufera

Caffè Lungo – Gli ultimi eventi nel Mar Cinese Meridionale riportano all’attenzione lo scontro tra Cina e Stati Uniti. L’aumento delle rispettive spese militari unito all’intensificarsi delle operazioni via aria e terra nella regione sono un chiaro segnale? O è pura deterrenza?

IL DRAGONE CINESE MOSTRA I MUSCOLI

“Terreno” di incontro, di scambi e anche di scontro: il Mar Cinese Meridionale è tutto questo, e molto di piĂą. I dati parlano chiaro: con un volume di commercio annuo pari a oltre 3mila miliardi di dollari e un transito del 40% del gas globale, si capisce l’importanza vitale del tratto di mare. Corridoio marittimo strategico, questa zona di contesa è al centro degli equilibri regionali: il 2021 ha visto un susseguirsi di colpi di scena, con il Governo cinese piĂą assertivo. Alla luce della sesta sessione plenaria del 19° Comitato centrale del PCC, tenutasi a Pechino dall’8 all’11 novembre scorsi, si è adottata una risoluzione storica: il Presidente Xi Jinping è stato elevato al rango dei fondatori del Partito, come Mao, e il medesimo ha espresso gli intenti cinesi per il prossimo futuro. Gli obiettivi sono chiari: accrescere la capacitĂ  difensiva-offensiva e assumere una superioritĂ  schiacciante a livello regionale. D’altronde i recenti sviluppi militari ne sono una prova inconfutabile. La tecnologia missilistica cinese ha compiuto enormi progressi, tali da allarmare le agenzie di intelligence americane. In ottobre il test del missile balistico ipersonico con capacitĂ  nucleari DF-17 ha mostrato al mondo un sistema a vettore altamente manovrabile, capace di traiettorie imprevedibili, tali da eludere probabilmente lo scudo missilistico difensivo americano. Nel contempo le pressioni su Taiwan sono aumentate in maniera esponenziale: solo il 1° ottobre ben 38 velivoli e bombardieri strategici cinesi hanno compiuto ricognizioni diurne e notturne nello spazio di identificazione aereo di Taipei. Ma il lungo braccio di Pechino non opera solo attraverso la forza, bensì anche con il soft power. Come a voler arginare ulteriormente l’influenza australiana nella regione, oltre alle sanzioni economiche, la Cina intrattiene fruttuose relazioni commerciali con nazioni a questa limitrofe, quali Papua-Nuova Guinea, Samoa, Fiji, Tonga e le isole Salomone. Un tentativo di espansione concreto, volto a rompere quella “cintura di contenimento” formata dagli Stati Uniti e dai loro alleati (Giappone, Filippine, Taiwan e India). L’America, del resto, non rimane a guardare.

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Fig. 1 – Il recente meeting virtuale tra Joe Biden e Xi Jinping

…E L’AQUILA AMERICANA MOSTRA GLI ARTIGLI

Gli Stati Uniti, potenza egemone nel Pacifico da oltre mezzo secolo, ritengono la graduale espansione cinese una minaccia preminente. Con una dura linea in politica estera inaugurata da Trump e continuata con Biden, il Paese punta al contenimento delle mire di Pechino. L’alleanza QUAD (Quadrilateral Security Dialogue) tra USA, India, Giappone e Australia, nata nel 2004 a fini di cooperazione, ha operato una decisa svolta negli ultimi tempi. Orientandosi verso una linea strategica indirettamente anti-cinese, i quattro hanno svolto le prime esercitazioni navali congiunte MALABAR nel 2020 e un primo meeting virtuale nel 2021. Gli Stati Uniti ripongono grande interesse nell’alleanza, formata da Paesi notoriamente opposti alla Cina in ambito strategico ed economico. L’India, storico avversario di Pechino, concorre all’egemonia regionale; il Giappone, protetto dalla partnership militare americana, ne teme l’espansione marittima; l’Australia dipende fortemente da Pechino a livello di importazioni. Come corollario al QUAD Washington, di concerto con il Regno Unito, ha siglato una fornitura di 8 sottomarini a propulsione nucleare entro il 2030 proprio con il Governo di Canberra: l’accordo strategico prende il nome di AUKUS. La US Air Force ha inoltre segnato un picco di attività in tempi recenti, operando 58 voli di ricognizione sulle isole Spratley e Paracels nel solo mese di ottobre. Ma i giochi di potere non avvengono solo “in superficie”: i grandi movimenti spesso si verificano al di fuori dei notiziari, in gran segreto. Il 2 ottobre, il sottomarino a propulsione nucleare USS Connecticut è stato gravemente danneggiato dopo una collisione in profondità nella zona di mare contesa con la Cina. Una missione ombra, una delle tante, i cui dettagli sono emersi pubblicamente solo un mese dopo. Pechino ha fortemente condannato questo tipo di operazioni, anche per il rischio di imponenti danni ambientali causati dalla possibile fuoriuscita di materiale radioattivo. Ma gli interessi dei due giganti convergono ora su un unico punto: Taiwan.

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Fig. 2 – La Presidente taiwanese Tsai Ing-wen durante una cerimonia pubblica

TAIWAN: TERRENO DI CONTESA E DI STALLO

La Cina la reclama fin dal 1949, gli Stati Uniti la ritengono un alleato chiave nella regione. Taiwan, una delle tigri asiatiche, è oggetto di un boom economico che dagli anni Sessanta del Novecento non accenna ad arrestarsi. Oggi essa è leader mondiale nella produzione di semiconduttori, e la loro importanza nelle economie globali fa del Paese un partner strategico di primaria importanza. Gli Stati Uniti, temendo un’azione decisa da parte di Pechino, offrono il loro supporto logistico e militare all’isola attraverso due trattati, il Taiwan Relations Act e il Sino-American Mutual Defense Treaty. Come risposta ai recenti movimenti cinesi, alcuni reparti delle forze speciali dei Berretti Verdi sono stati schierati sul territorio allo scopo di addestrare gli incursori taiwanesi. Seguendo le massime di Sun Tzu e la sua Arte della Guerra, sembra che Pechino si stia spingendo oltre con le pressioni strategiche e diplomatiche, così da “vincere la battaglia senza combattere”. Il Governo di Taipei, memore delle due crisi dello Stretto del 1954 e 1958, è ben conscio del pericolo. E sebbene l’ex Ministro della Difesa taiwanese, general Chiu Kuo-Cheng, ha sottolineato che per ora un’invasione è improbabile, ha anche messo in guardia l’opinione pubblica: entro il 2025 la Cina potrebbe avere risorse e mezzi tali da poter riprendere l’isola. Con queste premesse, e con la rinnovata importanza dell’arsenale marittimo e soprattutto missilistico, il dragone e l’aquila si trovano a un’impasse. Chi farà la prima mossa? Quali saranno le conseguenze in ambito regionale?

Leonardo Vittori

USS Carl Vinson (CVN 70) conducts flight operations in the South China Sea.” by Official U.S. Navy Imagery is licensed under CC BY

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Perchè è importante

• In una delle zone più “calde” del pianeta, gli equilibri si evolvono giornalmente. La Cina sta mostrando apertamente di non temere le pressioni internazionali.
• Gli Stati Uniti, d’altro canto, rispondono con forza. Le nuove alleanze strategiche e manovre aeronavali ne sono una prova innegabile.
• Il fulcro di questa contesa tra potenze è l’isola di Taiwan. Si discute su chi farà la prima mossa, e quali saranno le conseguenze in ambito regionale e globale.

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Leonardo Vittori
Leonardo Vittori

Classe 1990, laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università Lumsa, ho scelto di specializzarmi ulteriormente completando un Master in Studi Diplomatici presso la SIOI di Roma. L’innata curiosità e voglia di scoprire mi hanno portato a intraprendere questa strada, e ad esplorare fin da ragazzo l’Europa, il Nord Africa e l’Asia. L’estremo Oriente è la mia grande passione, e l’oggetto dei miei interessi giornalieri! Quando non mi informo di attualità internazionale, amo passare il tempo libero facendo trekking, suonando la batteria o programmando il mio prossimo viaggio! A colazione? Rigorosamente caffè espresso!

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