Ristretto – Ieri in Cambogia si sono tenute le elezioni generali per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa (e la più importante) del Parlamento cambogiano.
Le urne sono già chiuse da diverse ore, mentre fanno il giro del mondo le consuete foto degli elettori in posa con l’indice colorato con l’inchiostro (l’inchiostro è usato per segnalare le persone che hanno già votato, per impedire di votare un’altra volta). Per Hun Sen, che governa il Paese da 33 anni, questa dovrebbe essere la prova del fuoco, il momento in cui tutto è in gioco: così fu nel 2013, quando il suo partito (Partito Popolare Cambogiano) vinse di misura contro il Partito per la Salvezza nazionale della Cambogia (CNRP) di Sam Rainsy, garantendosi altri cinque anni di Governo. Oggi invece l’esito dell’elezione pare essere già scritto, se non addirittura scontato: Sam Rainsy è in esilio a Parigi per sfuggire a un mandato di arresto, il suo successore Kem Sokha è in prigione con l’accusa di tradimento, mentre il CNRP, l’unica e rilevante alternativa al Partito Popolare di Hun Sen, è stato sciolto a novembre con un controverso colpo di mano. Hun Sen ha già vinto, perché oggi in Cambogia non esiste più un’opposizione indipendente, organizzata e capace di denunciare i legami clientelari, il controllo dell’informazione e le azioni di forza che hanno permesso a Hun Sen di emergere come il padre padrone del piccolo Paese indocinese. Dubbio sarà il valore delle proteste: la più rilevante di esse è la campagna “clean fingers”, che mira a convincere gli elettori ad astenersi dal voto, in difesa dei valori democratici previsti dalla costituzione. Ma Hun Sen, per massimizzare l’affluenza, ha minacciato ritorsioni contro gli obiettori, facilmente riconoscibili per via dell’assenza dell’inchiostro elettorale sull’indice.
Simone Munzittu
“Aging Rulers” by “Aging Rulers” is licensed under “Aging Rulers“