Anche quest’anno si è tenuto a Singapore lo Shangri-La Dialogue, la conferenza sulla sicurezza asiatica organizzata dall’International Institutes for Strategic Studies (IISS) che da dodici anni cerca di promuovere il dialogo in Asia riunendo insieme tutti i ministri della difesa, i capi di governo, gli ufficiali delle forze armate dei Paesi dell’area del sudest asiatico, sempre più al centro degli interessi globali.
CONTESE SEMPRE PRESENTI – La conferenza è stata avviata dal primo ministro vietnamita Nguyen Tan Dung il quale ha tenuto presente e affrontato la questione relativa alla contesa con la Cina delle isole Paracels e Spratlys nel Mar Cinese Meridionale, la quale rischia di mettere in crisi non solo gli equilibri regionali ma anche internazionali. Cina e Vietnam (ma non solo) si contendono un’aerea snodo importante per le comunicazioni e per il commercio, ricca di notevoli giacimenti di petrolio e gas naturali. Le tensioni tra i due Paesi, si sono aggravate dopo che la Cina ha annunciato un piano di sviluppo del turismo nelle isole Paracels e il 13 marzo la sua forza di sorveglianza ha condotto tre pescherecci vietnamiti fuori dalle “acque cinesi”. Il Vietnam sostiene di difendere la propria sovranità e i propri interessi legittimi nel rispetto del diritto internazionale del mare e in particolare delle convenzioni UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea).
A PROPOSITO DI CINA… – altre dispute riguardano il Mare Cinese orientale, in particolare la contesa tra Cina e Giappone sulle isole Senkaku-Diaoyu. Oggetto di controversia già a fine Ottocento, dal 1972 sono passate sotto la sovranità di Tokio. Con la Shelving Formula, le Senkaku sono state dichiarate facenti parte del territorio giapponese. Per Pechino il possesso delle isole è importante poiché garantisce l’accesso aperto al Pacifico e quindi rafforza la propria sfera d’influenza. Entrambi i Paesi portano avanti le proprie motivazioni: il Giappone continua a ribadire che le isole sono state acquistate e la loro sovranità non è assolutamente negoziabile, mentre la Cina contesta tutto ciò, considerando le isole parte integrante del proprio territorio.
(ANCORA) PIVOT TO ASIA – La presenza alla conferenza del neo segretario alla difesa statunitense, Chuck Hagel, ha riaffermato la decisione strategica di rilanciare il ruolo americano nell’area asiatica. L’attenzione americana non è dovuta soltanto all’ascesa economica e politica delle potenze asiatiche. Infatti alcune delle principali minacce alla stabilità internazionale e al primato americano (i programmi missilistici e le continue provocazioni della Corea del Nord, le varie dispute territoriali, la proliferazione delle armi di distruzione di massa) provengono da questa regione. L’amministrazione Obama attraverso un processo di re-engagement diplomatico, economico e militare vuole riaffermare la propria supremazia militare e bilanciare l’ascesa cinese.
La strategia adottata implica un aumento della presenza nel Pacifico, infatti, il recente Defense Strategic Guidance ha confermato che i tagli al budget del Pentagono non riguardano la regione asiatica ed entro il 2020 il 60% delle
attività della marina statunitense saranno distribuite in quest’area. Da aprile è presente, nella base navale di Changi , la USS Freedom, una delle quattro navi del programma Littoral Combat Ship, con il compito di partecipare a varie esercitazioni militari congiunte con la maggior parte delle nazioni del Sud-Est asiatico. Il segretario statunitense ha affrontato anche il tema delle dispute territoriali affermando che gli Stati Uniti hanno interesse affinché tali controversie vengano risolte in modo pacifico cosi da garantire stabilità e sicurezza.
USA/CINA E LE MINACCE INFORMATICHE – Le due potenze da tempo si scambiano accuse incrociate di spionaggio informatico. Gli Stati Uniti accusano il governo Cinese e l’esercito di diversi attacchi alle reti di sicurezza statunitensi. Uno dei casi più rilevanti è quello dell’attacco hacker alla società americana della difesa QinetiQ, produttrice di satelliti spia, droni e software, gli hacker cinesi sono riusciti varie volte a infiltrarsi nei sistemi di sicurezza. Il Dipartimento della Difesa americano nel rapporto “Military and Security Developments Involving the People’s Republic of China 2013” sottolinea come il Paese sta studiando nuove tecnologie di spionaggio per avere informazioni non solo sull’apparato bellico ma anche su temi diplomatici, economici e industriali degli Stati Uniti, tutto questo risulta una grave minaccia per la sicurezza statunitense.
RIARMO IN CRESCITA – Dall’ultimo report annuale sugli armamenti bellici presentato dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) emerge che la spesa militare globale nel 2012 è stata di 1.753 miliardi dollari, pari al 2,5 per cento del PIL mondiale. Inoltre viene evidenziato come negli ultimi anni è raddoppiata la spesa militare dei paesi Asiatici mentre vi è stato un calo da parte delle potenze Occidentali. Tutto ciò è dovuto principalmente all’economia in crescita e alla corsa ad un programma di modernizzazione e sostituzione dei vecchi mezzi obsoleti che risalgono alla fine degli anni ottanta. Ma anche alla presenza americana nell’area e alle crescenti rivalità economiche e territoriali tra i Paesi. Esempio importante è la Cina, la quale è riuscita ad aumentare il suo potenziale bellico del 175% rispetto al 2003.
PRESENZA/ASSENZA EUROPEA – Anche l’Europa è intervenuta alla conferenza, anche se con un ruolo marginale, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Catherine Ashton ha sottolineato come entrambe le aree hanno affrontato e continuano ad affrontare sfide simili legate alla sicurezza tra cui la proliferazione, il terrorismo e l’estremismo violento, ma anche minacce legate al cambiamento climatico e alla sicurezza energetica. Ha tenuto presente inoltre come gli investimenti in cooperazione strategica nei settori della difesa e della sicurezza significano anche solide basi per la pace e lo sviluppo.
SFIDE ALLA SICUREZZA – Le pretese territoriali che coinvolgono diversi Stati, le provocazioni da parte della Corea del Nord, le tattiche aggressive sia diplomatiche che militari della Cina e la corsa al riarmo hanno posto importanti sfide alla sicurezza e prodotto effetti destabilizzanti non solo a livello regionale ma anche internazionale. L’area continua ad evolversi e mutare molto rapidamente, e proprio per questo, viene vista con particolare interesse e preoccupazione. In particolare da parte degli Stati Uniti, i quali sono già intervenuti attraverso la strategia del Pivot to Asia , ponendosi l’obiettivo di ”rafforzare le alleanze esistenti, creare nuove partnership, e di costruire coalizioni sulla base di interessi comuni per garantire il futuro pacifico della regione”. E proprio la strategia americana è stata messa in discussione dalle potenza cinese la quale ha espresso più volte obiezioni e accusato gli Stati Uniti di destabilizzare la regione. È importante inoltre sottolineare che proprio in questa regione si trovano concentrate le maggiori capacità militari al mondo, i tre Stati nucleari più importanti come USA, Russia e Cina, ma anche la Corea del Nord, Giappone, Corea del Sud e Taiwan.
Maria Salerno