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Armenia e Turchia, il ghiaccio si scioglie?

In 3 sorsi – Armenia e Turchia si sono incontrate a Mosca il 14 gennaio scorso. I Paesi sono segnati da un passato tormentato, il cui emblema è il genocidio armeno. Gli sviluppi della recente guerra in Nagorno-Karabakh e il lungo isolamento a cui è stata sottoposta l’Armenia sono elementi di grande rilievo nel processo di riavvicinamento tra i due Stati.

1. L’INCONTRO

Venerdì 14 gennaio una strada che da più di un secolo sembrava ormai impraticabile è stata spianata: i rappresentanti di Armenia e Turchia si sono incontrati a Mosca per discutere un possibile riavvicinamento. Il primo passo è stato mosso il 13 dicembre scorso, quando il Ministro degli Esteri turco Çavuşoğlu ha dichiarato l’imminente nomina di due rappresentanti speciali per gestire il processo di riappacificazione. Detto, fatto.
Un mese dopo, i due prescelti, Serdar Kılıç per la Turchia e Ruben Rubinyan per l’Armenia, hanno intrapreso il processo di negoziazione. Il primo è stato ambasciatore turco negli USA da aprile 2014 a marzo 2021, mentre il secondo è il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale dell’Armenia.
Ma cosa c’è in gioco? Sul tavolo c’è la riapertura dei confini tra i due Paesi, chiusi dal 1993, e il ripristino dei voli charter (effettuato proprio negli ultimi giorni). Due timide azioni che potrebbero essere il preludio della fine di un passato difficile.

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Fig. 1 – Una vettura del corpo diplomatico lascia la villa di Mosca dove si è svolto l’incontro tra il rappresentante turco Serdar Kiliç e quello armeno Ruben Rubinyan, 14 gennaio 2022

2. UN PASSATO TORMENTATO

Per comprendere gli attuali risvolti delle relazioni tra Turchia e Armenia è necessario fare un tuffo nel passato. Gli antenati del popolo armeno erano dislocati in due zone: l’Anatolia, antica regione compresa nell’odierna Turchia, e l’attuale Stato armeno. Entrambi vissero sotto il giogo dell’Impero Ottomano a partire dal 1500, ma i primi furono decisamente piĂą sfortunati. Gli armeni in Armenia furono conquistati dai russi nel 1800. Gli armeni in Anatolia – anche chiamati armeni occidentali – continuarono a vivere (o sopravvivere) nella stretta morsa ottomana, venendo spesso perseguitati per il loro credo religioso. Tale persecuzione sfociò nei primi anni del XX secolo in una delle piĂą grandi tragedie della storia moderna: il genocidio armeno. Il Governo nazionalista dei Giovani Turchi ordinò infatti il massacro e la deportazione di piĂą di 1 milione di armeni occidentali tra il 1915 e il 1916. La Turchia è in realtĂ  molto piĂą cauta in termini di numeri: parla di sole 300mila vittime e non riconosce l’epiteto “genocidio” associato all’evento. E non è la sola. Attualmente solo 30 Paesi riconoscono ufficialmente il genocidio. Ultimi della fila gli USA: Biden è stato il primo Presidente americano a parlare di “genocidio armeno” senza mezzi termini.
Nel corso del XX secolo le relazioni tra Armenia e Turchia non fecero che peggiorare. L’Armenia diventò indipendente nel 1991, anno in cui scoppiò anche la guerra tra quest’ultima e l’Azerbaijan per il controllo di una regione montuosa a maggioranza etnica armena rivendicata da entrambi: il Nagorno-Karabakh. La Turchia si schierò a fianco dell’Azerbaijan, chiudendo nel 1993 il confine con l’Armenia.
Un primo tentativo di riavvicinamento si ebbe nel 2009, quando i due Paesi siglarono un patto a Zurigo, che avrebbe poi dovuto essere ratificato da entrambi i Parlamenti. Ciò non avvenne per la pressione esercitata sulla Turchia dall’Azerbaijan, il quale richiedeva il ritiro delle truppe armene dal Nagorno-Karabakh.
Oggi un barlume di speranza si è infine acceso.

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Fig. 2 – Nel Giorno della Memoria del Genocidio Armeno, gli abitanti di Yerevan lasciano dei fiori sul memoriale a Tsitsernakaberd in ricordo delle vittime, 24 aprile 2021

3. LE RAGIONI DEL RIAVVICINAMENTO

Alla luce del passato condiviso dai due attori, ben lontano dal potersi definire tranquillo, viene naturale domandarsi quale sia stata la ragione del loro recente cambio di rotta.
La Turchia lo deve probabilmente alla nuova guerra svoltasi in Nagorno-Karabakh nel 2020, con cui l’Azerbaijan ha riconquistato gran parte dei territori precedentemente occupati dagli armeni. Ankara può dunque adottare una posizione più rilassata nei confronti di Yerevan.
L’Armenia, dal canto suo, ha vissuto gli anni dal 1993 ad oggi in uno stato di completo isolamento. Difatti, sia l’Azerbaijan che la Turchia hanno chiuso i propri confini a seguito dello scoppio della prima guerra in Nagorno-Karabakh: 1.307 chilometri di confine su 1.570 totali sono stati bloccati (circa l’83,25%). Oltretutto l’Armenia è un Paese senza sbocchi sul mare, priva quindi della possibilità di instaurare relazioni commerciali con Stati più lontani. Il commercio estero si è dunque rivelato inesistente per l’Armenia e negli ultimi anni Yerevan non ha potuto far altro che poggiare la propria economia su una produzione agricola di piccola scala e sul supporto della Federazione Russa. In quest’ottica la riapertura dei confini con la Turchia (ben 331 chilometri di terra) non può che essere una proposta allettante.
Si prospetta un futuro roseo? L’Armenia si esprime ancora con cauti termini, parlando più di “normalizzazione” delle relazioni che di “riconciliazione”.
In ogni caso, ciò che 20 anni fa sembrava impossibile, sta oggi prendendo forma sotto gli occhi della comunità internazionale.

Giulia Mocchetti

Armenian flags with Mosque background.” by Harout’s Lens is licensed under CC BY

Dove si trova

Perchè è importante

• Venerdì 14 gennaio 2022 i rappresentanti speciali di Armenia e Turchia si sono incontrati a Mosca per discutere un possibile riavvicinamento.
• I due Paesi condividono un passato difficile: dal genocidio armeno perpetrato dall’Impero ottomano nel 1915-1916 e mai riconosciuto dalla Turchia, fino alla chiusura delle frontiere nel 1993 a seguito dello scoppio della prima guerra del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaijan.
• L’isolamento in cui è rimasta chiusa l’Armenia e la seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020 – vinta da Baku in alleanza con Ankara – hanno giocato un ruolo cruciale nel processo di riavvicinamento.

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Giulia Mocchetti
Giulia Mocchetti

Classe 1997, amo scrivere e viaggiare. A novembre 2021 ho conseguito la laurea magistrale in Lingue Straniere per le Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, con lingue di specializzazione inglese e russo. Negli ultimi anni mi sono interessata agli sviluppi politici e culturali dello spazio post-sovietico, dedicando la mia tesi magistrale all’approfondimento del conflitto in Nagorno-Karabakh.
Per due anni e mezzo ho lavorato come docente di lingua inglese in una scuola per bambini, dove ho perseguito un unico obiettivo: rendere chiaro ciò che può sembrare complesso, che è quello che mi prefiggo di fare anche per il Caffè Geopolitico.

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