In 3 sorsi – I rapporti tra Unione Europea e Polonia, giĂ messi a dura prova dagli scontri sull’immigrazione, s’incrinano ancor di piĂą a causa della recente riforma della giustizia, che subordina la nomina dei giudici al potere esecutivo.
1. IDENTIKIT DELL’ATTUALE GOVERNO POLACCO
In Polonia è attualmente al potere un Governo di stampo ultra-conservatore. Il Presidente, Andrzej Duda, e il Primo Ministro, Mateusz Morawiecki, provengono infatti dal partito di destra Diritto e Giustizia (PiS), il cui leader (e vero uomo forte dietro all’esecutivo) è Jaroslaw Kaczynski. Alcune posizioni del partito hanno portato Varsavia a scontrarsi con l’UE. In particolare, la spinta accentratrice del Governo rischia di compromettere l’indipendenza e l’autonomia di alcuni poteri e organi dello Stato e, soprattutto, della magistratura, erodendo così il principio di separazione dei poteri. L’appartenenza della Polonia al blocco di Visegrad, composto da alcuni Stati UE dell’Europa orientale che, tra le altre cose, fanno muro a una piĂą equa distribuzione dei migranti, complica ulteriormente i rapporti con Bruxelles. Di fatto, sono proprio riforma della magistratura e intransigenza sulla condivisione della gestione dei migranti ad aver peggiorato le giĂ tese relazioni tra la Polonia e l’Unione.
Fig. 1 – L’uomo forte della Polonia, Jaroslaw Kaczyinski
2. RIFORMA DELLA MAGISTRATURA E ART. 7 TUE
Varata ad aprile, la contestata riforma della magistratura prevede di abbassare l’etĂ pensionabile per i giudici della Corte Suprema. Inoltre, la legge prevede l’inserimento, nella composizione dell’organo giudiziario, di nuovi membri, sulla cui nomina deciderĂ Â il Governo. Teoricamente l’intervento legislativo, che incide sulle soglie di pensionamento, non porta in modo diretto all’eliminazione di alcuni magistrati dall’organico. In pratica, però il risultato è proprio quello: alcuni dei membri della Corte si ritrovano, infatti, forzati al pensionamento anticipato rispetto alla naturale scadenza del mandato. Oltre alla legge sulla Corte Suprema, è stata approvata anche una riforma dell’organizzazione dei tribunali ordinari. Preoccupata per il pericolo all’indipendenza del potere giudiziario, l’Unione Europea ha avviato – per la prima volta nella sua storia – la procedura ex articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea. Secondo il primo comma di tale articolo: «Su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri, previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2. Prima di procedere a tale constatazione, il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura (…)». Tra i valori richiamati (e tutelati), vi sono il rispetto della dignitĂ umana, dei diritti umani, della libertĂ , della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto. Se nel Paese in questione uno di questi valori è considerato a rischio, l’art. 7, secondo comma, prevede che vengano congelati alcuni diritti derivanti dai trattati, quale il diritto di voto del Paese in questione in seno al Consiglio.
Fig. 2 – Alcune leggi, tra le quali la riforma della giustizia, hanno spinto parte della popolazione polacca a protestare contro il proprio Governo
3. CONCLUSIONI
La decisione sull’effettivitĂ della violazione, tuttavia, deve essere adottata all’unanimitĂ . Questo complica non poco lo scenario, poichĂ© la Polonia gode dell’appoggio degli altri membri di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia), suoi solidi alleati nella gestione del fenomeno migratorio. Per di piĂą, gli esecutivi di Budapest e Bratislava sono piuttosto inclini a governare con lo stesso stile autoritario di Varsavia. A questo proposito, si ricordi che la Commissione europea ha lanciato una procedura d’infrazione contro la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca in seguito alla mancata accoglienza delle rispettive quote di migranti. Inoltre, la crisi dei partiti e dei Governi piĂą saldamente europeisti del vecchio continente (che negli ultimi mesi si è fatta sentire soprattutto in Austria, Germania e Italia) rende ancora meno probabile che il meccanismo dell’art. 7 venga portato fino alle estreme conseguenze. Proprio per questa ragione, la Commissione sembra incline a intraprendere la piĂą facile (ma anche meno efficace) procedura di infrazione, sul cui merito deciderebbe la Corte di Giustizia.
Roberta Bendinelli
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