In 3 sorsi – Il Cancelliere Olaf Scholz ha annunciato un cambio radicale nella politica di Difesa tedesca: 100 miliardi di euro per le Forze Armate e un progressivo innalzamento della spesa annuale fino al 2% del PIL, come previsto dalle regole NATO. Un annuncio che scardina la tradizionale ritrosia militare della Germania, eredità della Seconda Guerra Mondiale.
1. LE DICHIARAZIONI DI SCHOLZ
Il 27 febbraio scorso, durante una seduta straordinaria del Bundestag, Olaf Scholz ha reso affermazioni sorprendenti per un Cancelliere tedesco. Dopo aver confermato il sostegno all’Ucraina mediante l’invio di armi, Scholz ha infatti dichiarato che la Germania investirà ogni anno più del 2% del proprio bilancio in Difesa e che sarà istituito un fondo di 100 miliardi di euro per rafforzare la Bundeswehr, cioè le Forze Armate tedesche. Per avere un’idea: in tutto il 2021 la Germania ha speso per la difesa complessivamente 53,1 miliardi di euro, quasi la metà della cifra annunciata da Scholz.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Cancelliere della Repubblica Federale di Germania Olaf Scholz
2. GIGANTE ECONOMICO, NANO MILITARE
Da decenni la Germania non dispone di Forze Armate adeguate allo status di quarta potenza economica mondiale, alla taglia demografica – oltre 83 milioni di abitanti nel 2021 – e alla posizione geografica centrale nel continente europeo.
Durante la Guerra Fredda la Bundeswehr disponeva di un personale di quasi 500mila uomini. Cifra importante ma ingannevole, visto che la stragrande maggioranza del personale era assegnato in via permanente alla NATO in funzione anti-sovietica. Con la dissoluzione dell’URSS e la scomparsa della minaccia a est è venuta meno la necessità di mantenere Forze Armate di tali dimensioni e la Bundeswehr si è ridotta di quasi due terzi, passando dalle circa 509mila unità del 1990 alle 189mila unità del 2021. Numeri proporzionalmente inferiori al personale militare di altri grandi Paesi europei come la Francia (208mila unità a fronte di 68 milioni di abitanti) e l’Italia (174mila unità circa per 60 milioni di abitanti). Anche la spesa militare tedesca, tradizionale punto di frizione tra gli Stati Uniti e i membri europei della NATO, è finora stata contenuta. Nel 2021 la Germania ha speso nel comparto della Difesa l’1,53% del proprio PIL (ma fino al 2015 era solo l’1,19%), mentre nello stesso periodo la Francia e il Regno Unito impiegavano rispettivamente il 2,01% e il 2,29% dei PIL nazionali.
I numeri rispecchiano una precisa scelta politica, riflesso della coscienza collettiva. Le devastazioni delle due Guerre mondiali hanno avuto profonde ripercussioni sulla comunità tedesca, oggi fra le piú pacifiste d’Europa. Il preambolo alla Legge Fondamentale della Repubblica Federale prevede la “determinazione a promuovere la pace nel mondo” e due Governi tedeschi di diversi colori politici hanno rifiutato un intervento militare diretto nelle operazioni di guerra condotte dagli Stati Uniti in Iraq nel 2003 e in Siria nel 2014. Insomma: anche dopo la fine della Guerra Fredda la Germania ha continuato a scommettere esclusivamente sull’indiscutibile status di potenza economica mondiale, sull’alto surplus commerciale e sul benessere diffuso che ne consegue, rifiutandosi di assumere le scelte – forse dolorose, ma inevitabili – che una primazia politica imporrebbe.
Fig. 3 – Il quartier generale della Nato a Bruxelles
3. UN CAMBIO DI PASSO
L’invasione russa dell’Ucraina ha innescato una nuova guerra sul suolo europeo e consacrato un passaggio storico. Le potenze autocratiche di tutto il mondo mostrano atteggiamenti aggressivi e progetti imperiali dinanzi ai quali la potenza economica è un’arma parziale e insufficiente. È prematuro affermare che la Germania sia pronta ad abbandonare le proprie velleità da “Svizzera dei pesi massimi”: cambiamenti di tale portata sono lenti da attuare, richiedono modifiche strutturali, equipaggiamenti, formazione e soprattutto una rinnovata volontà collettiva. Tuttavia le dichiarazioni di Scholz e di altri rilevanti esponenti politici rivelano che una nuova consapevolezza sta maturando nella classe dirigente tedesca. L’ordine internazionale degli ultimi decenni si sta sfaldando: in quello che verrà, forse, la Germania vorrà partecipare da protagonista.
Luigi Garofalo
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