In 3 sorsi – La guerra russo-ucraina potrebbe risvegliare vecchie instabilità nelle repubbliche dell’Asia Centrale, ma per ora i Governi mantengono un profilo basso e scelgono quasi unanimemente la neutralità.
1. PAROLA D’ORDINE: NEUTRALITÀ
Come hanno reagito i Governi degli “Stan” all’invasione russa in Ucraina? Ha sicuramente stupito l’astensione in sede di Assemblea generale ONU, data la forte dipendenza da Mosca in vari ambiti. Chi si è sbilanciato di più è stato il Presidente kirghiso Japarov, che in un post su Facebook ha appoggiato l’operato del Cremlino sostenendo che “questa potrebbe essere stata una misura forzata per proteggere i civili nei territori del Donbass (…). È diritto sovrano di ogni Paese riconoscere uno Stato”. Di tutt’altro avviso il Governo kazako, che ha preso subito le distanze, rifiutandosi di inviare truppe e riconoscere le Repubbliche separatiste. Tokayev ha esortato al rispetto delle norme internazionali e si è offerto come mediatore, sottolineando il principio dell’indivisibilità della sicurezza eurasiatica. Anche le Autorità uzbeke invitano a risolvere il conflitto al più presto, nonostante l’iniziale sostegno espresso a favore dei russi, come affermato dal Cremlino in seguito a una telefonata tra i due premier, poi smentita. Nessuna dichiarazione da parte dei leader di Tagikistan, forse per la forte dipendenza economica dalle rimesse dei suoi lavoratori in Russia, e Turkmenistan, che persegue la sua linea di neutralità sulle questioni internazionali.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Presidente kirghiso Japarov durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali di Pechino, 4 febbraio 2022
2. IN ARRIVO UNA TEMPESTA ECONOMICA?
Preoccupano le conseguenze sui Paesi dell’area delle sanzioni imposte a Mosca, dal momento che le economie sono fortemente legate a quella russa. Alcuni Governi si stanno già adoperando per cercare di limitare i danni, come il Kazakistan, che pensa a misure per frenare l’inflazione, sostenere l’occupazione e mantenere la stabilità nel mercato dei cambi. Il crollo del rublo ha impattato sulle valute della regione, sempre più instabili con l’intensificarsi della crisi. Un secondo effetto riguarda i flussi energetici. Mosca potrebbe fermare le importazioni dall’Asia Centrale, così come riorientare le proprie esportazioni verso la Cina (ponendosi quindi come competitor verso gli Stati dell’area) in seguito al taglio delle esportazioni di gas russo da parte dei Paesi occidentali. Ma il contraccolpo più significativo sarà sui lavoratori migranti centroasiatici, le cui rimesse rappresentano una fetta rilevante dei PIL nazionali (circa 30% per Tagikistan e Kirghizistan, 12% per Uzbekistan). L’isolamento economico della Russia, le sanzioni verso le sue banche, e le sospensioni dei voli (tra i casi più recenti Air Astana) si tradurranno in non poche problematiche per i 2,5 milioni di lavoratori stagionali provenienti dagli “Stan”. Il collasso dell’economia russa potrebbe avere ricadute terribili per le economie dell’Asia Centrale, con il rischio di ulteriori instabilità (dopo le rivolte in Kazakistan del gennaio 2022), ma al tempo stesso aprire nuove finestre di opportunità per la Cina, che già da parecchio tempo si sta espandendo economicamente nella regione.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Manifestazione in Kazakistan contro l’invasione russa dell’Ucraina, 6 marzo 2022
3. E I CITTADINI?
Non da ultimo l’impatto sulla società civile. L’evacuazione dei cittadini centroasiatici dall’Ucraina è stata posticipata fino all’ultimo, avendo riposto fiducia, forse ingenuamente, nelle parole del Cremlino che sminuiva i movimenti di truppe come esercitazioni, e ha riguardato principalmente lavoratori migranti e studenti. Chiaramente le operazioni di rimpatrio sono rese difficili dall’immane flusso di persone che sta cercando di scappare dal Paese. L’opinione pubblica della regione mantiene un atteggiamento di prudenza con un cauto sostegno alla popolazione ucraina. Poche e scarse le manifestazioni di protesta circoscritte alle città più importanti (Bishkek e Almaty). Il Paese che più sembra avere preso a cuore la causa ucraina è il Kazakistan, impegnato nell’invio di aiuti umanitari a Kyiv. Probabilmente i kazaki non hanno dimenticato le parole con cui Putin, dopo aver annesso la Crimea nel 2014, ha negato pubblicamente l’identità nazionale kazaka al di fuori del “grande mondo russo”, in un discorso che trova fin troppe somiglianze con quello relativo all’Ucraina di qualche settimana fa.
Simona Ricci
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