In 3 sorsi – L’Indonesia ha ufficialmente dichiarato il blocco delle esportazioni di olio di palma al fine di combattere l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità degli ultimi mesi, dovuto soprattutto alla guerra in Ucraina, e di proteggere le scorte nazionali. Le conseguenze negative di questo stop colpiranno diversi Paesi e l’Indonesia stessa.
1. BLOCCO DELL’EXPORT
Il Presidente dell’Indonesia Joko Widodo ha confermato il blocco dell’esportazione di olio di palma nella tarda serata di mercoledì 27 aprile. Il motivo principale è da attribuire alle conseguenze della guerra in Ucraina, capace di colpire indirettamente anche economie lontane come quella indonesiana. Infatti il conflitto ha causato una notevole diminuzione delle scorte di olio di girasole, di cui l’Ucraina è tra i maggiori produttori mondiali, e una interruzione del commercio via mare dai porti del Mar Nero. Inoltre altri fattori come la mancanza di forza lavoro in Malesia e le condizioni climatiche avverse in Argentina e Canada avevano già contribuito a un innalzamento generale dei prezzi degli oli vegetali. In seguito alla combinazione di questi elementi, negli ultimi sei mesi il prezzo di tali beni è aumentato del 50% (fig. 1). Vista la difficoltà a reperire le materie prime, e le dimostrazioni studentesche contro l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, l’Indonesia ha deciso di imporre un blocco all’export dell’olio di palma al fine di proteggere le proprie scorte. “Chiedo – ha dichiarato il Presidente Widodo – all’industria di olio di palma di essere consapevole di soddisfare il fabbisogno interno, che è diventata la priorità”, aggiungendo che, una volta incontrate le esigenze domestiche, il blocco sarà sollevato.
Fig. 1 – Indice di prezzo internazionale per semi oleosi, oli vegetali e farine. Fonte: FAO
2. OLIO DI PALMA
L’olio di palma è una coltivazione molto produttiva, in quanto è utilizzato per realizzare il 36% dell’olio mondiale, sfruttando meno del 9% dei terreni coltivabili dedicati alla produzione di olio. Inoltre è estremamente versatile: non solo si può impiegare in cucina, ma lo si trova anche nei cosmetici e nei prodotti per la pulizia, e in alcuni biocarburanti. Secondo il WWF l’olio di palma si trova nel 50% circa dei prodotti confezionati. È così ampiamente utilizzato in virtù delle sue caratteristiche. Ad esempio è insapore e presenta un’alta quantità di acidi grassi saturi che gli consente di non irrancidire. Inoltre, “grazie alle sue proprietà fisiche (durezza, consistenza e plasticità) – afferma la Nestlé – conferisce ad un’ampia gamma di alimenti una consistenza molto apprezzata”. L’Indonesia è il primo produttore mondiale di olio di palma. Nel 2019 la produzione ha superato le 40 milioni di tonnellate (fig. 2). La Malesia, secondo produttore mondiale, ne ha generate meno della metà. Un altro dato è particolarmente significativo. Dalle industrie indonesiane proviene il 57% circa di tutto l’olio di palma prodotto nel mondo (che corrisponde, grosso modo, a 74 milioni di tonnellate). L’Indonesia è anche il primo esportatore del mondo di questo prodotto. Secondo l’Observatory of Economic Complexity, nel 2020 il valore delle esportazioni di olio di palma è ammontato a quasi 18 miliardi di dollari. I principali destinatari sono l’India, la Cina, il Pakistan e, in misura minore, Spagna e Malesia. Da questi pochi dati si percepisce l’entità delle conseguenze che può portare un blocco delle esportazioni da parte del Governo di Giacarta.
Fig. 2 – Principali produttori mondiali di olio di palma. Fonte: FAOSTAT
3. CONSEGUENZE IN INDONESIA E NEL MONDO
Sebastian Strangio, giornalista e analista esperto di Sud-est asiatico, ha concluso che lo stop alle esportazioni di olio di palma causerà una “pressione extra sul prezzo dell’olio da cucina per i consumatori in Asia e Africa […] con imprevedibili conseguenze politiche”. Diversi imprenditori italiani hanno sostenuto che, sebbene in misura minore, l’embargo colpirà anche il nostro Paese, che aveva già subìto un netto rallentamento dell’importazione di olio di girasole dalla regione del Mar Nero a causa della guerra in Ucraina. Se i danni che il blocco provocherà alla catena di approvvigionamento globale e ai prezzi sono chiari, lo sono meno quelli che potrebbe patire l’economia indonesiana. A dire il vero, solo il Governo di Widodo sembra disattento riguardo le possibili ripercussioni che potrebbero ricadere sul Paese. Primo, il Governo rinuncia, seppur momentaneamente, a una fonte di introito che frutta diversi miliardi di dollari all’anno. Secondo, il blocco del commercio verso l’esterno comporta meno entrate di valuta estera. Inoltre la valuta nazionale si è indebolita dello 0,7% in seguito all’annuncio del Presidente Widodo, il calo più significativo da agosto scorso. “Provando a proteggere i suoi cittadini più vulnerabili, – scrive Trinh Nguyen, ricercatrice di Carnegie Endowment for Peace, – l’Indonesia ha inavvertitamente aumentato i costi delle importazioni attraverso il deprezzamento della sua valuta”. Bisognerà attendere le prossime settimane per assistere agli effetti del blocco dell’export dell’olio di palma sui maggiori consumatori mondiali. Con molta probabilità si assisterà a un ulteriore aumento dei prezzi dei beni di prima necessità in varie regioni, Europa compresa, e le scorte di oli vegetali potrebbero esaurirsi in breve tempo, arrecando problemi alle fasce di popolazione più vulnerabili che vivono nei Paesi in via di sviluppo. Intanto il Governo indonesiano chiede pazienza e comprensione, sostenendo che lo stop alle esportazioni è necessario per rafforzare la disponibilità di olio da cucina e per abbassarne il prezzo in modo da renderlo più accessibile. “Spero – ha rimarcato il Ministro del Commercio Muhammad Lutfi – che tutti noi possiamo comprendere l’urgenza di questa politica e collaborare per amore di tutto il popolo indonesiano”.
Andrea Pezzati
Photo by Mohamed Sarim is licensed under CC0