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Draghi a Washington: portavoce del desiderio di pace dell’Europa

Analisi – La visita del Presidente del Consiglio Mario Draghi a Washington rappresenta una svolta nella politica estera italiana della XVIII legislatura. Se nei due Governi Conte l’Italia aveva giocato un ruolo piuttosto controverso nei rapporti internazionali, la posizione della presidenza Draghi punta a smarcarsi dall’ambiguità mostrata dal proprio predecessore, una novità dopo gli anni dei Memorandum sulla Belt and Road cinese e delle spedizioni “Dalla Russia con amore” durante la pandemia.

UN VIAGGIO TUMULTUOSO

Il viaggio di Draghi avviene in un momento non facile né sul versante interno né su quello esterno. Con lo spettro dell’inflazione sempre più vicino e la paura dell’escalation sul fronte ucraino, l’opinione pubblica italiana si trova piuttosto divisa sull’invio di aiuti militari all’Ucraina e sulle modalità con cui arrivare a un cessate il fuoco. Parallelamente a questo quadro, contribuisce ad alimentare le divisioni nell’opinione pubblica la presenza all’interno del dibattito di una piccola componente mediatica, fatta di giornalisti, opinionisti e politici, che vorrebbe spingere il Paese a modificare la propria linea di intransigenza nei confronti del Cremlino, come dimostra la comparsata televisiva del Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. Sul versante esterno, invece, le ultime settimane sono state segnate dalla riapertura di un canale cooperativo con la Francia per la definizione di una strategia europea ai confini orientali e dalla fine dei lavori per la Conferenza sul Futuro dell’Europa, che hanno visto il nostro Paese in prima linea sull’istanza di riforma dei Trattati. Su questo piano, tuttavia, i tentennamenti del Cancelliere tedesco Olaf Scholz rispetto a un embargo al gas russo, nonché la firma da parte di 13 Stati membri UE di un documento contrario alla richiesta di riforma istituzionale dell’Unione, dimostrano la persistenza di difficoltà e opposizioni – più o meno velate – alla definizione di una linea comune dei Paesi UE rispetto agli interessi particolari dei singoli Stati.

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Fig. 1 – Draghi e Biden durante il loro incontro alla Casa Bianca, 10 maggio 2022

L’EUROPA AL CENTRO DEL DIBATTITO

Draghi si è affermato a Washington come un leader europeo capace di unire le due sponde dell’Atlantico. Primo capo di Governo a essere ricevuto alla Casa Bianca dall’inizio della guerra in Ucraina, si presenta a Washington non tanto come Presidente del Consiglio di uno Stato parte all’Alleanza Atlantica, quanto come esponente di un gruppo di Paesi che sulla crisi mirano ad agire di concerto. Enfatizzando con le proprie parole la necessità di moltiplicare l’impegno collettivo per la ricerca di “un cessate il fuoco e l’avvio di negoziati credibili”, l’Europa è convinta della necessità di intraprendere un processo di costruzione di una pace duratura. Così il Presidente del Consiglio fa proprio l’appello partito da Bruxelles, da Parigi e da Berlino: “In Italia e in Europa le persone vogliono la fine di questi massacri, di questa violenza, di questa macelleria”.

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Fig. 2 – Conferenza stampa di Draghi all’Ambasciata italiana di Washington, 11 maggio 2022

NON MANCANO DIVERGENZE

L’Italia si assesta così su una posizione cooperativa, ma non subordinata rispetto agli Stati Uniti, rassicurando in un certo senso anche chi in Parlamento lo criticava per non essere passato dall’Aula prima di imbarcarsi oltre oceano. A dimostrazione di ciò, la nota della Direttrice dell’Intelligence Nazionale, Avril Haines, riguardo alla richiesta di un maggiore sforzo per un processo di pace, dimostra quanto le visioni strategiche delle due coste dell’Atlantico restino convergenti, ma distinte. Secondo Haines, infatti, sia la Federazione Russa che l’Ucraina credono tuttora di poter ottenere vantaggi strategici dalla prosecuzione del conflitto e per questo l’intelligence americana ritiene per ora difficile l’apertura di concrete trattative di pace, e che il Presidente Putin si stia riorganizzando per un conflitto prolungato.
Come riportato dal Washington Post, si evidenziano su questo confronto le differenze tra la visione italo-europea e quella più prettamente americana. La vicinanza geografica del fronte ai confini UE, nonché il peso che la Russia concretamente detiene nell’approvvigionamento di gas naturale, influenza enormemente la richiesta per un cessate il fuoco dei Paesi dell’Unione, come anche il differente approccio alla questione dell’invio di armi all’Esercito ucraino e a quella del riarmo, scelta tanto strategicamente inderogabile quanto impopolare. Gli Stati Uniti, dall’altra parte, puntano ad ampliare il proprio supporto militare allo Stato Maggiore ucraino con l’appoggio bipartisan da parte del Congresso. In questo contesto la sensazione che negli States la retorica utilizzata per riferirsi al conflitto stia muovendo verso toni maggiormente acuti non è il risultato soltanto di uno scontro muscolare tra opposte propagande, che tanto in Russia quanto in Occidente vorrebbero accompagnare i cittadini verso una transizione a un’economia che sembra essere sempre più di guerra – risultato di un conflitto che nessuno poteva permettersi, – ma, e forse questo è l’elemento più interessante, dal timore che il conflitto sia destinato a protrarsi nel tempo e, come riportato dalla stessa Haines, a dilagare in altre regioni filorusse a vocazione secessionista (come la Transnistria) una volta ridimensionato il supporto europeo a Kyiv.

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Fig. 3 – Un altro momento dell’incontro tra Draghi e Biden, 10 maggio 2022

IL RIENTRO A ROMA E LA PROPOSTA DI UN “FEDERALISMO PRAGMATICO”

In un contesto del genere, tutto purché la pace, tutto purché la vittoria. Rispondendo a una domanda sulle dichiarazioni di Draghi, la Portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, chiosa: “Continuiamo a essere aperti a una soluzione diplomatica in Ucraina, ma non vediamo nessun segnale da parte della Russia che voglia impegnarsi in questo percorso”. Così, sebbene da questo incontro emerga quanto la possibilità di una de-escalation resti una priorità molto più per Bruxelles che per Washington, gli sviluppi ai confini orientali dell’Europa hanno avuto senza dubbio come effetto il riavvicinamento delle due sponde dell’Atlantico, nonché destato negli europei quella necessità di porsi come attori globali, piuttosto che come interlocutori di secondo livello schiacciati tra interessi divergenti di poli opposti. Prima del ritorno a Roma, presso la sede dell’Ambasciata d’Italia il Presidente Draghi ha spiegato in conferenza stampa i contenuti dell’incontro: tra la questione dei prezzi dell’energia e della sicurezza alimentare, “occorre continuare a chiedersi come si costruisce la pace e un percorso negoziale”, specificando che la pace per essere credibile dovrà essere quella stabilita dall’Ucraina e non imposta da terzi. Draghi ha rivendicato il ruolo dell’Unione Europea come attore globale collettivo, capace di unire gli sforzi dei singoli Paesi del Continente, altrimenti impossibilitati ad agire come singoli per una ricostruzione post-bellica e per trovare una risposta adeguata alla questione dell’energia.
La novità evidente emersa da Washington è la proposta di un’agenda europea in chiave maggiormente collettiva e ambiziosa. Con il successo dell’agenda macroniana alle presidenziali francesi il progetto europeo vince sopra le spinte disgregative riunite sopra la candidatura del Rassemblement National. Nel nostro Paese le forze euroscettiche, affossata a Montecitorio la proposta per il presidenzialismo presentata da Fratelli d’Italia, non riescono in questi due mesi a indebolire l’agenda di Governo né riproponendo lo spettro del MES né l’immagine di un’Europa matrigna. La maggioranza di Governo, quindi, non può che unirsi alla volontà europeista promossa dal capo dell’Esecutivo. Restano fuori soltanto i sovranisti di Fratelli d’Italia, i fuoriusciti dalla coalizione di Liberi e Uguali, Sinistra Italiana e Possibile, che in questo momento stanno cercando di capire come muoversi per non essere esclusi alle prossime elezioni, e il gruppo MANIFESTA, che pur contando soltanto quattro parlamentari a Montecitorio, chiama a gran voce le dimissioni del Governo tramite comunicati giornalistici del Segretario di Rifondazione Comunista – gli stessi responsabili della caduta del II Governo Prodi nel 2008, e da allora sempre sconfitti alle urne.
Dopo Washington l’azione di Draghi può restituire all’Italia un ruolo nella politica internazionale, lavorando alla promozione di una sempre maggiore integrazione europea sostanziata nell’espressione “federalismo pragmatico” pronunciata a Strasburgo nella seduta del 3 maggio. Un progetto ambizioso, quanto necessario, capace di garantire all’Europa una propria emancipazione comune all’interno dei percorsi della storia.

Enrico Bruni

Italy’s Prime Minister Draghi calls for faster EU integration to address crises” by European Parliament is licensed under CC BY

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Perchè è importante

  • Il viaggio di Draghi negli USA avviene in una fase di grande incertezza e ansietĂ , provocata sia dalla crescita dell’inflazione che dal persistere della guerra in Ucraina.
  • A Washington Draghi si è imposto come rappresentante di un ampio fronte europeo e ha chiesto l’avvio di negoziati di pace credibili tra Mosca e Kyiv.
  • Ma le visioni strategiche di USA e Europa restano divergenti, con il rischio continuo di equivoci e incomprensioni.
  • Tornato a Roma, Draghi sembra volersi concentrare sulle sue proposte di riforma dell’Unione Europea, che puntano a trasformarla in un attore globale collettivo.

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Enrico Bruni
Enrico Bruni

Nato a Pisa nel 1999, sono studente al corso di laurea in Studi Internazionali alla Scuola Cesare Alfieri di Firenze. Appassionato di studi strategici e diritto internazionali, oltre che con Il Caffè Geopolitico, collaboro con il Centro Studi Internazionali di Napoli. Nel 2022 ho conseguito il diploma della Scuola di Geopolitica e Governance di Limes.

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