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La Cina affronta la triade inconciliabile

Analisi – Anche la Cina si trova ad affrontare la triade inconciliabile tasso di cambio-flusso di capitale-politica monetaria. Per risolvere tale trilemma è fondamentale analizzarne le attuali condizioni dal punto di vista economico. Un’ipotetica soluzione potrebbe essere rappresentata da una maggiore flessibilità del tasso di cambio.

IL TRILEMMA IN BREVE

Il trilemma o triade inconciliabile (三元悖论 san yuan beilun) costituisce una teoria macroeconomica basata sul modello Mundell-Fleming, secondo il quale uno Stato che abbia un’economia aperta non può mantenere contemporaneamente un tasso di cambio fisso, un libero flusso di capitale attraverso i propri confini e una politica monetaria indipendente. Il trilemma ha tre soluzioni, secondo le quali vi sono tre combinazioni di due degli elementi sopracitati, ma non possono essere presenti tutti e tre gli elementi contemporaneamente. Per cui le tre combinazioni sono: politica monetaria indipendente e tasso di cambio fisso, rinunciando al libero flusso di capitali come avveniva nel caso di Bretton Woods o in Cina prima degli anni ’90; un tasso di cambio fisso e libera circolazione di capitali, escludendo una politica monetaria indipendente, come avveniva nel caso del Gold System a Hong Kong durante il periodo di Bretton Woods; una libera circolazione di capitale e politica monetaria indipendente senza un tasso di cambio fisso come nel caso attuale del Regno Unito. La triade inconciliabile può essere raffigurata da un triangolo, nel quale ciascuno dei suoi lati rappresenta una delle tre condizioni. Lo Stato si può posizionare su uno degli angoli e può raggiungere due delle condizioni che sono adiacenti all’angolo. Uno dei principali obiettivi delle banche centrali è quello di raggiungere una crescita non inflazionaria e stabile. In moti casi avere un tasso di cambio fisso viene considerato un vantaggio, perché una moneta stabile porta a raggiungere l’obiettivo della stabilità dei prezzi e agisce come difesa nei confronti della volatilità in ambito finanziario e macroeconomico. Anche il libero flusso dei capitali caratterizzato da mercati finanziari aperti è considerato come un obiettivo, perché può aiutare a diversificare i rischi finanziari ed economici e potenziare l’efficienza del mercato finanziario. Inoltre, per molti Stati può essere utile avere una politica monetaria indipendente, perché aiuta ad adeguarsi agli shock monetari provenienti da altri Paesi, senza dover dipendere dal loro regime di tassi di cambio. Se una politica monetaria è caratterizzata dall’autonomia, può stabilizzare l’economia nel suo complesso con una crescita equilibrata e con una bassa inflazione. Gli Stati possono implementare soluzioni ibride che si collocano in una posizione intermedia rispetto alle tre condizioni, per cui le soluzioni sono infinite. In questi casi lo Stato sceglie una soluzione di compromesso che costituisce una combinazione di differenti livelli dei tre elementi. Ad esempio nel caso della Repubblica popolare cinese negli anni ’90, il renminbi era ancorato al dollaro statunitense e tale caratteristica si combinava con un elevato livello di controllo dei capitali. Questo ha reso possibile mantenere una politica monetaria indipendente. Ma dagli anni 2000 (con prime aperture iniziali dal 1990) Pechino ha iniziato ad aprire progressivamente il proprio mercato finanziario, e la sua economia ha iniziato a slittare verso il libero movimento di capitali.

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Fig. 1 – Un operaio specializzato nella lavorazione dell’acciaio in un’industria nella città di Huaibei, nella provincia dell’Anhui, marzo 2015

LE PREMESSE DELL’ECONOMIA CINESE

Anche la Cina ovviamente si trova a fronteggiare il trilemma, riguardo al quale è essenziale esplicitare alcune premesse in merito all’attuale situazione cinese. Innanzitutto la Cina si trova nella condizione di fronteggiare una transizione – difficoltosa ma necessaria- da un modello di crescita basato su industria pesante, edilizia ed esportazioni, ad un modello che si focalizza sullo sviluppo del settore dei servizi e sul potenziamento della domanda di consumi interni. In secondo luogo, questa transizione è accompagnata da un rallentamento della crescita del PIL e da minore prevedibilità, dato che i mercati e gli imprenditori, piuttosto che le direttive centralizzate, giocheranno un ruolo più incisivo. Tuttavia risulta che la crescita abbia rallentato più di quanto fosse atteso dalla leadership cinese e se ne possono individuare cinque cause. Innanzitutto la politica zero Covid ha penalizzato l’economia, in secondo luogo la risposta del Governo cinese nei confronti dell’indebolimento dell’economia è stata meno decisa rispetto a precedenti congiunture analoghe. Inoltre il mercato immobiliare si trova in un periodo di crisi e il cambiamento climatico, che porta a manifestazioni meteorologiche estreme, risulta problematico per le industrie. Infine l’inasprimento della regolamentazione delle grandi aziende del settore tecnologico come ad esempio Alibaba e Tencent, non favorisce sicuramente migliori performance economiche. Una maggiore crescita sarebbe inoltre essenziale per facilitare il processo di trasferimento di risorse dal settore manifatturiero al settore dei servizi. Per supportare la crescita economica durante questa difficoltosa transizione, la Cina ha talvolta allentato le proprie politiche monetarie, ad esempio riducendo le riserve bancarie, rendendo così possibili maggiori prestiti da parte delle banche. Come quarta premessa, la Cina ha portato avanti il proprio processo di riforme e aperture dei mercati di capitali.

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Fig. 2 – Operai in un sito di costruzione a Wuhan, Hubei, marzo 2015

QUALE SOLUZIONE PER LA CINA

Da alcuni studi, risulta che il grado di apertura dei mercati finanziari cinesi è relativamente discreto, nonostante la presenza di controlli del capitale de jure. Pur essendo presenti numerose restrizioni, la Cina procede verso una liberalizzazione del mercato dei capitali. Le autorità continuano a mantenere un regime del tasso di cambio del renminbi regolamentato e continuano ad accumulare riserve da scambi con l’estero. Come risultato, potrebbe ridurre la capacità di mantenere una politica monetaria autonoma. Questo potrebbe portare a disequilibri macroeconomici e finanziari, e causare eventualmente una crisi finanziaria in futuro. Per evitare delle simili conseguenze, si configurano varie opzioni. Ad esempio si potrebbe limitare il flusso di capitale internazionale, potendo così raggiungere la stabilità del tasso di cambio e una politica monetaria autonoma, ma in questo caso sarebbe necessario rallentare il processo di internazionalizzazione del renminbi. In tale caso però verrebbe inviato un messaggio negativo ai mercati finanziari e la crescita potrebbe ridursi. L’opzione più ragionevole potrebbe essere quella di aumentare la flessibilità del tasso di cambio del renminbi, potendo quindi mantenere una politica monetaria indipendente. La Cina è già orientata sulla strada di una politica monetaria indipendente, che ha permesso con successo di assorbire l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti nello scorso settembre. Per quanto riguarda il regime di cambio cinese, dal 2005 non si tratta più di un tasso di cambio fisso, ma di un regime a fluttuazione controllata relativamente al quale influiscono tre elementi: un central parity rate giornaliero annunciato dalla banca centrale ancorato ad un basket di valute, una banda giornaliera di fluttuazione del +/- 2% e infine possibili interventi sul mercato Forex da parte della banca centrale. L’opzione di una maggiore flessibilità del tasso di cambio del renminbi presenta il rischio di un’eccessiva volatilità del tasso di cambio, che potrebbe essere risolta con opportuni interventi di aggiustamento da parte cinese. Per continuare a perseguire l’obiettivo di apertura dei mercati finanziari, la Repubblica popolare cinese dovrebbe ampliare i propri mercati e aumentarne la liquidità e rafforzare la supervisione e regolamentazione degli stessi. Il tasso di interesse dovrebbe essere determinato dalla domanda e offerta di fondi, che contribuirebbe a creare delle curve dei rendimenti stabili e rafforzerebbe il meccanismo di trasmissione della politica monetaria.

Nicol Betrò

Photo by moerschy is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Anche la Cina si trova ad affrontare il cosiddetto trilemma, ovvero la triade inconciliabile tasso di cambio-flusso di capitale-politica monetaria.
  • Le modalità attraverso le quali la Cina affronta il trilemma si basano su alcune premesse relative alle sue attuali condizioni economiche.
  • Un’ipotetica soluzione per la Cina potrebbe essere quella di aumentare la flessibilità del tasso di cambio del renminbi.

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Nicol Betro
Nicol Betro

Laureata in Relazioni Internazionali con lingua cinese e inglese all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha lavorato per Invest Hong Kong, agenzia governativa di Hong Kong, dove si occupava di investimenti. Continua a coltivare una passione per la geopolitica, con aree di interesse la Cina e Hong Kong, coerentemente al suo percorso. Ha inoltre l’hobby della poesia e ha pubblicato varie poesie nelle due raccolte I Poeti di Via Margutta 20, Dantebus, 2022 e Collana Vie 32, Dantebus, 2022.

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