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Morto Yusuf al-Qaradawi, tra le più influenti e controverse figure nell’Islam contemporaneo

Analisi Si è spento all’età di 96 anni a Doha in Qatar lo sheikh che ha segnato un’epoca e che ha vissuto e partecipato a tutte le fasi dei movimenti islamici contemporanei. La sua figura è difficilmente ascrivibile all’interno di schemi rigidi. In termini islamici, per definire il suo approccio venne usato il termine wasatiyya, che significa porsi a metà fra due estremi, approccio che lo sheikh rese popolare nel corso della sua carriera.

SU VIOLENZA POLITICA E MOVIMENTI ISLAMICI

“Era un uomo come nessun altro, si è posto l’obiettivo di preparare una nazione svuotata verso una grande missione di rinascita e rinnovamento”, dichiarò al-Qaradawi in un’intervista del 2017 ad Al Jazeera parlando di Hasan al-Banna, il fondatore della Fratellanza Musulmana. Al-Qaradawi si unì alla Fratellanza Musulmana e ne fu il leader spirituale, sostenendo in accordo con l’organizzazione che la legge islamica dovesse essere la base della riforma educativa, sociale e politica, una posizione che lo poneva in opposizione agli interessi degli inglesi nel Paese e in disaccordo con altre visioni politiche più secolari emergenti in quegli anni nel panorama politico egiziano. Il suo attivismo a fianco della Fratellanza lo ha portato quattro volte in prigione, dove è stato torturato. La costante minaccia di perseguimento penale lo spinse a fuggire in Qatar nel 1960. Il suo attivismo a fianco della Fratellanza lo ha portato quattro volte in prigione, dove è stato torturato. La costante minaccia di perseguimento penale lo spinse a fuggire in Qatar nel 1960. Il suo lavoro crebbe di importanza nel momento in cui si oppose agli insegnamenti del famoso ideologo della Fratellanza Musulmana Sayid Qutb, la cui difesa del jihad armato è stato un elemento dottrinale formativo per l’ascesa di gruppi come al-Qaida e al-Jihad in Egitto. Al-Qaradawi ha assunto notorietà diventando una voce di spicco nella scuola di pensiero moderata all’interno dei movimenti islamici proprio perché contrario all’intransigenza takfirista qutbiana e alle specifiche declinazioni della violenza politica jihadista. È stato uno dei primi importanti studiosi musulmani a condannare gli attacchi dell’11 settembre agli Stati Uniti da parte di al-Qaida, e ancor di più l’insorgenza dello Stato Islamico. La sua linea dura nei confronti dei gruppi jihadisti non fece di lui un pacifista assoluto. Durante la seconda intifada palestinese, nel 2001, dichiarò che gli attentati suicidi da parte di palestinesi contro israeliani, inclusi civili, erano consentiti. Lo sheikh, sosteneva l’impossibilità di differenziare all’interno della popolazione israeliana i civili nettamente, considerato il coinvolgimento nell’assetto militare del Paese da parte di tutta la popolazione e che i palestinesi non avessero altra difesa se non il proprio corpo. Nel 2016 modificò la sua fatwa dichiarando l’illegittimità degli attacchi e esortando i palestinesi all’uso di altri mezzi di resistenza. Anche a seguito dell’invasione unilaterale del 2003 a guida statunitense dell’Iraq ha supportato la resistenza violenta contro i soldati americani. Tali posizionamenti gli sono costati il divieto di entrare negli Stati Uniti in Gran Bretagna e in Francia e la reputazione di terrorista in molti Stati, tra cui Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein.

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Fig. 1 – Il funerale di Yusuf al-Qaradawi a Doha, 27 settembre 2022

INFLUENZA MEDIATICA E DIALOGO INTERRELIGIOSO

Ciò che però ha reso davvero famoso il mufti a livello internazionale è stata la sua apparizione sul canale di notizie satellitare del Qatar Al Jazeera nel 1996. Al-Qaradawi ha condotto per anni il celebre programma “Shariah and Life“, dove rispondeva alle domande degli spettatori sulla legge religiosa nella vita quotidiana ed emanava editti religiosi (o fatwa). Attraverso il canale mass mediatico ha provveduto a divulgare indicazioni su un’ampia gamma di argomenti: la posizione dell’Islam sull’evoluzione, chiarimenti sulla legittimità dei cibi cucinati con alcol, la moralità delle carte e della lotteria, anche i termini per cui è accettabile possedere un cane. Le sue opinioni erano tendenzialmente conservatrici e gli arabi laici vi si opposero aspramente, in particolare sull’ideale di governo islamico che egli proponeva, dichiarando il suo proselitismo come un’ennesima forma di autoritarismo. Tuttavia, alcune posizioni erano considerate relativamente progressiste. Ad esempio, sosteneva che alle donne fosse permesso ricoprire posizioni di vertice nelle Istituzioni. Oltre al suo programma su Al Jazeera, ha anche contribuito a fondare e presiedere il Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca (ECFR) e l’Unione Internazionale degli Studiosi Musulmani (IUMS), due organizzazioni accademiche islamiche transnazionali che hanno contribuito a consolidare la sua reputazione di “mufti globale“.

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Fig. 2 – Yusuf al-Qaradawi partecipa all’incontro dell’Unione Internazionale degli studiosi musulmani a Konya, in Turchia, 3 agosto 2016

LE RIVOLUZIONI ARABE DEL 2011

All’età di 80 anni ha sostenuto le Rivoluzioni Arabe del 2011, che per molti versi rispecchiavano il culmine del suo lavoro di una vita, quello che Qaradawi definì un sogno diventato realtà. Tra le sue esternazioni più famose, l’invocazione della morte del dittatore libico Muammar el-Gheddafi, spodestato e ucciso nello stesso anno e l’attacco all’Iran per il suo sostegno al Presidente Bashar al-Assad nella guerra civile siriana. Alcuni giorni dopo la caduta di Hosni Mubarak in Egitto, al-Qaradawi rientrò nel proprio Paese, guidando la preghiera del venerdì per centinaia di migliaia di persone in piazza Tahrir al Cairo. “Non permettete a nessuno di rubarvi questa Rivoluzione”, avvertì in un appassionato e famosissimo sermone. Nella sua elezione più democratica nel 2012, l’Egitto elesse Presidente un leader dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi, l’unico di estrazione civile e non militare. Ma quello che al-Qaradawi vedeva come un successo politico e l’inizio di un percorso collettivo ebbe vita breve. Il Presidente Morsi venne estromesso da un colpo di stato militare un anno dopo e l’incessante epurazione contro la Fratellanza venne ripristinata. La rivolta si tramutò in guerra civile in Siria, Yemen e Libia, mentre le conquiste democratiche della Tunisia restano a rischio. Il sostegno di al-Qaradawi alle rivolte popolari e le sue critiche vocali ai Governi a guida militare, soprattutto quello egiziano, hanno provocato pesanti reazioni da parte dell’Egitto e dei suoi alleati. Al-Qaradawi venne condannato a morte in absentia nel 2015 dal regime Egiziano, e i suoi sette figli sono stati dichiarati terroristi. Sua figlia Ola e il marito sono stati arrestati nel 2017. Nello stesso anno, in un saggio pubblicato 100 giorni dopo l’arresto della figlia, al-Qaradawi dichiarò che l’Egitto lo stesse punendo attraverso di lei. Ola al-Qaradawi è stata rilasciata alla fine del 2021, ma suo marito rimane in prigione.
Yusuf al-Qaradawi resta una figura rilevante per l’eredità dei movimenti islamici, non ascrivibile a categorie standard o necessariamente interpretabili attraverso le lenti politiche occidentali. La sua morte simboleggia anche la fine di un’era in cui i movimenti islamici dovevano fare i conti con il ruolo quasi sempre di opposizione e con le avversità che i loro approcci spesso radicali e problematici provocavano. 

Giulia Macario

Immagine di copertina: Photo by Ebong abd, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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Perchè è importante

  • Mufti di origine egiziana e leader spirituale dei Fratelli Musulmani, Yusuf al-Qaradawi è morto all’età di 96 a Doha, in Qatar, dove era fuggito a causa della costante minaccia di perseguimento penale.
  • Dalla fine degli anni Novanta aveva acquisito una fama internazionale grazie alla conduzione di un programma di divulgazione religiosa sul canale del Qatar Al Jazeera e alla costituzione del Consiglio Europeo per la Fatwa e la Ricerca (ECFR) e dell’Unione Internazionale degli Studiosi Musulmani (IUMS), due organizzazioni accademiche islamiche transnazionali.
  • Fu un energico sostenitore delle Rivoluzioni Arabe del 2011, in particolare in Egitto e in Libia.

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Giulia Macario
Giulia Macario

Al momento sto terminando il research master IMARC in Criminologia Internazionale. Ho vissuto un anno ad Amman dove, oltre ad aver lasciato il cuore, ho lavorato all’ “Arab Institute for Security Studies” (ACSIS) e studiato arabo al Qasid. Ho conseguito nel 2018 il Master in Middle Eastern Studies (MIMES) a Milano. Mi interesso principalmente di movimenti salafiti-jihadisti e islam politico.

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