In 3 sorsi – Il Libano fatica a eleggere il nuovo Presidente. L’impasse lascia il Paese paralizzato in una crisi economica senza precedenti e un Governo per gli affari correnti impossibilitato a intervenire e portare avanti le riforme necessarie.
Leggi tutto: Il Libano: un Paese sospeso e uno scranno vacante1. ELEZIONI PRESIDENZIALI IN LIBANO: ANCORA FUMATA NERA
L’undicesima votazione per l’elezione del nuovo Presidente del Libano, svoltasi il 19 gennaio 2023, ha dato ancora una volta esito negativo. I tentativi si ripetono senza sosta ormai da fine ottobre 2022. L’ultima elezione, in particolare, ha spinto alcuni deputati ed esponenti della societĂ civile a organizzare sit-in di protesta appellandosi al senso di responsabilitĂ dell’assemblea parlamentare. Questo vacuum presidenziale non rappresenta di per sĂ© una novitĂ per il Paese. La difficoltĂ nell’elezione di un capo dello Stato si è infatti verificata almeno tre volte nella storia del Libano contemporaneo, non ultima nel caso del Presidente uscente Michel Aoun, nominato dopo due anni, nel 2016, alla quarantaseiesima votazione. La novitĂ riguarda, invece, il contesto in cui questa impasse si sta verificando. Il Paese vive infatti una stagnante crisi economica e sociale in costante peggioramento ed è al momento guidato da un Governo per gli affari correnti, che per sua natura ha un raggio di azione limitato, nonchĂ© da un Parlamento che data la situazione è fortemente limitato nell’azione legislativa.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – L’urna in cui vengono raccolti i voti nelle varie sessioni presidenziali che sono iniziate a ottobre 2022
2. IL SISTEMA CONFESSIONALE ALLA PROVA
In Libano vige un sistema confessionale. Unico nel suo genere, è nato con l’obiettivo di consentire una convivenza pacifica tra le diverse comunità religiose presenti. Le più importanti cariche dello Stato sono suddivise secondo una distribuzione di tipo confessionale tra cristiani e musulmani sciiti e sunniti. Il sistema è stato rivisto nel 1989 con gli Accordi di Taif, che posero fine alla guerra civile libanese e portarono a un ridimensionamento del potere cristiano-maronita, sia in Parlamento che nelle limitate prerogative del Presidente, figura sistematicamente assegnata appunto ai cristiano-maroniti. L’attuale panorama elettorale appare frastagliato e poco coeso nella volontà di trovare una soluzione. I partiti vicini all’Iran e alla Siria come Hezbollah, il Free Patriotic Movement (FPM) e Amal, tradizionalmente alleati, si trovano oggi divisi. Il dibattito interno ruota attorno al nome di Suleiman Franjieh, esponente del Marada Movement e nipote dell’ex Presidente Franjieh, che alla fine degli anni Settanta contribuì allo scoppio della guerra civile. Quest’ultimo è il candidato di Hezbollah, ma non trova il consenso di Gebran Bassil, leader dell’FPM e genero del Presidente uscente Michel Aoun, che aspira a essere il naturale successore del suocero. Il costante interesse e la presenza dei leader di Hezbollah nel dibattito delle elezioni presidenziali libanesi riflette la necessità , per tale gruppo politico, che il futuro Presidente rientri nella propria orbita, sia nell’ottica degli equilibri nazionali, che, soprattutto, in quella degli equilibri regionali. D’altra parte l’FPM, proprio per ridimensionare gli effetti degli Accordi di Taif, pone il veto contro la figura di Franjieh, che, dicono, difficilmente sarebbe accettato dalla comunità maronita. In contrapposizione si inserisce Michel Mouawad, l’esponente dell’Independence Movement, partito riformista e secolare supportato dalla comunità internazionale, che nonostante abbia ricevuto più voti in assoluto durante queste undici sessioni non ha però mai raggiunto quelli necessari per essere eletto. In questo clima di indecisione e stasi è emerso sempre più insistentemente il nome del Generale Joseph Aoun, personalità sulla quale potrebbe trovarsi una sintesi sia a livello nazionale che regionale e internazionale, e che nelle recenti discussioni tra i cristiano-maroniti e all’interno di Hezbollah continua a scalare con costanza la lista dei possibili candidati.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Alcuni manifestanti in supporto ai parlamentari che hanno deciso di portare avanti un sit-in di protesta in Parlamento, chiedendo l’elezione di un nuovo Presidente nel piĂą breve tempo possibile
3. UN’AGENDA IN CERCA DI AUTORE: LE SFIDE DEL NUOVO LIBANO
Il nuovo Presidente e il conseguente nuovo Governo che verrà formato si troveranno ad affrontare una serie di dossier cruciali per il futuro del Libano, come il complesso piano di riforme strutturali richiesto dal FMI riassumibile nella ristrutturazione del sistema finanziario e fiscale e nella lotta alla corruzione. Nelle ultime settimane il Paese ha svalutato il tasso di cambio ufficiale per la prima volta in 25 anni, indebolendolo del 90% con conseguenze devastanti per i libanesi. Senza quindi entrare nel merito del dibattito sulle riforme, spesso imposte dall’alto dal FMI, sul quale fautori e oppositori del cosiddetto Washington Consensus sono da tempo divisi, va osservato come senza i provvedimenti richiesti e soprattutto senza un assetto istituzionale rinnovato in grado di implementarli lo stesso FMI non procederà alla concessione degli aiuti promessi, rendendo cronica la già grave crisi economica e ancora più insicuro un Paese che contiene al proprio interno e tutt’intorno deboli equilibri.
Mariam Suheli Chrouda
Immagine di copertina: Photo by djedj is licensed under CC BY-NC-SA