Ristretto – Nella scorsa settimana una serie di offensive israeliane contro Hezbollah ha dato il via a una nuova fase nello scontro fra lo Stato d’Israele e il Partito di Dio che assume, ora dopo ora, i contorni di un vero e proprio conflitto. A farne le spese sono, come dalle peggiori tradizioni, i civili. Mentre la comunità internazionale arranca nel trovare una soluzione alla tensione sempre più profonda che coinvolge il Medio Oriente, Israele ha deliberatamente intensificato le operazioni contro l’antagonista libanese filoiraniano, spostando il conflitto dalla Striscia di Gaza al Nord del Paese.
Circa 1.300 obiettivi colpiti, 1.835 civili feriti, piĂą di 500 vittime, fra cui 50 bambini, questo è il bilancio del bombardamento avvenuto nelle scorse ore a sud del Libano per opera delle forze dello Stato d’Israele. A poco sono valsi i messaggi, arrivati tramite telefono o con dei volantini (parte, per altro, di una piĂą vasta operazione tattico-strategica) che invitavano la popolazione residente nella zona vicina al confine israeliano a evacuare. Lo spettro della guerra a tutto campo si sta presentando alle porte del Paese dei Cedri con un copione che sembra giĂ scritto da tempo e che, certamente, non può definirsi inaspettato. L’offensiva condotta dalle bombe israeliane ha targetizzato, per la prima volta da undici mesi a questa parte, centri abitati e zone residenziali, dove, secondo lo Stato Maggiore israeliano, oltre a nascondersi accoliti del Partito di Dio, lo stesso avrebbe custodito il proprio arsenale, costruito nel tempo grazie al supporto della Repubblica Islamica dell’Iran. La pioggia di bombe che ha coinvolto il territorio libanese rappresenta l’epilogo di una settimana di attacchi, che, come ha sostenuto il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, hanno inaugurato una nuova fase nello scontro con Hezbollah, il cui obiettivo dichiarato è quello di far rientrare la popolazione israeliana sfollata del Nord di Israele alle proprie case, mentre quello reale è – di fatto – il completo smantellamento dell’organizzazione paramilitare. Tale scopo è stato reso manifesto sin da subito, a partire dalle operazioni di sabotaggio delle linee di comunicazione avvenute la settimana scorsa, che hanno provocato l’esplosione di cercapersone e walkie talkie, riabilitando la reputazione del Mossad e, piĂą in generale, dei servizi di intelligence israeliani che il 7 ottobre 2023 non erano riusciti a evitare le incursioni di Hamas. Un altro colpo micidiale a Hezbollah è stato assestato con il bombardamento a Daiheh, quartiere ritenuto da sempre una roccaforte del movimento sciita, in cui sono morti almeno dodici rappresentanti del Partito di Dio, fra cui il veterano di Hezbollah Ibrahim Aqil, che aveva di recente preso il posto a capo delle operazioni dell’organizzazione di Fuad Shukr, ucciso a luglio. In questo scenario, nel quale l’elaborazione di qualsiasi ipotesi è resa complessa dalla velocitĂ con cui si stanno svolgendo gli eventi, l’unica previsione certa è che un’ulteriore escalation di violenza costituirebbe per l’intero Medio Oriente un totale disastro, arrivando presumibilmente a coinvolgere altri attori dello scacchiere, come l’Iran.
La comunitĂ internazionale, nonostante gli inviti a Israele e ai soggetti coinvolti a non estendere la violenza, sembra faticare a mediare una soluzione in grado di allentare le tensioni che coinvolgono la regione, che da undici mesi a questa parte si avvicina ogni giorno di piĂą all’orlo del baratro bellico.
Sara Cutrona
“This is Beirut… #50” by Thomas Leuthard is licensed under CC BY