In 3 sorsi – Lo scorso 25 marzo, il Presidente russo Vladimir Putin ha sfidato l’Occidente decidendo di trasferire armi nucleari tattiche per la prima volta aldilà dei confini della Federazione. Coinvolto nell’operazione il suo più stretto alleato e partner: la Bielorussia di Alexander Lukashenko.
1. UNA PARTNERSHIP NUCLEARE ‘RISPOLVERATA’
Il numero uno del Cremlino ha dato ufficialmente il via al dispiegamento di testate nel “quasi-protettorato” bielorusso e si prepara al trasferimento di armamenti di estrema rilevanza tattica, tra i quali affiorano sistemi missilistici nucleari Iskander-M. Nonostante l’impatto sulla comunità internazionale, l’operazione non è comunque parte di uno scenario inedito: da diverso tempo Putin e Lukashenko discutevano di un possibile accordo per il posizionamento di armi atomiche sul suolo bielorusso.
E a conferma che il terreno era già preparato per una simile mossa da parte di Mosca c’è il referendum che il leader bielorusso ha indetto nel febbraio 2022 con l’obiettivo di attuare una modifica della Costituzione che legalizzasse l’accordo stesso. Grazie a tale provvedimento, la Bielorussia aveva quindi già costituzionalmente perso il proprio status di Paese denuclearizzato. Lukashenko si è detto ora pronto a collaborare attivamente con il Cremlino, ufficializzando sia il proprio impegno che l’intensificazione dei negoziati in un discorso al Parlamento venerdì 31 marzo.
Fig. 1 – Lukashenko e Putin a colloquio nell’aprile 2022
2. LA REAZIONE DEL BLOCCO OCCIDENTALE
Putin ha annunciato attraverso un’intervista rilasciata sul canale di stato Rossiya1 che l’addestramento del personale militare bielorusso per il trasporto e la gestione degli ordigni tattici inizierà questo mese, mentre la costruzione delle strutture di stoccaggio e deposito terminerà entro il 1° luglio. Sarà la prima occasione in cui la Russia si ritroverà a controllare armamenti nucleari fuori dai confini nazionali dal 1996, quando i vicini ex sovietici rinunciarono definitivamente alle armi nucleari di stanza nei propri territori, consegnandole a Mosca. Il leader del Cremlino ha ribadito che lo stazionamento non viola nessun protocollo di non proliferazione, dal momento che gli armamenti rimarrebbero comunque sotto controllo russo.
Da occidente, tuttavia, sono arrivate repliche di aperta condanna. La NATO ha definito l’intera retorica sul frangente nucleare “pericolosa e irresponsabile”. Reazione più cauta è stata invece quella della Casa Bianca, che rimane piuttosto scettica sull’effettivo spostamento, nonché sul potenziale futuro impiego, delle armi nucleari tattiche. Josep Borrell, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera europea, ha dichiarato che il processo innescato da Putin in tandem con l’alleato Lukashenko è “una irresponsabile escalation e una minaccia alla sicurezza europea” e che l’Ue risponderà intensificando il pacchetto sanzionatorio contro Mosca.
Fig. 2 – Cartello contro il dispiegamento di armi nucleari russe in Bielorussia, esposto durante una dimostrazione pubblica a Varsavia, marzo 2023
3. LE RAGIONI E LE (IM)PREVEDIBILI CONSEGUENZE DELLA MOSSA DI PUTIN
Putin ha confermato che la decisione è a tutti gli effetti un avvertimento a NATO e Occidente in risposta ai piani del Regno Unito di inviare all’Ucraina munizioni a base di uranio impoverito. La lettura che ad oggi risulta più plausibile è che la misura sia dunque l’ennesimo tentativo di convincere i Paesi occidentali a rinunciare al proprio sostegno militare a Kiev.
Ciò nonostante resta comunque difficile in questo momento affermare che il dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia possa essere leva di una possibile escalation nucleare sul vicino territorio ucraino, soprattutto alla luce del recente vertice di Mosca con Xi Jinping. La leadership cinese avrebbe infatti invitato il collega russo (e non solo) a lavorare per alleviare le tensioni connesse al possesso e all’utilizzo degli arsenali nucleari, abbandonando una certa “mentalità da guerra fredda” e ritirando quelle dispiegate all’estero, se necessario.
Lorenzo Travelli
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