Ristretto – Scontri in Sudan tra le Forze Armate del generale al-Burhan e i paramilitari di Hemetti, che stanno tentando un golpe per evitare la transizione a un’amministrazione civile del Paese.
Nella capitale Khartoum e in varie parti del Sudan sono in corso da stamani combattimenti tra le truppe regolari del Presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Rapid Support Forces (RSF) del vicepresidente Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti. Non è ancora chiaro né come siano cominciati gli scontri, né quale sia l’esatta dinamica. Le stesse parti in causa, inoltre, si accusano a vicenda di aggressione. Allo stesso modo si sovrappongono le notizie sia circa gli obiettivi colpiti, sia rispetto ai risultati ottenuti, tanto che se da un lato l’aviazione sudanese ha annunciato di aver bombardato alcuni siti ribelli, dall’altro lato le RSF hanno rivendicato la conquista del palazzo presidenziale a Khartoum. È invece certo che si stia combattendo nei dintorni della base aerea di Merowe, circa 450 chilometri a nord della capitale, che nei giorni scorsi era stata al centro di tensioni per l’elevato afflusso di paramilitari e nella quale le RSF avrebbero anche catturato alcuni militari egiziani. Il Rappresentante Speciale dell’ONU, Volker Perthes, ha invitato all’immediata cessazione delle ostilità, ma la sollecitazione a deporre le armi è giunta anche dall’Unione Africana tramite il Presidente della Commissione Moussa Faki Mahamat, dall’UE e dagli USA. Riguardo al bilancio, diverse fonti riportano di 3 vittime civili.
Gli eventi di queste ore sono il culmine dei contrasti tra al-Burhan e Hemetti, soprattutto dopo il contestato accordo del dicembre 2022 tra militari e partiti di opposizione per l’avvio della transizione verso un’amministrazione civile del Sudan. Caduto al-Bashir quattro anni fa, infatti, il Paese aveva subito un nuovo colpo di Stato nell’ottobre 2021, che aveva interrotto il percorso intrapreso con gli accordi dell’estate del 2019. Hemetti, capo delle RSF – derivate in parte dalle terribili milizie Janjaweed – e sospettato di crimini contro l’umanità durante la guerra del Darfur, contesta ad al-Burhan di aver accettato sia il ritiro dei militari dalla guida del Sudan una volta realizzate le elezioni generali previste per il 2023, sia la riorganizzazione delle Forze Armate in virtù del potenziale ritorno di una leadership civile.
Beniamino Franceschini
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