In 3 Sorsi – Dopo il colpo di stato avvenuto in Sudan nell’ottobre del 2021, la situazione sociale, economica e politica del Paese non si è ancora armonizzata. Il cambiamento ha, piuttosto, generato un diffuso malcontento e violenza generalizzata.
1. IL GOLPE DEL 2021
Il 25 ottobre 2021 il comandante delle Forze Armate sudanesi, nonché Presidente del Consiglio Sovrano del Sudan, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, ha messo in atto un prevedibile colpo di Stato in seguito al rifiuto dell’ex Primo Ministro Abdalla Hamdok di dimettersi. All’indomani di una notte durante la quale sono stati arrestati diversi ministri e consiglieri, si è assistito all’invasione militare del palazzo presidenziale di Khartoum. Al-Burhan ha quindi dichiarato lo stato di emergenza e posto fine al Governo di transizione democratica, in carica dalla caduta nel 2019 del regime di Omar al-Bashir. L’evento ha fatto venir meno la speranza che l’accordo di pace di Juba, ratificato il 31 agosto 2020 tra il Governo sudanese e il Fronte Rivoluzionario del Sudan, potesse condurre a rinnovamento e stabilizzazione della situazione politica. L’accordo ha sancito la fine della guerra civile perdurante da quasi due decenni, ma ha mantenuto sostanzialmente un clima di violenza e instabilità. Per fronteggiare la situazione gli operatori umanitari locali hanno inoltre chiesto alle Nazioni Unite di riprendere a dispiegare forze di pace nel territorio, a circa due anni dalla conclusione della missione in Darfur (UNAMID) insieme all’Unione Africana.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo del Consiglio Sovrano e delle Forze Armate sudanesi
2. IMPATTO E RIPERCUSSIONI SOCIO-ECONOMICHE DEL GOLPE
Il colpo di Stato militare non ha stupito la popolazione sudanese, tantomeno gli attori internazionali che intrattenevano impegnati nel Paese. È cresciuto enormemente e progressivamente il malcontento dei cittadini, che hanno cominciato sin dal principio a organizzare manifestazioni pro-democrazia, costantemente represse con violenza. La volontà di essere rappresentati da un Governo civile e la necessità di ottenere giustizia continuano ad animare questa significativa forma di resistenza non violenta, basata sull’intento di non collaborare con i militari. Le giustificazioni del golpe e le promesse dei suoi attuatori non sono bastate per mantenere viva l’illusione popolare che questa la strategia autoritaria fosse idonea a creare un sistema ordinato, trasparente ed efficiente. Le donne in particolare, dopo i relativi successi che hanno riscosso con le proteste messe in atto durante la transizione dopo al-Bashir, hanno vissuto l’evento con rammarico.
I principali fornitori di aiuti finanziari in Sudan, inclusa la Banca Mondiale, hanno deciso di sospendere o interrompere immediatamente l’erogazione a seguito del cambio di regime.
Fig. 2 – Proteste a Khartoum contro l’accordo del 2022 tra rappresentanti civili e militari, che secondo parte dell’opinione pubblica lascerebbe ancora troppo spazio ai golpisti
3. POSSIBILI SCENARI
Le fughe di capitali dovute a una sempre maggiore instabilità economica e politica sono state peraltro accompagnate da un aumento continuo delle spese militari, a discapito dei programmi per lo sviluppo economico sudanese. Il numero delle armi presente nel territorio cresce e alimenterà sempre più la criminalità. Con l’inasprirsi della crisi, sono tendenzialmente le minoranze etniche a pagare il maggior prezzo in termini di salute, istruzione e benessere generale, come è accaduto principalmente nella regione del Darfur.
L’Autorità statale è carente in termini di sicurezza, legittimità e capacità, con un allarmante malcontento popolare, e con proteste e violenza che si influenzano vicendevolmente. È fondamentale che la giunta militare che detiene il potere dimostri la volontà di ripristinare una credibilità ormai vacillante. L’esercito sudanese non ha infatti il controllo totale sul territorio, una circostanza ribadita recentemente in un accordo firmato nel 2022 dai rappresentanti militari e dell’opposizione civile che ha come obiettivo la stesura una Costituzione. La mediazione tra le parti, contestata da parti dell’opinione pubblica per il margine di manovra ancora concesso ai golpisti, rappresenta tuttavia una distensione che potrebbe portare a un futuro più democratico per il Paese. Le elezioni generali previste per il luglio 2023 saranno determinanti per il Sudan, senza considerare gli effetti che che potrebbero avere più in generale sul continente africano qualora fossero il primo passo di una transizione pacifica e democratica.
Alessia Capanna
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