In 3 sorsi – Un recente rapporto del Comitato ONU sulle sparizioni forzate ha riacceso i riflettori sulla tematica dei desaparecidos in Iraq, una ferita profonda che ripercorre la turbolenta storia del Paese dall’ascesa del partito Ba’th ai giorni nostri.
1. MEZZO SECOLO DI SPARIZIONI
Dal 1968 ad oggi centinaia di migliaia di persone sono scomparse in Iraq senza lasciare traccia. Il numero preciso è impossibile da confermare con certezza, ma le più recenti stime ipotizzano che i mafqudin (dispersi) siano tra 250mila e un milione. Si tratta di cifre che conferiscono all’Iraq il primato di uno dei Paesi con il più alto numero di persone scomparse al mondo. Ad aprile l’ONU ha pubblicato un rapporto che identifica cinque ondate di sparizioni negli ultimi 55 anni, ciascuna distinguibile per il proprio clima politico e la conseguente presa di mira di determinati settori della popolazione. La prima è durante il dominio del partito Ba’th. Per trentacinque anni il Ba’th, guidato da Saddam Hussein, agì per eliminare ogni minaccia al proprio potere da parte dell’opposizione, soprattutto la minoranza curda e la popolazione sciita. Il secondo periodo è quello dell’invasione e occupazione del Paese da parte della coalizione a guida statunitense (2003-11), in cui detenzioni arbitrarie e violenze per mano degli invasori e l’emergere di milizie armate ostili all’intervento occidentale provocarono la sparizione di centinaia di migliaia di iracheni. Proprio quelle milizie sunnite avrebbero contribuito all’emergere progressivo dell’ISIS, che, nel 2014, conquistò la città di Mosul e diede inizio a una sanguinosa guerra contro il Governo iracheno. È questo il terzo periodo delineato nel rapporto, che include le sparizioni provocate sia da Da’esh che da parte del Governo, delle milizie sciite e curde. Ci sono poi le sparizioni forzate durante le proteste tenutesi tra il 2018 e il 2020 ai danni di manifestanti di varie appartenenze etniche, e, infine, le detenzioni arbitrarie e sparizioni di vario tipo che ad oggi continuano a verificarsi nel Paese.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un gruppo di bambini iracheni espone le immagini dei propri familiari catturati dall’ISIS durante una manifestazione a Mosul nel 2018
2. L’INADEGUATEZZA DELLO STATO
Nel rapporto ONU, al Governo iracheno viene riconosciuto positivamente di non aver ignorato la questione delle sparizioni, menzionando alcune iniziative lanciate da Baghdad in merito – a partire dall’aver accettato di accogliere la missione della Commissione sulle sparizioni forzate, che ha permesso la stesura del documento. Nonostante ciò, si evidenzia la mancanza di una definizione legale del concetto di sparizioni forzate, e di un quadro legislativo che permetta di indagare adeguatamente questo tipo di reato. Alle lacune legali si somma l’assenza di un assetto istituzionale centralizzato con un mandato chiaro sull’argomento, capace di coordinare le azioni dello Stato. Attualmente le responsabilità relative alle sparizioni sono suddivise tra diciassette enti e vari livelli dell’esecutivo, con scarsa comunicazione tra Istituzioni (specialmente tra il Governo centrale e quello del Kurdistan iracheno). Continua a mancare anche un registro centrale per le sparizioni, e una burocrazia lenta e disorganizzata rende difficile persino la segnalazione di sparizioni da parte dei cittadini.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Una donna appartenente alla minoranza curda sciita mostra le immagini dei propri familiari scomparsi
3. IL RUOLO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
Il vuoto lasciato dall’inadeguatezza dell’azione statale è stato, nel corso degli anni, colmato in parte dalle Organizzazioni internazionali presenti sul territorio iracheno, come il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Un altro esempio è la Commissione Internazionale per le Persone Scomparse (ICMP), attiva in Iraq dal 2003, che collabora con le Istituzioni irachene per iniziative di capacity building e corsi di formazione tecnici, per esempio per l’identificazione di resti umani contenuti nelle fosse comuni disseminate per il Paese. Queste Organizzazioni supportano anche la società civile, impegnandosi a costruire un ponte tra le Istituzioni e i cittadini che da molti anni non hanno notizie sulla sorte dei propri cari. Infatti, oltre al dolore dovuto alle sparizioni stesse, la questione dei mafqudin ha avuto l’effetto di aumentare negli anni la sfiducia popolare nei confronti delle capacità dello Stato di risolvere i problemi dei cittadini. Una ferita che, invece di rimarginarsi, si espande e contribuisce all’instabilità e alla frammentazione sociale dell’Iraq.
Allegra Wirmer
Immagine di copertina: Photo by USArmy is licensed under CC BY-NC-SA