Caffè lungo – L’approfondimento delle relazioni tra Cina e Arabia Saudita segnala un progressivo engagement di Pechino nella regione mediorientale, la volontà di Riyadh di potenziare i propri legami con l’Asia e di svincolarsi da logiche di partnership binarie, nonché la convergenza di visioni tra i due Paesi sull’assetto dell’ordine internazionale.
DA COMPETITOR IDEOLOGICI A PARTNER COMMERCIALI
Quest’anno Cina e Arabia Saudita celebrano 33 anni di relazioni bilaterali: da un’iniziale periodo di reciproco disinteresse – nonché competizione ideologica – i due attori hanno successivamente approfondito le relazioni economiche, politiche e, recentemente, di sicurezza e allineamento strategico.
Tra il 1949 e il 1990 l’ostilità – prettamente ideologica – tra i due Paesi era alimentata dal sentimento anticomunista di Riyadh e, simultaneamente, dall’antimperialismo e dal rigetto della monarchia come assetto governativo da parte di Pechino. Esasperata da alleanze antitetiche durante la Guerra Fredda, suddetta ostilità comportò il sostegno da parte cinese della rivolta antimonarchica in Oman alla fine degli anni Sessanta e, in seguito, il voto di Riyadh contro l’accesso della Repubblica Popolare Cinese (RPC) alle Nazioni Unite e un bando sull’import cinese. Dal 1999 le relazioni economiche si sono progressivamente approfondite attraverso una serie di partnership e accordi commerciali, peraltro favorendo l’allineamento strategico e politico: proprio nel 1999, ad esempio, venne firmato un accordo di cooperazione per le risorse petrolifere, al quale seguirono una serie di accordi in ambito minerario, energetico e di investimenti tra il 2006 e il 2009. Contestualmente, in un periodo di forte promozione della democrazia e dei suoi valori da parte di Washington nella regione mediorientale, Riyadh cominciò ad apprezzare l’enfasi cinese su sovranità e non-interferenza. Il pilastro fondante del rapporto bilaterale è stato l’import da parte cinese – il più grande importatore di petrolio a livello mondiale – di greggio saudita. La relazione commerciale si è progressivamente diversificata attraverso la Comprehensive Strategic Partnerships del 2016, che tocca l’ambito politico, economico, militare, umanitario, energetico e militare. Come risultato, nel 2021 l’export di Riyadh ammontava a $48,7 miliardi verso la Cina, mentre l’export di Pechino verso Riyad raggiungeva i $29 miliardi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – La visita di re Salman in Cina nel marzo 2017
SICUREZZA, COOPERAZIONE MILITARE E ANTITERRORISMO
L’estensione della relazione bilaterale oltre la sfera economica è indicativa delle priorità geopolitiche cinesi nella regione di Medio Oriente e Nord Africa (MENA): nel 2017 la RPC ha infatti stabilito la prima base militare estera a Gibouti e, da quel momento, ha approfondito la cooperazione in ambito di esercitazioni militari, vendita di armamenti, misure antiterrorismo, sicurezza digitale e tech, spazio e aviazione con molti Paesi dell’area. L’Arabia Saudita non rappresenta un’eccezione: nonostante gli Stati Uniti mantengano il primato per la vendita di armi localmente, la RPC fornisce droni a Riyadh e, nel 2019, i due Paesi hanno collaborato a delle esercitazioni navali militari. In ambito di sicurezza regionale spiccano peraltro due ulteriori eventi guidati dalla RPC: nel marzo 2023 Pechino ha facilitato l’accordo tra Arabia Saudita e Iran. La mediazione di Pechino ha permesso di consolidare la crescente influenza politica cinese nella regione, proiettare il proprio leverage diplomatico vis-à-vis con Teheran e, infine, reiterare la crescente vicinanza tra la RPC e i Paesi dell’area. Il progressivo rapprochement politico – oltre che economico – segnala infatti una sostanziale convergenza di visioni per l’ordine e la sicurezza internazionale, nonché un allineamento tra Paesi che sostengono i principi di sovranità e non-interferenza. In secondo luogo, nello stesso mese Riyadh è divenuta membro osservatore della Shanghai Cooperation Organization (SCO), organizzazione intergovernativa a guida russo-cinese focalizzata su sicurezza, energia, antiterrorismo, anti-separatismo, commercio e connettività. La decisione saudita di unirsi all’Organizzazione – spesso vista come un’alternativa alle strutture politiche e di sicurezza occidentali – segnala un progressivo allontanamento dagli Stati Uniti – esacerbato dal crescente disengagement di Washington durante l’Amministrazione Biden, – nonché la volontà di Riyadh di estendere le proprie partnership ad altri Paesi membri della SCO.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – L’annuncio a Pechino dell’accordo diplomatico tra Iran e Arabia Saudita mediato dalla Cina, 10 marzo 2023
CONVERGENZA STRATEGICA: BELT AND ROAD INITIATIVE E SAUDI VISION 2030
L’approfondimento delle relazioni è infine favorito da progetti nazionali ad alto potenziale sinergico: la Belt and Road Initiative cinese – in particolare la Digital Silk Road, con focus su connettività digitale e progetti tech – è largamente compatibile con la strategia di sviluppo economico di Riyadh, la Saudi Vision 2030. Quest’ultima si pone come obiettivo la diversificazione economica del Paese, riducendo la dipendenza dalle esportazioni di greggio e sostenendo lo sviluppo di settori quali finanza, edilizia, minerali, sanità, manifattura e turismo. L’obiettivo di Saudi Vision 2030 è creare circa 6 milioni di posti di lavoro: cruciali per il successo del piano di sviluppo saranno gli investimenti cinesi, nonché l’expertise di Pechino in ambito fintech, infrastrutture digitali ed e-commerce. Un’altra iniziativa fortemente in linea con le priorità cinesi è il piano “1+2+3”, evidenziato peraltro dal China-Arab Policy Paper del 2016: il piano prevede di sviluppare infatti i settori di energia (“1”), infrastrutture e commercio ( “2”) ed energia nucleare, tecnologia ed energie rinnovabili (“3”). Suddetti progetti hanno già iniziato a guidare le iniziative di cooperazione tra i due Paesi, i quali hanno sigillato gli accordi tramite una serie di Memorandum of Understanding. Nel 2019, ad esempio, Huawei ha firmato un accordo con il Governo saudita e diverse aziende locali per la costruzione di smart cities, campus, reti infrastrutturali, autostrade e scuole. Pechino e Riyadh hanno infine dato un impulso agli scambi people-to-people, sempre in linea con gli obiettivi della Belt and Road. L’Arabia Saudita ha infatti promosso programmi per l’insegnamento della lingua cinese nelle scuole, mentre Huawei e altre maggiori compagnie cinesi hanno cominciato a educare gli impiegati circa la cultura araba, nonché a rispettare le necessità religiose dei propri impiegati sauditi.
Francesca Leva
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