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Riforma della giustizia israeliana: un terremoto politico

In 3 sorsiNegli ultimi mesi, Israele ha fatto da sfondo a una serie di proteste contro la decisione del Governo di Netanyahu di procedere con la controversa riforma giudiziaria, proposta a gennaio 2023.

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1. IL CONTENUTO DELLA RIFORMA

Definita per la prima volta il 4 gennaio, solo pochi giorni dopo l’insediamento del 37° Governo israeliano, la riforma è stata proposta dal Ministro della Giustizia israeliano Yavir Levin e dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, sostenuti dai partiti ultraortodossi. L’idea è nata dalla convinzione che il sistema giudiziario israeliano abbia acquisito nel tempo troppo potere, fino ad arrivare a pronunciarsi su un gran numero di materie, interferendo nell’attività di Governo.
Il 24 luglio, la Knesset, il Parlamento israeliano, si è espressa per l’approvazione dell’emendamento con un risultato di 64 voti favorevoli e 0 a sfavore, dal momento che l’opposizione parlamentare si è rifiutata di prendere parte alla votazione, lasciando la Camera al grido di “vergogna”.
La proposta prevede una serie di modifiche che limitano drasticamente il potere della Corte di Giustizia israeliana: prima tra tutte c’è l’obiettivo di far sì che il potere della Corte di bloccare dei progetti di legge del Parlamento venga ridimensionato, al punto che la Knesset possa votare a maggioranza semplice contro la decisione della Corte per ignorarne il parere. A seguire c’è la volontà del Governo di occuparsi della selezione dei giudici, anche di quelli che compongono la Corte Suprema, tramite l’aumento del numero dei suoi rappresentanti nel comitato che li nomina. Infine, c’è l’eliminazione dell’obbligo imposto per legge dei Ministri di rispettare i pareri dei loro consulenti legali, guidati dal Procuratore generale.
Nonostante i punti appena elencati sembrino già definire il cambiamento drastico che questo Governo vuole perseguire, ad aver suscitato particolare indignazione è stato l’emendamento di una delle Leggi fondamentali che contiene il criterio della ragionevolezza. Questo criterio, usato varie volte in passato, consiste in un vero e proprio strumento di controllo al quale la Corte di Giustizia israeliana poteva appellarsi per bloccare le decisioni del Governo ritenute dalla stessa “irragionevoli” (un esempio consistette nell’imposizione delle dimissioni di Deri dalla carica di Ministro degli Interni dopo la sua accusa per corruzione). Il criterio della ragionevolezza, infatti, permetteva un equo bilanciamento all’interno dello Stato israeliano, impedendo all’esecutivo di prevaricare le altre Istituzioni nell’esercizio dei propri poteri. Con l’emendamento del 24 luglio, la Corte di Giustizia israeliana ha perso ogni possibilità di far valere “l’irragionevolezza” come motivo di impedimento per l’adozione di un provvedimento legislativo.

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Fig. 1 – Gerusalemme, 3 agosto: Esther Hayut, capo della Corte Suprema israeliana e i giudici Uzi Vogelma e Isaac Amit guidano la sessione in cui si presenta ricorso per l’annullamento della legge

2. I BENEFICI PER IL GOVERNO ALLONTANANO IL CONCETTO DI DEMOCRAZIA

Non è difficile far risalire fin da subito la fretta di Netanyahu nel concludere la riforma a una poco celata volontà di far cadere le accuse a lui imputate di corruzione e frode. Fin dal momento in cui sono state avanzate nel 2019, infatti, il Primo Ministro ha sostenuto che il sistema giuridico israeliano fosse prevenuto nei suoi confronti: è per questo che l’idea di ottenere maggior controllo sulla nomina dei giudici e sul sistema giudiziario in via generale risulta estremamente appetibile.
La faccenda nel suo insieme implica una serie di dubbi sul futuro dello Stato israeliano e soprattutto sul suo potenziale allontanamento dal concetto di Paese democratico, con uno sbilanciamento di potere a favore dell’esecutivo. Anche il Presidente Herzog ha, infatti, manifestato una serie di “gravi preoccupazioni per gli impatti negativi sulle fondamenta democratiche dello stato di Israele” che la riforma potrebbe causare. Si tratta quindi di un allontanamento dall’ideale democratico (o la democrazia in Israele, in realtà, non c’è mai stata)? Per quanto sia difficile rispondere a questo quesito, è di certo facile invece sottolineare che i benefici abbiano superato i costi anche relativamente alla questione palestinese. Mairav Zonszein, senior analyst presso l’International Crisis Group, ha sottolineato in un’intervista per il Times come l’intera nozione di indebolimento della Corte Suprema abbia come scopo (anche) quello di creare una condizione di impunità per esercito e coloni, per continuare le politiche di annessione.

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Fig. 2 – Tel Aviv, 12 agosto: vista aerea delle manifestazioni contro la controversa legge per la riforma giurisdizionale

3. IL FERVORE DELLE PROTESTE DELL’OPPOSIZIONE

Fin dalla sua presentazione a gennaio, la popolazione israeliana sembra aver risposto con grande fervore alla riforma. Le tre principali città israeliane – Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa – sono subito state invase dalle proteste (con oltre 80mila persone soltanto nella prima) al grido di Governo criminale e “La fine della democrazia”.
Le proteste non si sono arrestate nemmeno dopo l’annuncio con cui Netanyahu, a fine marzo, sospendeva la proposta di riforma in attesa di ottenere un più largo consenso. I colloqui con l’opposizione si erano interrotti a giugno, portando alla decisione di procedere con l’emendamento.
I manifestanti – che hanno trovato supporto nei leader dell’opposizione israeliana, ma anche in diversi ex Procuratori generali e nel Presidente della Corte Suprema israeliana, Esther Hayut – continuano tutt’oggi nel loro intento di bloccare il compimento della riforma in ogni suo aspetto.
Sono state, inoltre, indirizzate al Governo una serie di petizioni per il blocco della proposta, ma su richiesta del Ministro della Giustizia Levin, la Corte Suprema ha accettato di posticipare l’udienza delle stesse al 19 settembre, dando al team legale di Levin tempo fino al 10 di questo mese per motivare la scelta governativa.

Alessia Mazzaferro

Immagine di copertina: “For Democracy” by alisdare1 is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Il 24 luglio è stato approvato l’emendamento della controversa riforma della giustizia sull’uso del cosiddetto “criterio della ragionevolezza”.
  • Netanyahu potrebbe beneficiarne per far cadere le accuse di corruzione contro di lui, ma il Presidente Herzog sembra spaventato dagli effetti anti-democratici di questa riforma.
  • Le città israeliane ospitano da mesi diverse proteste, ma numerose petizioni troveranno udienza il 19 settembre.

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Alessia Mazzaferro
Alessia Mazzaferro

Classe ’97, radici calabresi e cuore napoletano. È infatti a Napoli che ho preso la laurea triennale in mediazione linguistica e culturale, dedicandomi allo studio della lingua araba. Alla fine di questo percorso ho deciso di inseguire la mia passione per le relazioni internazionali e, sempre all’università L’Orientale di Napoli, ho conseguito la magistrale in Relazioni ed Istituzioni dell’Asia e dell’Africa con curriculum Medio Oriente e Nord Africa. A termine del mio percorso universitario ho trascorso un periodo di tre mesi a Luxor, in Egitto, dove ho effettuato un tirocinio presso una scuola di lingue. Attualmente inseguo il mio sogno: diventare un analista geopolitico per professione.

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