In 3 sorsi – Veterano delle Amministrazioni Jiang Zemin e Hu Jintao, Wang Huning è uno dei personaggi più importanti e allo stesso tempo più misteriosi della politica cinese. Professore e autore di diversi saggi, Wang è assurto all’Olimpo della macchina burocratica del Partito grazie all’innovatività e alla flessibilità delle proprie idee, su cui oggi poggia largamente la strategia di “rinascita” nazionale del Paese.
1. DA STUDENTE DI FRANCESE A FUNZIONARIO DI PARTITO
Direttore dell’Ufficio di Ricerca Politica presso il Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, Wang Huning occupa oggi una delle cariche più importanti del Paese. Asceso ai ranghi massimi del potere amministrativo, Wang, “cervello pensante” dell’ideologia cinese contemporanea, deve il proprio successo alla versatilità della propria proiezione ideologica, liturgia politologica par excellence. Solerte funzionario superstite di tre differenti Amministrazioni, ha ottenuto nel 1995 la benedizione dell’allora Presidente Jiang Zemin, dapprima individuato e supportato dalla “cricca di Shanghai”, informale gruppo politico strapotente in quegli anni e dominato proprio dalla figura di Jiang. Da professore universitario a funzionario, e da accademico a ideologo, Wang ha attraversato prima ancora il tumultuoso periodo maoista tenendosi a distanza di sicurezza dal clima torrido della Rivoluzione Culturale, concentrando le proprie attenzioni sullo studio del francese e della cultura politica occidentale. Ha redatto, in quegli stessi anni, una tesi sull’idea di sovranità concettualizzata dal teorico Jean Bodin, oltre che da Machiavelli e Locke. Nel 1985, ha ottenuto il ruolo di professore nella prestigiosa università Fudan di Shanghai, divenendo in questo modo il più giovane associato dell’intero Paese. I suoi scritti hanno, di lì a poco, attirato l’attenzione del Partito, dilaniato da una crisi sistemica di tipo ideologico che ne ha messo a repentaglio la stessa sopravvivenza con le manifestazioni di Piazza Tienanmen del 1989.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Wang Huning (al centro) durante il 14esimo Congresso Nazionale del Popolo, tenutosi a Pechino lo scorso marzo
2. LA ‘TERZA VIA’ E LA GENESI DEL ‘SOGNO CINESE’
Sono le sue idee ad aver assicurato al Partito la possibilità di ripartire da una “terza via”, prospettiva allo stesso tempo alternativa e conciliante rispetto alle tesi sostenute dai riformisti, da una parte, e dai marxisti più ortodossi, dall’altra. Sopravvissuto ai rimpasti amministrativi avvenuti con Hu Jintao, prima, e con Xi Jinping, poi, Wang si è riconfermato in questo senso uno degli elementi più saldi della strategia nazionale. Le sue tesi, imbevute di teleologia marxista e di fervore nazionalistico, sono oggi struttura portante del cosiddetto “sogno cinese”, declinazione in salsa geopolitica del sovranismo già lungamente coltivato in patria. Secondo tale prospettiva teoretica, soltanto attraverso un esplicito progetto di “rinascita” e di ricostruzione la Cina potrà completamente disfarsi delle umiliazioni infertegli tra il 1839 e il 1949 in egual modo da potenze occidentali e Impero giapponese e finalmente assurgere a potenza di rango mondiale.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Wang Huning (secondo da destra) insieme ai principali esponenti del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese nell’ottobre 2022. Al centro del gruppo, ovviamente, il Presidente Xi Jinping
3. WANG HUNING, IDEOLOGO IN CAPO
Un simile percorso di riconferma e ritrovamento passa necessariamente dallo sguardo e dalla guida del Partito, perno insostituibile per un potere nazionale in grado di trascendere le idiosincrasie interne. Chiaro è che, nel riaffermare il ruolo internazionale della Cina, si riconferma necessario anche ristabilire l’unità interna del Paese, summa di tutti quei territori che il sentire comune nazionale percepisce come propri, Taiwan incluso. Il “sogno”, inoltre, passa anche attraverso una proiezione della propria influenza a livello regionale, già materializzatasi nella costituzione di organizzazioni (come l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) e forum di dialogo volti al recupero di un ruolo da catalizzatore economico e politico nel continente asiatico. Dalla regione, la strategia coinvolge egualmente il globo, ristabilendo con un agile e forse azzardato richiamo alle antiche Vie della Seta, un rinnovato ruolo di motore commerciale di livello mondiale. Dalla politica interna alle relazioni esterne, dunque, il pensiero di Wang informa e converte in slogan spendibili e accattivanti policies adottate verticalmente dal Partito. Una attenta analisi delle sue pubblicazioni precedenti, interrotte bruscamente dall’ascesa politica, può sicuramente delucidare non poco sulla storia recente del PCC e sulla linea adottata tanto in politica interna (lotta alla corruzione compresa) quanto in politica estera dai massimi decisori della Repubblica Popolare.
Vanni Filloramo
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