In 3 sorsi – Hakan Fidan, Ministro degli Esteri turco, ha svolto in agosto un’importante visita ufficiale nelle città di Baghdad ed Erbil, confermando che l’Iraq resta una priorità assoluta della politica internazionale di Ankara in chiave energetica e securitaria.
1. ALL’ ORIGINE DEGLI INTERESSI TURCHI IN IRAQ
L’Iraq è un Paese di interesse capitale per la Turchia. Desiderosa di elevarsi al rango di media potenza, questa valuta come imprescindibile il controllo sul suo estero vicino, sia per espandere la propria proiezione internazionale, sia in chiave antiterroristica. Dopo il golpe militare in Turchia del 1980 e la repressione dei movimenti sovversivi che infiammavano gli ‘anni di piombo’ turchi, infatti, i guerriglieri del neonato Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) si sono riversati in Iraq. Inizialmente, il PKK nasceva come movimento armato separatista; oggi invece, ha abbracciato il confederalismo democratico teorizzato dal leader curdo Abdullah Öcalan e ha aperto anche a nuove forme di convivenza all’interno dei confini turchi.
In Iraq, con il benestare del Partito Democratico del Kurdistan, ora alla guida del Governo regionale curdo, i militanti del PKK hanno ottenuto il controllo di alcune aree al confine con la Turchia. Tuttavia, le pretese normative e territoriali della milizia hanno presto deteriorato le relazioni tra le due entità, che sono arrivate a fronteggiarsi durante la guerra civile curda irachena degli anni ‘90. Oggigiorno, quindi, la Regione Autonoma del Kurdistan iracheno si allea in chiave anti-PKK con Ankara (sfruttando tale alleanza anche come deterrente da eventuali mire espansionistiche iraniane); mal tollera però le migliaia di soldati turchi schierati sul suo territorio per combattere i seguaci di Öcalan.
Fig. 1 – Miliziani del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) trasportano dei fucili automatici per le montagne del Qandil (Nord dell’Iraq) dove si trovano le basi principali del PKK.
2. L’ AGENDA DELL’INCONTRO: TERRORISMO, ACQUA E PETROLIO
Hakan Fidan, ex dirigente dei servizi segreti turchi, sembrava la persona più adatta per curare gli interessi di Ankara in Iraq, non soltanto per la sua esperienza in fatto di intelligence, ma anche per la sua etnia di origine: curda. A lui è stato affidato il delicato compito di mediare lo sblocco delle forniture petrolifere, che fino a marzo scorso fluivano dal Kurdistan iracheno verso la Turchia. La decisione di esportare greggio era stata però presa autonomamente dal Governo Regionale del Kurdistan, senza il consenso di Baghdad; perciò, il Governo iracheno si è appellato a un arbitrato internazionale contro la Turchia, che è stata condannata al pagamento di 1,5 miliardi di dollari. La riapertura dei rubinetti è fortemente auspicata dai curdi di Erbil e da Ankara, povere di idrocarburi. Baghdad, dal canto suo, pressa la Turchia affinché rilasci mediante le sue dighe una quota maggiore di acqua nel Tigri e nell’Eufrate, i cui flussi sono ai minimi storici. Acqua contro petrolio, dunque. In chiave securitaria, poi, Fidan ha insistito affinché Baghdad riconoscesse il PKK quale gruppo terroristico, affermando che l’organizzazione starebbe tentando di unire i territori controllati in Iraq con quelli che governa in Siria. L’incontro, tuttavia, non ha portato ad apprezzabili risultati.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il ministro degli esteri turco Hakan Fidan incontra il leader curdo del KDP Masoud Barzani il 24 agosto 2023 ad Erbil (Iraq).
3. LA TURCHIA VUOLE LA STABILITÀ IN IRAQ
Nonostante le tensioni tra i due Paesi persistano (vedi il rinvio della visita di Erdoğan a Baghdad, inizialmente prevista per settembre), in futuro la Turchia continuerà a concentrare il proprio sguardo sull’Iraq. Memore dell’esito schiacciante del referendum per l’indipendenza della Regione Autonoma del Kurdistan iracheno del 2017 (mai attuata), il Governo turco preme affinché venga mantenuto il ritrovato accordo tra il governo regionale curdo e Baghdad, anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali: in dicembre si terranno le elezioni locali in Iraq, seguite da quelle parlamentari nella Regione Autonoma del Kurdistan iracheno nel febbraio 2024. Ankara vuole assicurarsi che in questo frangente l’Unione Patriottica del Kurdistan, partito in buoni rapporti col PKK, non riacquisti potere: ciò potrebbe compromettere non solo l’influenza dalla Turchia in Iraq, ma anche la sua sicurezza interna.
Arianna D. Fini Storchi
Immagine di copertina: “Middle_East_Map” by openDemocracy is licensed under CC BY-SA