In 3 sorsi – USA, Canada e Messico hanno appena firmato l’USMCA, trattato che riforma significativamente il NAFTA. Ci focalizziamo qui sul punto di vista del Canada e sulle conseguenze per il Paese.
1. PIANGERE SUL LATTE VERSATO?
La premessa è che per il Canada il commercio rappresenta una fonte di reddito fondamentale, tanto più quello che lo lega agli Stati Uniti: il 76% delle esportazioni canadesi sono dirette negli USA, mentre solo il 18% delle esportazioni statunitensi sono dirette in Canada. Trovare un accordo che stabilizzasse i rapporti economici nell’area nordamericana era dunque fondamentale per il Governo Trudeau.
Uno dei più importanti cambiamenti portati dal nuovo trattato riguarda il settore caseario e del pollame canadese. Ottawa ha fin dal 1972 protetto attivamente questo settore attraverso il sistema della gestione dell’offerta, fatto di quote, alti dazi e sostegno dei prezzi. L’USMCA obbliga ora il Canada a garantire un maggiore accesso ai prodotti statunitensi e a ridurre alcune politiche di sostegno dei prezzi. Questo ha comportato l’ira degli allevatori canadesi, e la Dairy Farmers of Canada ha affermato che 220mila lavoratori subiranno danni. Dal canto suo, Trudeau ha promesso compensazioni. Anche se questa novità rappresenta un chiaro punto a favore di Washington e uno a sfavore di Ottawa, ci sono alcuni aspetti da considerare. Il sistema di gestione dell’offerta è infatti giudicato come vecchio e inefficiente, portando a prezzi forzosamente alti che si scaricano sugli stessi consumatori canadesi. Inoltre altre fasce del settore primario non sono state toccate. Soprattutto, compensare chi subisce svantaggi dal commercio, piuttosto che ridurre i commerci per evitare che certe categorie vengano penalizzate, è una politica tradizionalmente consigliata dagli economisti. È tuttavia frequente che i Governi siano molto ricettivi nel proteggere lobby potenti come coltivatori e allevatori (settori che la stessa Washington massicciamente sussidia). La questione dell’USMCA non fa eccezione e quasi rappresenta un caso di scuola: Trump ha negoziato tenendo in alta considerazione l’elettorato rurale, mentre Trudeau rischia di subire alti costi politici.
Fig. 1 – Il settore caseario è stato uno dei punti caldi delle trattative
2. CINA, AUTO E DISPUTE SETTLEMENT: PRO E CONTRO
Altra novità importante è la clausola 32: se uno dei contraenti sta per avviare negoziati con uno Stato che non è economia di mercato, è obbligato a notificarlo agli altri due. Se poi un accordo fosse raggiunto e venisse disapprovato dagli altri due Paesi, questi avrebbero diritto a espellere tale contraente. La disposizione riguarda di fatto la Cina, ed è stata fortemente voluta dall’Amministrazione Trump per legare maggiormente a sé Messico e Canada. È stata vista come una grave limitazione di sovranità per Ottawa, che aveva peraltro già preso contatti con Pechino. Tuttavia i due Paesi hanno standard lontanissimi in materia di ambiente e lavoratori, difficilmente conciliabili, a maggior ragione, nell’idea di Trudeau di politica commerciale più “etica”.
Il mantenimento del meccanismo di risoluzione delle dispute, sgradito da Trump, rappresenta un punto a favore di Ottawa. Esso consente a un’impresa che sta subendo tariffe da parte di un Paese contraente di rivolgersi a un tribunale speciale. I produttori di legname canadesi ne avevano spesso beneficiato, ottenendo la rimozione delle barriere commerciali imposte dagli USA.
Altro possibile beneficio, o quantomeno sollievo, riguarda l’industria automobilistica. Le nuove disposizioni per il settore (in breve, l’alzamento delle regole d’origine e l’aumento dei salari minimi messicani) dovrebbero disincentivare la delocalizzazione e ridurre il rischio di ribassi nei salari, aspetti graditi alle zone manifatturiere del Canada. Bisogna però aggiungere che questo potrà comportare maggiori costi per i produttori canadesi, anche se questi potranno beneficiare di un clima economico più sicuro ora che il patto è stato raggiunto. Inoltre, Canada e Stati Uniti si sono accordati su una side letter (sostanzialmente un accordo aggiuntivo), che consentirà libero accesso a un maggior numero di auto e componenti canadesi: anche se Washington volesse imporre dazi, 2,6 milioni di auto canadesi all’anno ne verranno esentate. Grazie a questa side letter le esportazioni del Canada verso il vicino meridionale cresceranno del 40%. Qui entra in gioco un elemento di tipo più “diplomatico”. Comprensibilmente Trudeau aveva annunciato che non avrebbe firmato l’USMCA finché Washington non avesse rimosso i dazi su acciaio e alluminio. A Buenos Aires Trump ha invece confermato il mantenimento delle tariffe e la firma è comunque arrivata. Blindare questa side letter era infatti molto importante per il Canada: la tutela del settore automobilistico conta di più della soluzione della questione dei dazi. Trudeau aveva riprovato a ottenerne la rimozione, sottolineando anche l’importanza di una cooperazione sul recente problema dei licenziamenti della General Motors. I tentativi però non sono bastati, e l’opposizione conservatrice ha ora un motivo in più per criticare il premier per le troppe concessioni.
Fig. 2 – Il premier Justin Trudeau e il ministro degli Esteri Chrystia Freeland
3. CONCLUSIONI: L’ARTE DELLA DIPLOMAZIA COMMERCIALE
Un trattato commerciale può essere un chiaro esempio di come la diplomazia funziona: compromessi reciproci sono una leva fondamentale, ma contano anche i rapporti di forza dei Paesi che lo negoziano, e gli USA sono qui riusciti a far valere maggiormente peso e obiettivi. I trattati commerciali dovrebbero teoricamente portare una situazione di win-win, ma questo è difficilmente il caso. Per ottenere, o meglio, per preservare certe concessioni, il Canada ha dovuto cedere pedine pesanti. Tuttavia l’economia beneficerà della rinnovata stabilità commerciale, come dimostrato dai rialzi nella valuta e nelle azioni canadesi, e la priorità di Ottawa di preservare i propri commerci è stata mantenuta.
Antonio Pilati