In 3 sorsi – Tra il 1973 e il 1990, durante la dittatura militare in Cile, furono uccise 3.200 persone, mentre 1.162 detenuti risultano ancora oggi dispersi. A 50 anni dal golpe, il Presidente Gabriel Boric lancia il Piano nazionale di ricerca delle vittime di sparizioni forzate.
1. DEMOCRAZIA È MEMORIA E FUTURO
Lo scorso 30 agosto il Presidente cileno, Gabriel Boric, ha firmato un decreto che lancia il Piano nazionale di ricerca delle vittime di sparizioni forzate durante la dittatura di Augusto Pinochet (1973-1990). Il Piano ha come obiettivo quello di tracciare il percorso della scomparsa delle vittime, garantire accesso alle informazioni e la partecipazione dei familiari ai processi di ricerca, fare in modo che lo Stato collabori con le indagini giudiziarie e accertare le responsabilità penali. Dopo 50 anni di lotte personali attraverso ogni tipo di protesta, dagli scioperi della fame ai ricorsi legali in tribunale, per la prima volta le famiglie delle vittime potranno contare su una squadra tecnica e professionale, oltra all’appoggio dello Stato. Boric ha presentato il Piano attraverso queste parole: “Sono convinto che la democrazia è memoria e futuro […] fu lo Stato a pianificare ed eseguire i crimini, ed è lo Stato che deve farsi carico della ricerca della verità”.
Fig. 1 – Il presidente del Cile Gabriel Boric tiene un discorso durante un evento ufficiale per commemorare il 50° anniversario del colpo di Stato militare. 11 settembre 2023, Santiago
2. LA DITTATURA DI PINOCHET E I DESAPARECIDOS
Dopo il golpe di Stato dell’11 settembre 1973, che pose fine al Governo del socialista Salvador Allende, il Paese ha vissuto 17 anni di dittatura militare. Gli arresti iniziarono durante il Golpe, e già nel 1978 le Nazioni Unite avevano condannato le violazioni dei diritti umani, le sparizioni per motivi politici e le torture messe in atto dal governo. Secondo i dati ufficiali, 200mila cittadini furono costretti a esiliarsi e 28mila oppositori furono torturati. Secondo il Ministero della Giustizia, durante la dittatura ci furono 40.179 vittime, tra assassinati, scomparsi, prigionieri politici e torturati, come stabilito da due commissioni per la verità. Fino all’11 settembre 2023 (giorno dell’inizio del Piano nazionale) la ricerca dei dispersi è stata effettuata quasi esclusivamente dalle famiglie. Sono stati ritrovati solo i resti di 307 persone, mentre mancano all’appello altre 1.162.
Fig. 2 – Esposizione di fotografie dedicate alla commemorazione delle vittime della dittatura militare al Museo della memoria e dei diritti umani a Santiago
3. A 50 ANNI DAL GOLPE, UN PAESE DIVISO CON FERITE APERTE
Era ottobre 2019 quando le proteste travolsero le strade del Cile e riportarono alla luce le fratture e le ferite non ancora sanate, ereditate dagli anni della dittatura. Il modello economico neoliberale, che relega lo Stato a un ruolo sussidiario nella vita sociale ed economica rispetto all’iniziativa privata, ha creato un paese diviso e con profonde disuguaglianze sociali. La reazione del Governo che ha sedato le manifestazioni con violenza, attraverso l’intervento dei carabineros, non ha fatto altro che acuire le tensioni e accrescere le divisioni. Nonostante il popolo cileno sia riuscito ad ottenere la possibilità di cambiare il testo della Costituzione adottata durante la dittatura nel 1980, ad oggi questo processo non si è ancora concluso. Mezzo secolo dopo il colpo di stato militare, il Cile è ancora diviso tra chi difende e chi ripudia la dittatura. Inoltre, nonostante governi una coalizione di sinistra con esponenti politici resi noti durante le proteste del 2019, l’assemblea costituente recentemente eletta è a maggioranza conservatrice.
Erika Pozzuto
“Chile – Aniversario 34 años del 11 de septiembre de 1973” by rodrigodizzlecciko is licensed under CC BY-NC-SA