In 3 Sorsi – L’introduzione di dazi doganali per le compagnie della Transnistria ha acuito la tensione tra Chisinau e Tiraspol. A fronte di una situazione economica sempre più difficile e la maggiore assertività del Governo moldavo, il Congresso della Transnistria ha richiesto aiuto alla Russia.
1. IL CONGRESSO DELLA TRANSNISTRIA CHIEDE PROTEZIONE AL CREMLINO
Il 28 febbraio il Congresso dei Deputati della Transnistria si è riunito a Tiraspol in un contesto di crescenti tensioni. L’evento, presenziato da circa 600 politici locali, si è concluso con l’adozione di una risoluzione rivolta al Consiglio della Federazione e alla Duma, la camera alta e bassa del Parlamento russo, per richiedere misure volte a proteggere la regione dalla crescente pressione del Governo moldavo. La decisione di tenere il Congresso ha fatto seguito all’introduzione di dazi doganali sulle merci da e verso la Transnistria, in merito alla quale Vadim Krasnosel’skij, il capo di Stato della regione separatista, ha accusato Chisinau di imporre un blocco economico. Le Autorità moldave hanno dichiarato che il nuovo Codice doganale, in vigore dal 1° gennaio, è in linea con gli impegni presi con l’Unione Europea al momento della candidatura e serve a garantire un trattamento uguale a tutte le compagnie sulle due sponde del fiume Dnestr – quelle moldave non godono dell’esenzione dai dazi.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Congresso dei Deputati della Transnistria, riunitosi a Tiraspol lo scorso 28 febbraio
2. GLI EFFETTI DELLA GUERRA: CHISINAU MIRA ALL’EUROPA ED È IN POSIZIONE DI FORZA
La Transnistria è una striscia di terra tra Moldova e Ucraina abitata da circa 470mila persone, di cui 220mila di nazionalità russa. La regione dichiarò la scissione nel 1990 e gruppi ribelli si scontrarono con le forze moldave fino al 1992, quando il cessate il fuoco fu concordato con la mediazione della Russia. La Transnistria ottenne l’indipendenza – benché tutt’ora nessuno Stato la riconosca – e, da allora, la situazione tra Chisinau e Tiraspol è rimasta congelata. L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, tuttavia, ha portato radicali cambiamenti politici ed economici. Innanzitutto ha ulteriormente spinto la Moldova verso l’Unione Europea. A luglio 2022 il Paese ha ottenuto lo status di candidato e, a dicembre 2023, l’UE ha ufficialmente deciso di avviare i negoziati, tacitamente imponendo di risolvere la questione con la Transnistria. Sebbene la Presidente Maia Sandu abbia aperto alla possibilità di entrare senza la regione e l’UE non abbia escluso l’adesione con questa modalità, in pratica la riunificazione renderebbe il processo più semplice. In secondo luogo, i cardini del modello economico della Transnistria – gas russo gratuito rivenduto sui mercati UE – hanno iniziato a sgretolarsi. La chiusura del confine da parte di Kiev dopo l’invasione ha bloccato i commerci con la regione secessionista, e consegnato a Chisinau il totale controllo delle sue importazioni ed esportazioni – può dunque decidere anche quanto gas inviarle. Infine, in maniera cruciale, la Moldova ha diversificato le proprie fonti energetiche e si è liberata dalla dipendenza dal gas russo. Di conseguenza, non è più vulnerabile alle minacce di Mosca. L’introduzione dei dazi è stata possibile grazie a ciò.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – La Presidente moldava Maia Sandu durante una recente visita in Ucraina, novembre 2023
3. LA REAZIONE RUSSA, LE AMBIZIONI SUL MAR NERO E IL RISCHIO DI GUERRA IBRIDA
L’adozione della risoluzione da parte del Congresso ha segnalato un picco di tensione con Chisinau. Il Governo moldavo ha tentato di minimizzare l’evento dichiarandolo un tentativo di provocare isteria. Il Ministro degli Affari Esteri russo Sergey Lavrov ha invece commentato che la protezione degli interessi degli abitanti della Transnistria rappresenta una priorità. Tale dichiarazione, insieme ad altre rilasciate nelle settimane precedenti al Congresso da esponenti del Cremlino, tra cui un avvertimento di “scenario militare”, ha destato preoccupazione tra i Paesi occidentali per via della analoga retorica utilizzata prima dell’annessione della Crimea e dell’intervento in Donbass. L’interesse verso l’indipendenza della regione separatista è legato alle ambizioni sul Mar Nero, per la Russia di grande importanza commerciale e militare. Nello specifico, la creazione di un corridoio che colleghi la Transnistria al territorio russo attraverso l’Ucraina meridionale. Al momento, tuttavia, un intervento militare sembra improbabile. Come sostiene il report pubblicato dall’Institute for the Study of War, i 1.500 soldati russi ancora stazionati nella regione amministrata da Tiraspol, ufficialmente per una missione di peacekeeping, non rappresentano una minaccia. Inoltre, l’invio di truppe e mezzi ausiliari sarebbe complicato per questioni logistiche. Si può dunque supporre che le dichiarazioni da parte di Mosca servano lo scopo di destabilizzare la situazione al fine di prevenire l’adesione della Moldova all’UE. Secondo il documento, il Cremlino potrebbe lanciare un’operazione ibrida nella regione di lingua russa intesa a creare il pretesto per un futuro intervento qualora lo ritenesse necessario.
Lorenzo Asquini
“Russian Peace Keeping soldiers” by Clay Gilliland is licensed under CC BY-SA