In 3 Sorsi – Dopo settimane di tensioni politiche ieri il Senegal è andato al voto. Al momento risulta avanti Bassirou Diomaye Faye, candidato del partito di opposizione Pastef scarcerato di recente grazie a un’amnistia del Parlamento.
1. SENEGAL, LA CRISI CHE HA MESSO A RISCHIO LA DEMOCRAZIA
Negli ultimi mesi il Senegal, considerato ormai l’ultima democrazia dell’Africa Occidentale, ha iniziato a vacillare in seguito alla decisione del Presidente Macky Sall di rinviare le elezioni per scegliere il suo successore in carica.
La decisione di Sall, inizialmente respinta dalla Corte Costituzionale e da molti considerata un attacco mirato alla democrazia, è stata convalidata dal Parlamento, che ha rimandato le elezioni presidenziali inizialmente previste per il 25 febbraio.
Sono in tanti a pensare che l’escamotage messo in atto da Sall non fosse altro che il disperato tentativo di modificare la Costituzione al fine di prolungare la propria permanenza al potere, avendo raggiunto il limite massimo dei due mandati.
Il fattore scatenante che ha trascinato il Paese in quella che è stata definita “una crisi istituzionale senza precedenti”, è stato il timore che il partito radicale Patriotes du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité (Pastef) di Ousmane Sonko, condannato a otto capi di imputazione, potesse vincere le elezioni nonostante il leader si trovasse in carcere da oltre un anno.
Già a giugno dello scorso anno il Senegal era piombato nel caos quando l’arresto di Sonko, accusato di violenza sessuale, era stato stato definito un complotto dai suoi sostenitori. Ne erano seguiti violenti scontri per le strade della capitale Dakar, con le Forze dell’Ordine intervenute con l’uso di gas lacrimogeni e un bilancio di decine di vittime e centinaia di feriti.
Il 49enne Sonko è uno dei principali oppositori di Sall ed è noto soprattutto per le sue battaglie contro la corruzione statale, che hanno avuto una notevole risonanza in tutto il Senegal, soprattutto tra i piĂą giovani.Â
Da febbraio, le proteste nei confronti di Sall e a favore della democrazia si sono intensificate, specialmente nei dintorni di Dakar, anche in seguito alla decisione delle Autorità di bloccare l’accesso a internet per garantire l’ordine pubblico.
Fig. 1 – Il Presidente senegalese Macky Sall
2. IL TENTATIVO DI DIALOGO TRA LE FAZIONI E IL VOTO DEL 24 MARZO
Dopo settimane di tensioni, lo scorso 6 marzo il Presidente Sall ha finalmente annunciato la data delle elezioni presidenziali, che si sono tenute domenica 24 marzo e alle quali non si è ricandidato per il terzo mandato. Al momento, i primi dati mostrano in vantaggio Bassirou Diomaye Faye del Pastef, compagno di partito di Sonko, seguito dall’ex Primo Ministro Amadou Ba, con un’affluenza del 71%. Se nessun candidato conquisterà la maggioranza assoluta, il Senegal tornerà alle urne per il ballottaggio, la cui data non è stata ancora individuata.
Così come Sonko, anche Faye, inizialmente esclusi dalle elezioni con l’accusa di associazione a delinquere e incitamento all’insurrezione, sono stati scarcerati la notte del 14 marzo.
Entrambi hanno beneficiato di un’amnistia del Parlamento su esplicita richiesta del Presidente Sall, che ha giustificato la decisione con l’intento di allentare le tensioni nel Paese. Il rilascio è stato accolto in maniera positiva da parte dei sostenitori, che la notte del loro rilascio sono scesi in piazza per festeggiare.
Nonostante Sonko sia stato escluso dalle elezioni, il progetto del Pastef è passato nelle mani di Faye, che si trova in una posizione più che mai favorevole grazie all’ampio consenso da parte della popolazione.
Con la sua retorica panafricanista di sinistra si presenta come il candidato ideale per il cambiamento del sistema, con tutte le carte in regola per salire al potere.
Nonostante i colpi di scena delle ultime settimane, il Governo in carica appare più che mai instabile. Le mosse politiche messe in atto da Sall per vincere le elezioni gli si sono ritorte contro e a pagare il prezzo più alto è Amadou Ba, il successore al potere designato dal partito Alliance pour la République, che ha ormai perso qualsiasi credibilità agli occhi dei cittadini oltre che il sostegno degli elettori.
Sono stati 19 i candidati alle elezioni di domenica 24 marzo, dalle quali sono rimasti esclusi, oltre il leader dell’opposizione Sonko, anche Kari Wade, figlio dell’ex Presidente Abdoulaye Wade, e Rose Wardini, entrambi a causa della doppia nazionalità , franco- senegalese, non ammessa dalla Costituzione per chi si candida alle presidenziali.
Fig. 2 – Il candidato dell’opposizione Bassirou Diomaye Faye alla chiusura della campagna elettorale
3. VACILLA L’INFLUENZA FRANCESE IN SENEGAL
La crisi politica in Senegal desta non poche preoccupazioni a livello europeo e in particolare in Francia, che si è vista puntare il dito contro da numerosi giornali locali per aver sostenuto il Presidente in carica con lo scopo rafforzare i propri interessi politici e commerciali nel Paese.
Non è un mistero, infatti, che Parigi abbia da sempre mantenuto nella ex colonia africana importanti accordi diplomatici e strategici, compresa una base militare a Dakar, rischiando adesso di diventare ancora una volta il capro espiatorio della crisi politica in atto.
Lo stesso Macron ha espresso pubblicamente in diverse occasioni la propria vicinanza al Presidente Sall, definendolo un amico e importante alleato della Francia.
Una alleanza “scomoda” che nel 2021 è stata la causa delle violente proteste esplose in tutto il Paese con un chiaro intento “anti-francese”, un malcontento popolare che ha visto nella ex potenza coloniale la causa principale della crisi economica e sociale in corso. Â
Sono in tanti a pensare che una delle ultime vetrine democratiche del continente africano sia stata ancora una volta calpestata, con il pericolo di essere definitivamente compromessa per lasciare il posto a un regime autoritario.
In un momento nel quale l’influenza francese è respinta dall’Africa Occidentale anche con golpe militari e con attentati terroristici che hanno attraversato la regione del Sahel, Parigi sembra più che mai determinata a mantenere la propria posizione strategica in Senegal, nonostante le richieste da parte dei cittadini di un radicale cambiamento politico a favore di un regime democratico.
In Africa il sistema politico senegalese ha da sempre rappresentato un baluardo stabile in un panorama di sistemi democratici imperfetti, corrotti e instabili.
Quello che accadrà nelle prossime elezioni sarà determinante per il futuro del Paese: un cambio di rotta è assolutamente necessario se si vuole evitare che anche l’ultimo tassello di democrazia nel Sahel venga soffocato per lasciare posto a una guerra civile.
Alessia Tolu
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