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Introduzione ad armi nucleari e deterrenza (3)

Analisi – Perché parlare di armi nucleari? Serve essere più consapevoli di ciò che davvero implica trattare questo argomento. Riflettiamo qui sul ruolo delle armi nucleari non strategiche.

IL RUOLO DELLA DETERRENZA

Nel momento in cui le potenze nucleari si rendono conto che non è possibile vincere una guerra nucleare lanciando missili – perché l’impossibilità di distruggere tutto l’arsenale nemico prima che risponda, tramite assured second strike capability, implica la distruzione reciproca – il ruolo delle armi nucleari strategiche sostanzialmente cambia.
Il ruolo di deterrenza (e non di capacità di attacco a sorpresa) diventa a questo punto predominante e avanza anche il concetto che in caso di uso limitato dell’arsenale altrui (o di attacco convenzionale particolarmente minaccioso) non sia necessario per forza una rappresaglia totale, ma una risposta selettiva e mirata (una o poche testate per “comunicare” all’avversario che deve fermarsi).
A causa di ciò, da un lato un principio base che fin dagli anni Settanta del XX secolo (con Brezhnev da una parte e Nixon dall’altra) inizia a consolidarsi è che le armi nucleari strategiche non abbiamo piĂą un ruolo differente dalla deterrenza in un conflitto. Dall’altro lato questo però rafforza la necessitĂ  di disporre di un arsenale convenzionale per vincere eventuali conflitti, cosa che durante la Guerra Fredda portò alle varie corse agli armamenti.

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Fig. 1 – Bombardiere russo Tu-22M Backfire, potenzialmente capace di portare missili nucleari

LE ARMI NUCLEARI NON STRATEGICHE

Un processo analogo tocca le armi nucleari non strategiche, cioè quelle impiegabili direttamente sul campo di battaglia (quelle che generalmente chiamiamo “armi nucleari tattiche”).
Sono sempre state parte dell’arsenale nucleare, con l’idea che potessero essere usate sul campo di battaglia in caso di guerra: per chi attacca per aprire varchi nelle difese (distruggendo installazioni ben protette e grandi masse di nemici), per chi difende per distruggere grandi masse di attaccanti ed evitare o fermare sfondamenti del fronte. Tali opzioni rappresentano un uso più mirato e soprattutto portano con sé l’aspettativa che l’uso tattico non necessariamente porti a un successivo scambio (leggi: botta e risposta) di armi nucleari strategiche.
Tuttavia va tenuto presente che fin dal principio si ipotizzava che solo l’uso in massa di armi nucleari tattiche potesse essere efficace, dato il limitato potere distruttivo. L’impiego di un solo ordigno infatti non potrebbe cambiare sensibilmente la situazione sul campo e avrebbe solo effetto emotivo o di “comunicazione” all’avversario del rischio di un’escalation peggiore. E, analogamente, al caso dell’arsenale strategico, l’idea che fosse possibile vincere una guerra del genere venne poi soppiantato dalla realizzazione che anche un uso relativamente ridotto di armi nucleari tattiche avrebbe creato una desolazione nucleare rendendo impossibile combattere in primis e successivamente inutile ogni conquista o difesa.
In definitiva, se la rappresaglia reciproca aveva reso impossibile lanciarsi missili, la possibilità di entrambi di usare armi nucleari tattiche rendeva impossibile usare anche queste ultime. E anche in questo caso l’arma nucleare tattica passa da “arma da impiegare in guerra” a “strumento di deterrenza” – non la uso perché temo che poi la userebbe anche l’altro e tutti perderemmo. Al tempo stesso, mantenendo il mio arsenale segnalo all’altro che se provasse a usarle poi potrei farlo anche io.

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Fig. 2 – Base Aerea di Aviano, dove sono custodie alcune bombe nucleari secondo gli accordi di Nuclear Sharing

‘ABBANONDATI’ O ‘IN TRAPPOLA’?

Questo crea però due problemi che, pur diametralmente opposti, sono entrambi presenti in contemporanea. I Paesi di confine, che quindi più necessitano della deterrenza nucleare per non essere invasi e/o distrutti, sono anche i Paesi che più ne subirebbero le conseguenze se tali armi venissero impiegate davvero. Quindi esiste da un lato una paura di “abandonement” (gli alleati, USA in primis per la NATO, potrebbero abbandonarci e toglierci la protezione del loro ombrello nucleare se non volessero rischiare la guerra nucleare per noi) e dall’altro la paura dell’”entrapment” (rimanere in trappola e subire gli effetti delle armi nucleari sul proprio territorio se la deterrenza fallisce e le potenze maggiori decidono di usarle).
Non solo però… perché è qui che si innesta un altro aspetto chiave. Questa assicurazione magari garantisce che non ci sia una guerra nucleare… ma che succede se temo che, in caso di guerra convenzionale, l’altro sia troppo più forte per me? Cioè che succede se il mio arsenale convenzionale non ha sufficienti elementi di deterrenza per evitare la guerra? Meglio allora trovare un modo per sconsigliare comunque all’altro di farmi guerra direttamente.
Per molti Paesi dotati di armi nucleari (e questo include sia l’URSS prima e la Russia oggi, sia la NATO), le armi nucleari non strategiche portano con sĂ© anche un certo grado di ambiguitĂ  nel quando potrebbero essere utilizzate. Quando pensiamo alle domande e ai dubbi su quando e come la Russia potrebbe impiegare il proprio arsenale, va ricordato che possiamo comprenderne i meccanismi per non essere oltremodo terrorizzati, ma il rischio non può mai essere azzerato: questo proprio perchĂ© i Russi restano volutamente ambigui. La cosa non deve sorprendere perchĂ© l’intero concetto di deterrenza si basa su una certa dose di trasparenza (mostro, tramite esercitazioni, di cosa sono dotato), comunicazione (ti dico quali sono i rischi e ti comunico quando potrei usarle) e ambiguitĂ  (non essendo totalmente trasparente e chiaro, ti impedisco di fare calcoli precisi per evitare la mia risposta, così sei costretto a trattenerti)

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Fig. 3 – F-16 belga impegnato nell’esercitazione nucleare NATO STEADFAST NOON

LA NATO E L’ARMA NUCLEARE


nalogamente, anche la NATO usa una politica di ambiguità circa le condizioni di impiego delle proprie armi nucleari non strategiche. Il perché è spiegato proprio nei documenti NATO: servono per “fulfil an essential role by ensuring uncertainty in the mind of any aggressor about the nature of the allies’ response to military aggression” (“adempiere a un ruolo essenziale nell’assicurare un certo grado di insicurezza nella mente di ogni aggressore circa la natura della risposta degli alleati all’aggressione militare”).
Se mi attacchi, potrei anche usarle. Quindi non attaccarmi. Non è diverso da quanto fa Vladimir Putin tutte le volte che lo minaccia, ma appare evidente dai fatti e da come venga impiegata questa ambiguità che per la NATO lo scopo sia difensivo, mentre per la Russia offensivo.
Se da un lato però progressivamente la rivoluzione negli affari militari portata dalle armi di precisione ha reso sempre meno rilevante l’arsenale nucleare non strategico, in particolare per la NATO (si possono ottenere risultati anche piĂą efficaci con normali armi e missili), non per tutti è così: per la Russia attuale servono proprio da equalizzatore di forze convenzionali che la Russia stessa non considera alla pari dell’apparato militare NATO. Idem per Paesi come la Corea del Nord. Il ruolo cioè è di prevenzione non della guerra nucleare… ma anche di prevenzione di alcuni scenari convenzionali non desiderati.
Con la fine della Guerra Fredda gran parte dell’arsenale non strategico NATO in Europa è stato smantellato (tutti i proiettili di artiglieria e missili, 80% circa delle bombe aria-terra), ma rimane sotto forma di bombe che possono essere portata da aerei. Si pensava anche non fossero più necessarie, ma gli accordi di Nuclear Sharing (per i quali alcuni Paesi NATO non nucleari, tra cui l’Italia, ospitano armi nucleari tattiche USA e hanno cacciabombardieri capaci di impiegarle) rimasero perché ricoprivano anche un secondo ruolo di condivisione e legame dell’alleanza: “provide an essential political and military link between the European and the North American members of the alliance” (“fornire un legame politico e militare essenziale tra i membri europei e nordamericani dell’alleanza”).
Dal 2014, il ruolo di deterrenza da determinati scenari è ovviamente tornato rilevante. A sua volta, la Russia usa lo stesso principio per cercare di evitare il coinvolgimento diretto della NATO e, analogamente, cerca modi meno diretti per minare la coesione NATO (e quindi l’eventuale risposta militare).
Rimane sempre rilevante inoltre il dibattito tra rischi di abandonement (che succede se Trump si ritira dalla NATO? Che succede se la Francia non condivide il proprio ombrello nucleare?) ed entrapment (che succede se l’altro le usa davvero? Oltre a discorsi del tipo “non vogliamo armi nucleari sul nostro suolo!”), cosa che impatta notevolmente un aspetto scomodo ma essenziale: l’altro crede che io sia disposto a usare le armi nucleari se lui lo fa? E se non lo crede, questo alza il rischio che provi a usarle o che comunque mi attacchi? SarĂ  il prossimo tema.

Lorenzo Nannetti

Fonti:

  • B. Tertrais, “Pax Atomica? ThĂ©orie, pratique et limites de la dissuasion”, Odile Jacob (2024)
  • A. Futter, “The Politics of Nuclear Weapons”, Palgrave Macmillan (2021)
  • G.Barrass, “The Great Cold War. A Journey Through the Halls of Mirror”, Stanford University Press (2009)

Sulla dottrina NATO sulle armi nucleari non strategiche e il dibattito in Europa:

  • AA.VV. (edited by U.KĂĽhn), “Germany and Nuclear Weapons in the 21st Century. Atomic Zeitenwende?”, Routledge (2024), in particolare il capitolo 4 by T.Bunde, “Nuclear Zeitenwende(n). Germany and NATO’s Nuclear Posture”

Sulla modernizzazione dell’arsenale nucleare tattico NATO in Europa:

313/4-CR an AMD Mirage 2000N Nuclear Bomber of the French Air Force’s EC.03.004 ‘LIMOUSIN’ based at BA116 Istres-Le TubĂ©” by Jerry Gunner is licensed under CC BY 2.0.

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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