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Introduzione ad armi nucleari e deterrenza (4)

Analisi â€“ PerchĂ© parlare di armi nucleari? Serve essere piĂą consapevoli di ciò che davvero implica trattare questo argomento. Riflettiamo qui sugli aspetti che coinvolgono la volontĂ  o meno di usarla: dottrina e credibilitĂ .

COSA RENDE SOLIDA LA DETERRENZA

Il fatto che le armi nucleari siano state progressivamente ricondotte soprattutto a un ruolo di deterrenza porta a riflettere circa cosa renda solida tale deterrenza.
In un articolo comparso su Vanity Fair relativamente alla visita all’interno di un SSBN statunitense, il giornalista cita la professionalitĂ  di un equipaggio pronto a sparare davvero i missili armati di testate nel caso arrivi l’ordine. Questo tipo di determinazione suona aliena all’opinione pubblica italiana, perchĂ© appare come l’evidenza di una “pazzia” riguardo a qualcosa che non dovrebbe nemmeno essere nominato. Quello che invece va compreso è che tutto questo è necessario proprio per assicurare che non vengano usate.
Il politologo ed esperto di deterrenza nucleare francese Bruno Tertrais, attualmente responsabile della Fondation pur la Recherche Strategique, afferma che una deterrenza efficace risiede in quella che lui definisce una “formula magica” composta da tre aspetti:

  • Potente capacitĂ  nucleare (la mia forza nucleare deve esistere avere una potenza sufficiente ad essere ritenuta efficace – cosa che si lega a quanto detto nelle puntate precedenti, ma anche a un aspetto che affronteremo in futuro).
  • Intenzioni credibili in maniera dimostrabile (l’avversario deve avere prove che tu sia serio nell’avere un programma nucleare e renderlo efficiente).
  • Una volontĂ  percepita di usare le armi nucleari.

Analogamente, Andrew Futter, nel suo libro seminale “The Politics of Nuclear Weapons”, riassume tutto questo in due parole: capacitĂ  e credibilitĂ . CapacitĂ  di fare una certa cosa, e credibilitĂ  della minaccia. In altre parole, se vuoi che le armi nucleari non vengano usate l’altro deve credere che tu ne abbia, siano efficienti, e tu sia pronto a usarle davvero.
Vanno sottolineati due aspetti: si parla di “una volontà percepita” e che “l’altro deve credere”. Gran parte della deterrenza infatti si basa sulla sicurezza, da parte di una potenza nucleare, che l’altro risponderà a un mio attacco.

Fig. 1 – Il tema della comprensione (o meno) delle intenzioni altrui è un tema molto rilevante per gli aspetti strategici anche non nucleari

CAPACITĂ€ E CREDIBILITĂ€

Per citare un recente lavoro di Polina Sinovets e Aderito Vicente pubblicato sempre dalla Fondation pour la Recherche Strategique, la deterrenza possiede “una natura inerentemente psicologica. Assomiglia a un gioco di poker, non di scacchi, che mira a prevenire l’aggressione attraverso la minaccia credibile di rappresaglia. In definitiva, l’efficienza della deterrenza dipende dal fatto che l’avversario creda a tale minaccia”.
Un primo aspetto riguarda le armi nucleari stesse. I primissimi missili nucleari utilizzavano carburante liquido, che però è altamente corrosivo. Per questo motivo era impossibile caricare i missili anzitempo con il carburante: serviva farlo solo in occasione dei test o dell’utilizzo. Il processo però può prendere anche ore, cosa che li rende vulnerabili (il nemico può distruggerli prima che siano pronti). Le cose sono cambiate con l’impiego di carburante solido, che può essere sempre sul missile. Ora tutti i missili nucleari hanno carburante solido e ogni avversario sa che sono perciò pronti al lancio in tempi brevissimi, assicurandone il ruolo deterrente.
Analogamente, anche secondo i trattati di riduzione e controllo delle testate nucleari ogni missile in uso spesso ha almeno una testata sempre montata: sono meno di quelle teoricamente (se usa MIRV), cosa che riduce la pericolositĂ , ma assicura anche che i missili siano comunque pronti nel loro ruolo (caricare altre testate prende tempo, problema analogo a prima).
Inoltre siamo in uno di quei casi (tipico delle crisi internazionali) in cui ciò che conta non è tanto ciò che l’avversario farà… ma ciò che gli avversari credono possa fare. Ma come costruire questa impressione negli altri? E come evitare che l’altro magari ecceda dall’altra parte, credendo che tu sicuramente userai l’atomica e quindi lui deve rispondere? Esistono delle “regole” o comunque consuetudini.

LA DOTTRINA DI IMPIEGO

Ogni nazione che ha armi nucleari e ha dichiarato al mondo di averle (Israele fa conto a parte) ha un qualcosa che sostanzialmente si chiama “dottrina di impiego”: un qualche documento ufficiale o simile che dice quando è davvero disposta a usarle. E questa dottrina c’è sempre. Molto spesso, in almeno qualche modo viene comunicata a tutto il mondo. Se questa cosa può spaventare anche solo a leggerla (“ma quindi danno per scontato di poterle usare, ma come si fa! Spaventeranno tutti, nemmeno dovrebbero dirlo!”) bisogna ricordare che questa è invece una delle cose che sono controintuitive. Apparentemente problematica, è invece fondamentale che esista e sia comunicata al resto del mondo proprio per evitare un conflitto nucleare.
Perché? Perché la cosa peggiore è sospettare che un Paese abbia armi nucleari e nessuno sappia se mai vuole usarle, come e contro chi. In media si pensa sempre al peggio e se questo avviene si pensa subito anche alla peggiore risposta. Una comunicazione efficace della propria dottrina nucleare aiuta perciò l’avversario a comprendere in primis quando non si intende usare l’arma e quindi entro quali limiti mantenere competizione, crisi e conflitti senza rischi eccessivi. Tuttavia non è sempre così facile.
In alcuni casi la dottrina è estremamente chiara. Ad esempio una posizione di “no first use” (no primo uso) indica chiaramente che non si intende usare l’arma a meno che l’altro non lo faccia per primo. Questa è la dottrina più rassicurante. Inoltre due nazioni nemiche entrambi con la dottrina no first use di fatto stanno certificando che non la useranno mai, pur mantenendo la deterrenza nel caso l’altro cambi idea, non sia sincero, o contro avversari terzi.

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Fig. 2 – Il Segretario alla Difesa USA Lloyd Austin al recente summit NATO

L’ AMBIGUITĂ€ STRATEGICA

In molti altri casi invece la dottrina viene annunciata, ma con alcuni elementi volutamente vaghi o soggetti a interpretazione: si parla allora di ambiguità strategica (che esiste non solo in campo nucleare) per la quale l’avversario conosce più o meno i limiti ma non è mai sicuro di conoscerli appieno. Lo scopo è influenzare il calcolo costi-benefici di ogni operazione militare dell’avversario, idealmente portandolo a trattenersi sempre più del necessario. Spesso viene formulata citando il fatto che l’arma nucleare verrà impiegata – oltre che in risposta all’uso avversario, che tutti includono sempre per ovvi motivi – se vengono messi a rischio gli “interessi vitali” del Paese.
In cosa questi interessi vitali consistano dipende ovviamente da Paese a Paese e da caso a caso. La Russia è uno dei Paesi che li cita (sostanzialmente riguardano la sopravvivenza dello stato – leggi regime – anche in caso di attacco convenzionale che sbaragli le proprie forze armate) e li abbiamo già discussi in altri articoli.
Un altro Paese con una formulazione volutamente molto vaga è la Francia. Nel loro caso si parla infatti di “legittima autodifesa che coinvolge gli interessi vitali”. Quali siano tali interessi non è specificato nei documenti ma lasciato a ogni Presidente francese che li specifica (più o meno) a inizio mandato. Anche così spesso l’ambiguità rimane.
L’ambiguità può sembrare pericolosa, e sicuramente rende i calcoli più complicati, ma ha anche un beneficio reale: non crea “entrapment”, cioè non costringe un Governo a usare l’arma per forza se succede qualcosa… semplicemente perché nessuno ha mai definito cosa li porti a farlo. Quindi niente uso per non perdere la faccia, possibilità di scegliere ogni volta cosa fare ecc… Cosa che consente, per esempio, alla Russia di minacciare ma non sentirsi obbligata a usare le armi nucleari se subisce rovesci sul campo o attacchi non vitali, o la Francia di decidere come rispondere.
Le potenze sanno cosa rischiano se inizia una guerra nucleare, e minacciare è piĂą efficace di usare. Inoltre al giorno d’oggi un uso massiccio di potenza di fuoco convenzionale può risultare anche piĂą efficace. Quando la Russia ha minacciato l’uso nel 2022, le potenze occidentali l’hanno avvertita (tramite Pechino che ha agito da intermediario) che avrebbero risposto con massiccia potenza di fuoco convenzionale. Questo, e la probabile analoga contrarietĂ  cinese, ha tolto la cosa dal tavolo e ridotto le minacce per un po’. Per questo la Russia minaccia, ma ciò non implica che le userebbe: il calcolo è piĂą complesso e prende sempre in considerazione la risposta degli altri (gestione dell’escalation, valutazione situazionale).

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Fig. 3 – Il Presidente russo Vladimir Putin osserva un’esercitazione delle forze nucleari strategiche

PERCEZIONE VS REALTĂ€

Tutto bene quindi? Quasi. Il fatto che tutto si giochi sulla “percezione” porta a un altro aspetto. Innanzi tutto non si parla di “logica” o di “per me non ha senso”. Questo tipo di ragionamenti non ha alcun valore: si parla di ciò che credono loro, di come funziona il loro processo di decision-making. In questo va ricordato che la “percezione” delle cose è diversa dalla “realtà” delle cose. Se credo che fare una certa cosa non avrà problemi e invece ce l’ha, potrei attraversare linee rosse che non conoscevo. Analogamente, potrei mettermi limiti che in realtà non esistono. Quindi non è vero che non esista alcun rischio, proprio perché non siamo nella loro testa (come valutano, rispetto ai propri interessi vitali, quello che succede?) e perché loro potrebbero leggere una certa dichiarazione in modo diverso.
Tre esempi:

  1. Durante una conferenza sul tema tenuta alla Jamestown Foundation, i partecipanti notavano come i cinesi non capiscano come mai in Occidente si vada nel panico ogni volta che la Russia minaccia l’uso dell’arma nucleare. Noi la consideriamo “nuclear threatening” (minaccia dell’uso), loro “nuclear signaling” (messaggio per mantenere lo scontro entro certi limiti).
  2. La Russia – fin dai tempi sovietici – ritiene che l’uso di armi nucleari tattiche non necessariamente debba portare a una guerra nucleare totale con i missili strategici ecc… L’arma si può usare per mandare un messaggio e fine se l’avversario si ferma, e poi si può continuare a guerreggiare convenzionalmente. Fa parte del loro concetto di gestione dell’escalation. Ma l’altro come leggerebbe questo uso tattico? La NATO ha indicato come ora esistano multiple opzioni anche non nucleari, ma durante la Guerra Fredda gli USA consideravano l’escalation da tattico a strategico molto piĂą rapida e inevitabile e quindi erano pronti a reagire in modo differente.
  3. La Francia ha nella sua dottrina l’uso di un singolo missile nucleare tattico come “colpo d’avvertimento”: se il nemico minaccia seriamente i propri interessi fondamentali, la Francia può decidere di lanciare per segnalare in maniera inequivocabile che si stanno oltrepassando i limiti e serve fermarsi. Ma come leggerebbe l’avversario una simile mossa?

Infine, la cosa più ovvia relativa alla percezione: una dottrina nucleare è inutile se non sembri intenzionato a portarla avanti davvero. Anche se non sei davvero intenzionato a farlo, perché tutto questo sia credibile devi comunque mostrarti risoluto, deciso, e intenzionato a usare l’arma sul serio. Devi mostrare di essere pronto a distruggere il mondo se l’altro dovesse sparare i suoi missili strategici. Se l’altro ritiene che non lo farai, potrebbe credere di poterti attaccare, violare i tuoi interessi fondamentali ecc… senza ripercussioni e a quel punto costringerti a rispondere comunque. Molto meglio non lasciargli dubbi, non permettergli di illudersi, non consentirgli di avere una percezione sbagliata. Questo serve non perché siamo guerrafondai, ma proprio per evitare accada.

Lorenzo Nannetti

USS Pennsylvania returns to Naval Base Kitsap-Bangor following a routine strategic deterrent patrol” by Official U.S. Navy Imagery is licensed under CC BY 2.0

Fonti:

  • B.Tertrais, “Pax atomica ?: ThĂ©orie, pratique et limites de la dissuasion”, Editions Odile Jacob (2024)
  • A. Futter, “The Politics of Nuclear Weapons”, Palgrave Macmillan (2021)
  • P. Sinovets, A. Vicente, “’Nuclear spring is coming’: examining French nuclear deterrence in response to Russia’s actions in Ukraine”, Fondation pur la Recherche Strategique, Note de la FRS n° 08/2024
  • B. Tertrais, “French Nuclear Deterrence Policy, Forces, And Future: A Handbook”, Fondation pur la Recherche Strategique, Recherches & Documents n° 04/2020
  • L.Nannetti, “La dottrina nucleare russa”, Il Caffè Geopolitico, 7 giugno 2023 https://ilcaffegeopolitico.net/…/la-dottrina-nucleare…
  • L. Nannetti, “Sui bombardamenti russi delle infrastrutture ucraine”, Il Caffè Geopolitico, 6 giugno 2023, https://ilcaffegeopolitico.net/…/sui-bombardamenti… (per la questione della dottrina russa di gestione dell’escalation)
  • A. Ciralsky, “Exclusive: Life Aboard a Nuclear Submarine as the US Responds to Threats Around the Globe”, Vanity Fair, 15 febbraio 2024 https://www.vanityfair.com/…/life-aboard-a-nuclear…
  • Panel “Demystifying Russia’s Tactical Nukes and Raising the West’s Nuclear IQ”, The Jamestown Foundation, 28 luglio 2023 https://youtu.be/JP7khYfNOD4?feature=shared

Dove si trova

Perchè è importante

  • La deterrenza si basa su due elementi: capacitĂ  e credibilitĂ .
  • La dottrina di impiego aiuta gli altri a capire quando non useremo le armi nucleari, contribuendo a mantenere limitato il conflitto.
  • L’ambiguitĂ  strategica rende difficile comprendere le “linee rosse” avversarie, ma evita rischi di “entrapment”.

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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