In 3 sorsi – La situazione politica e giudiziaria in Guatemala è motivo di preoccupazione nazionale e internazionale a causa delle minacce all’indipendenza della magistratura e più in generale alla Costituzione del Paese.
1. CORRUZIONE RADICATA
Dopo la vittoria nelle elezioni presidenziali ad agosto 2023, il socialdemocratico Bernardo Arévalo si è insediato come Presidente del Guatemala il 14 gennaio 2024, nonostante gli ostacoli posti da un’élite politica profondamente corrotta, radicata nel Paese dalla fine della guerra civile terminata nel 1996. Ed è proprio per questo che il lavoro del nuovo capo dello Stato, dopo dieci mesi di mandato, non ha portato ai risultati annunciati il giorno dell’insediamento: “Non permetteremo più che le Istituzioni si pieghino alla corruzione e all’impunità”. Attualmente il Guatemala si trova al 154° posto nell’indice di percezione della corruzione stilato dalla ONG Transparency International e la sua situazione politica è stata fonte di preoccupazione nazionale, ma soprattutto internazionale, con Unione Europea e OSA (Organizzazione degli Stati Americani) in prima linea a denunciare le minacce alla democrazia del Paese. Inoltre, a fine luglio, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker Türke e la Commissione Interamericana hanno visitato il Paese, giungendo a conclusioni coincidenti: il sistema giudiziario è la spina nel fianco della democrazia guatemalteca.
Fig. 1 – Il Presidente del Guatemala Bernardo Arevalo
2. IL NEMICO NUMERO UNO
Tali preoccupazioni per le sorti della democrazia dello Stato latino-americano hanno un volto, un nome e un cognome: Consuelo Porras, Procuratrice Generale del Guatemala. Insieme al procuratore Rafael Curruchiche e al giudice Fredy Orellana, Porras ha guidato l’offensiva giudiziaria contro Arévalo, in primo luogo cercando di far saltare l’elezione del Presidente e, successivamente, rallentando, il 14 gennaio scorso, il suo insediamento di circa 9 ore. Uno dei principali obiettivi del fronte guidato da Porras è quello di portare fino a Donald Trump la narrativa secondo la quale Arévalo è il prodotto di una frode elettorale e la sua agenda è chavista. E sapendo quanto l’ideologia politica del candidato repubblicano statunitense sia lontana anni luce da quella nazionalista del chavismo (basti pensare ai rapporti con il Venezuela di Nicolás Maduro), la speranza di Porras risiede nel fatto che il tycoon, il 5 novembre prossimo, possa tornare alla Casa Bianca e consegnare nelle mani della Procuratrice Generale il lasciapassare per effettuare un colpo di Stato e destituire Arévalo senza conseguenze. Per di più, Porras è diventata portavoce dell’opposizione politica al Governo socialdemocratico, riuscendo a cancellare il partito Semilla del Presidente Arévalo, legando, perciò, le mani ai suoi rappresentanti al Congresso. In questo modo la permanenza di Porras all’interno della Procura del Guatemala ha avuto un duplice impatto sul Presidente: è diventata la principale minaccia allo Stato di diritto del Paese, circostanza riconosciuta da varie Organizzazioni, ma allo stesso tempo, agendo al di fuori della propria giurisdizione, protetta dalle alte corti giudiziarie, è riuscita a far crollare il tasso di gradimento di Arévalo di 25 punti in pochi mesi (dal 78% al 53%).
Fig. 2 – Consuelo Porras durante una conferenza tenuta all’interno del Palazzo della Procura della Repubblica del Guatemala
3. NESSUNA TOLLERANZA
La tragica situazione appena descritta ha portato, negli ultimi mesi, più di 43 personalità tra Pubblici Ministeri, difensori dei diritti umani e giornalisti a fuggire dal Paese a causa di persecuzioni giudiziarie. A questi vanno aggiunti oltre cento giudici che, non piegandosi alla corruzione, sono stati incriminati con false accuse dagli alti tribunali. Emblematico è il caso del giornalista José Rubén Zamora, fondatore del quotidiano investigativo guatemalteco El Periódico, arrestato il 29 luglio 2022 con accuse di riciclaggio di denaro, ma in realtà incarcerato per i reportage critici portati avanti dal suo giornale contro la corruzione del proprio Paese. Il 15 maggio 2023 il quotidiano, con Zamora in carcere e nove giornalisti sotto accusa, è stato costretto a chiudere. Il 14 giugno, dopo un anno di reclusione, Zamora è stato condannato, in seguito alla comparsa di nuove accuse (intralcio alla giustizia e uso di documenti falsi), ad altri sei anni, ma una corte d’appello ha annullato la sentenza. Il giornalista, nonostante ciò, è tuttora detenuto in attesa di un nuovo processo.
Nel frattempo, oltre a numerosi organismi per i diritti umani e per la libertà di stampa, si sono uniti alla causa di Zamora il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle Detenzioni Arbitrarie e Amnesty International, che ne hanno chiesto l’immediata scarcerazione. Questo è solo un esempio di come la corruzione, all’interno dello Stato latinoamericano, abbia radici solidissime: un’altra vicenda, degna dell’attenzione dell’opinione pubblica, è quella della condanna dell’ex Procuratrice guatemalteca per la Lotta all’impunità, Virginia Laparra.
Per il Presidente Arévalo, la crescita del Guatemala è subordinata allo sradicamento della corruzione, ma, nonostante il sostegno economico-sociale offerto dagli Stati Uniti in più di un’occasione, il futuro democratico del Paese, da quanto evidenziato, appare più che mai incerto.
Simone Grussu
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