Analisi – Oltre il Circolo Artico, Mosca dispiega la propria migliore risorsa per l’attività oceanica. La deterrenza nucleare non è realizzabile dai mari chiusi, e la geografia impone ancora la sua rilevanza negli scenari di crisi. La Flotta del Nord, apparentemente in una regione periferica, è in realtà centrale nelle dinamiche di potere globale.
MOSCA TRA TERRAFERMA E ACCESSO AGLI OCEANI
Delle quattro flotte principali che compongono la Marina Militare russa (Voenno-Morskoj Flot), la Flotta del Nord è significativa per numero di unità , capacità operativa e proiezione strategica in direzione del Nord Atlantico, verso l’America Settentrionale e l’Artico. Come spiegato da ultimo da Paul Kennedy nel suo Victory at Sea il problema critico di ogni potenza terrestre eurasiatica – sia essa la Germania o la Russia/Unione Sovietica – rimane la disponibilità di un accesso diretto agli oceani, che non può essere sostituito dalla presenza di porti sul mar Baltico (nel quale, peraltro, la Russia si ritrova oggi circondata da una decina di Stati NATO).
In tale contesto la penisola russa di Kola, distesa lungo il confine con la Finlandia fino oltre al Circolo Polare Artico, assume una rilevanza che non può essere in questo momento eguagliata dalla Flotta del Mar Nero, impegnata con gravi perdite in Ucraina e chiusa dagli Stretti, né da quella del Baltico dotata di unità leggere e bloccata in un vicolo cieco strategico. L’unica altra flotta a carattere oceanico, quella del Pacifico, è d’altro canto isolata all’estremità opposta del continente e si ritrova a essere un potenziale partner della People Liberation Army Navy (PLAN) cinese, in uno scenario dove quest’ultima e Washington si contendono l’effettiva egemonia e a grandissima distanza dal cuore politico e industriale del Paese.
Considerato il crescente attivismo artico di tutte le maggiori potenze, risulta quindi evidente come lo strumento militare affidato al viceammiraglio Konstantin Kabanstov sia cruciale per gli equilibri della sicurezza internazionale.
Fig. 1 – L’incrociatore a propulsione nucleare Pietro il Grande (classe Kirov) ancorato a Severomorsk nel 2021
LA FLOTTA DEL NORD. UNA RISORSA PER MOLTEPLICI IMPIEGHI
Le installazioni nella penisola sono disseminate lungo l’omonima baia di Kola, che penetra nell’entroterra per una sessantina di chilometri. Alcuni di questi insediamenti, l’accesso ai quali è interdetto, sono di particolare importanza a fini militari e di intelligence. Severomorsk, sul lato orientale, ospita il comando della Flotta, mentre Poljarnyj, su quello occidentale, è limitrofa alla sede di una delle unità più riservate delle Forze Armate russe: il Direttorato per le Operazioni a Grandi Profondità (GUGI, l’acronimo russo). Si tratta di un reparto a altissima specializzazione, autonomo nelle operazioni, ma che per l’utilizzo delle risorse necessarie si appoggia al 29esimo squadrone sottomarino, di alcune delle cui unità andremo a parlare. Nel complesso la Flotta dispone della maggiore assegnazione di unità sia sottomarine che di superficie, inclusa la portaerei Adrmiral Kuznetsov, funestata da problemi e incidenti di ogni genere. Il nucleo da battaglia è costituito attorno all’incrociatore Pyotr Velikiy (nave ammiraglia), fregate e cacciatorpedinieri con capacità di Anti Submarine Warfare.
La componente sottomarina è significativa e, a differenza che nel Mar Nero e nel Baltico, dove operano solo dei Kilo diesel-elettrici, composta anche da unità a propulsione e capacità di attacco nucleare. Come per tutte le potenze nucleari, i sottomarini russi includono una componente di deterrenza strategica, assicurata dagli SSBN (sottomarini a propulsione nucleare dotati di missili balistici) in corso di rinnovamento verso la classe Borei, in grado di imbarcare fino a 16 missili Bulava con testate multiple di circa 100 chilotoni l’una. L’altra componente sottomarina, quella da attacco, è affidata a vecchi vascelli di età sovietica in progressiva sostituzione con i più moderni Yasen-M, armati dei tradizionali siluri e di missili da crociera utili per colpire sia formazioni navali nemiche sia bersagli a terra.
Date le caratteristiche di impiego peculiari, queste due classi di sottomarini, diverse unità dei quali sono previste in varo nei prossimi anni per un totale finale di 10 Borei e 12 Yasen, sono assegnate nell’Artico o nel Pacifico in prospettiva di un impiego contro gli Stati Uniti.
Rimane la combinazione, difficile da decifrare, di attività e gerarchie racchiuse dal già citato GUGI con la Flotta del Nord, ma anche con l’intelligence della Marina (entità separata e a volte concorrente). Si conoscono solo gli spostamenti di alcune di queste unità , come la nave spia Yantar specializzata nella mappatura dei fondali e dotata di minisommergibili in grado di operare fino a 6mila metri di profondità . La sua comparsa nel Mediterraneo, a inizio 2025, ha messo in allerta gli Stati rivieraschi che ne hanno seguito con attenzione gli spostamenti. Grande interesse, e preoccupazione, anche per le capacità del K-329 Belgorod, unità gemella del tragicamente famoso K-141 Kursk ma modificata per operazioni di intelligence e capace di fungere da nave madre per sottomarini più piccoli come l’AS-31 Losharik, costituito da sfere di titanio atte a sopportare pressioni altrimenti ingestibili. Sempre il Belgorod dovrebbe essere dotato, con tempistiche non chiare, dello Status 6 Poseidon, sorta di siluro nucleare noto per la pubblicizzazione probabilmente volontaria di alcune sue specifiche nel 2015.
A seguito della crisi nelle relazioni con l’Occidente dopo il 2014, la Russia avrebbe dispiegato nelle acque del Mare di Barents un sistema di allerta sonar, nome in codice “Harmony”, volto a rilevare intrusioni di sottomarini NATO verso Kola e il principale “bastione” degli SSBN. Tale problema è considerato rilevante fin dai tempi della Guerra Fredda: le operazioni di spionaggio lanciate da Londra e Washington nella regione giĂ durante la Guerra Fredda sono ormai di dominio storico (al punto che persino Hollywood ha prodotto un blockbuster in cui un sottomarino statunitense si infiltra a Poljarnyj, Hunter-Killer del 2018).
Fig. 2 – Il sottomarino lanciamissili balistici “Knyaz Vladimir” (classe Borei) in forza alla Flotta del Nord, a San Pietroburgo in occasione del 325esimo anniversario della Marina russa (luglio 2021)
UNA LETTURA DEL PROGRESSO TECNOLOGICO
“Le nostre unità navali devono essere in grado di affrontare l’intera gamma di compiti richiesti, ora e in futuro”. Con queste parole, Vladimir Putin ha scelto San Pietroburgo per annunciare un finanziamento navale equivalente a 100 miliardi di dollari. Fondi destinati a nuove unità , all’adeguamento della missilistica ipersonica – i missili Zircon (Mach 9) sono utilizzabili da sottomarini e unità di superficie – come all’implementazione di capacità unmanned e all’ampliamento e modernizzazione delle infrastrutture.
Il già immenso ritardo con flotte potenzialmente ostili (Stati Uniti) o meno (Cina) è stato aggravato da tre anni di guerra in Ucraina, che hanno obbligato i vertici della Marina a vedere ritardati di anni progetti quali il rientro in servizio dell’incrociatore Admiral Nakhimov. Per non parlare del Project 23000, futura portaerei che forse rimpiazzerà la disgraziata Kuznetsov. Simile il discorso per l’Aeronautica, con il progetto per un bombardiere strategico (il PAK-DA) rinviato a data da destinarsi, e il nuovo Sukhoi Su-75 in enorme ritardo a causa del difficile ottenimento di componenti tecnologiche e del riorientamento economico verso la guerra terrestre convenzionale.
Anche Washington attraversa criticità strutturali, soprattutto nella cantieristica navale con gravi ritardi già in essere, ma partendo da una condizione di predominio raggiunta tra il 1991 e il 2009, quando entrò in servizio l’ultima portaerei della formidabile classe Nimitz. Negli stessi anni la Russia toccava il punto più basso del suo complesso militare industriale, dal quale il conflitto con Kiev impedisce ora di risollevarsi seguendo una direttrice di progresso tecnologico. L’ingresso in servizio di una flotta sottomarina d’avanguardia, con capacità di attacco, interdizione e dissuasione nucleare, sembra essere assieme alla missilistica la combinazione su cui Mosca intende puntare, nei limiti delle risorse che riuscirà a distrarre dal conflitto in Europa Orientale.
Lorenzo Lena
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