Analisi – Pace in Ucraina non è quando si smette di sparare… ma quando esistono le condizioni perché non si riprenda a sparare in futuro.
I dettagli di cronaca circa i negoziati tra Russia e Ucraina per una possibile pace sono riportai su tutti i media. Ma per comprenderli è necessario ricordare alcuni aspetti fondamentali da noi spiegati a inizio guerra in un articolo intitolato, appunto, Quando ci sarà la pace in Ucraina?.
È un’articolo ancora attuale per capire alcuni aspetti fondamentali:
- Non si negozia per “fare la pace”. Questo l’opinione pubblica fatica a capirlo. Nessuno negozia per fare la pace, negozia per tutelare gli interessi della propria parte (o i propri, a seconda del caso).
- Negozi se credi che farlo tuteli gli interessi della tua parte (o i tuoi) meglio del combattere.
- Se credi che il negoziato non possa ottenere la tutela dei tuoi interessi, cioè sia peggio del continuare a combattere, continuerai a combattere.
- La valutazione circa cosa sia meglio o peggio è altamente soggettiva e soprattutto può variare nel tempo. La guerra infatti ha una caratteristica fondamentale: rivela informazioni. Ad esempio gli eventi bellici ti mostrano se le tue supposizioni circa la tua capacità di tutelare i tuoi interessi militarmente siano giustificate o meno. Idem per l’avversario.
- Poiché la valutazione della situazione è soggettiva, i contendenti di un conflitto possono avere idee discordanti circa le possibilità future. Di solito si inizia a negoziare quando le due visioni sono vicine, perché entrambi concordano sulla necessità di fermarsi. Ma se è solo uno, a crederlo, l’altro potrebbe non negoziare in buona fede. O non farlo proprio.
- Se si raggiunge una pace che non tutela i propri interessi, questo potrebbe costituire la base per il round successivo.
Fig. 1 – Effetti di un bombardamento russo su centro abitato ucraino
GLI INTERESSI DELLE PARTI COINVOLTE
- Il Presidente USA Donald Trump è interessato a essere visto come “il pacificatore”. Forse perché vuole il Nobel come dicono alcuni, forse perché vuole qualcosa da usare per le elezioni midterm, forse per entrambe le cose.
- Il Presidente russo Vladimir Putin è militarmente all’attacco, sul campo rosicchia terreno e continua a tenere l’Ucraina sotto pressione, ma per ora è incapace di prendere larghe parti di territorio e portare al crollo della resistenza ucraina. Inoltre teme che Trump possa rivoltarglisi contro e ha un’economia progressivamente in indebolimento. Deve quindi come minimo dare l’impressione di trattare.
- Il Presidente ucraino Volodimir Zelensky è sulla difensiva, con il suo Paese militarmente sotto pressione, ma con l’Ucraina che è ancora in grado di evitare militarmente il crollo. È interessato alla fine della guerra purché questo non implichi una successiva nuova guerra con l’Ucraina in posizione svantaggiata – o isolata.
Poiché la guerra ha mostrato a Putin che non è facile sottomettere l’Ucraina, ma che è possibile andare avanti ancora a lungo se gli USA e l’Occidente non aumentano considerevolmente aiuti o impegno, il negoziato serve se:
- Evita che Trump si schieri decisamente contro di lui.
- Permette di guadagnare qualcosa che altrimenti non avrebbe.
- Continua a dividere l’Occidente per impedire una risposta coesa
Da qui la richiesta di territorio, in particolare il resto del Donbass (resto dell’Oblast di Donetsk).
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Posizioni difensive ucraine
L’IMPORTANZA DEL DONETSK UCRAINO
Il secondo punto necessita un chiarimento: la guerra implica l’uso dello strumento militare per ottenere un risultato politico. E poiché l’era contemporanea non è il XVIII secolo, il risultato politico che si cerca di ottenere è un risultato strategico, cioè tale da modificare a proprio favore in maniera sostanziale gli equilibri internazionali.
Inoltre si usa lo strumento militare perché si è ritenuto (a torto o a ragione non importa) di non poter ottenere lo stesso risultato strategico in maniera diplomatica o comunque pacifica.
Questo porta a formulare una domanda circa le richieste di Putin: ottenere tutto il Donetsk costituisce un risultato che modifica a proprio favore in maniera sostanziale gli equilibri internazionali? Se la guerra finisse così e davvero ci fosse un accordo duraturo, questo risulterebbe essere il risultato strategico richiesto? Cosa cambierebbe per la Russia? Con più nemici, una NATO allargata e meno tollerante e pure senza aver separato l’Ucraina dall’Occidente…
Poiché uno degli obiettivi principali della leadership russa è invece riprendere il proprio posto come grande potenza che fa rivivere le proprie pretese imperiali, cosa che include riportare l’Ucraina (o una gran parte di essa) nella propria sfera di influenza e successivamente almeno anche una parte dell’Europa orientale, questo implica che conquistare una provincia ucraina e basta non possa essere un risultato sufficiente.
A meno che… tale conquista non costituisca una passo significativo in quella direzione. Non quindi una mossa finale da ottenere per chiudere per sempre la partita, ma una mossa temporanea che faccia ottenere un vantaggio da sfruttare subito o anche in futuro.
Il Donetsk ancora nelle mani dell’Ucraina è una regione molto critica dal punto di vista difensivo. Circa 600mila abitanti (pre-guerra), ricca di risorse e soprattutto sede, ora, delle principali linee difensive e roccaforti ucraine. Quelle linee e quelle roccaforti (Kramatorsk per esempio) che da metà 2022 le Forze Armate russe non riescono a prendere perché impossibilitate ad avanzare in profondità. Secondo ISW i Russi potrebbero metterci anni, al ritmo attuale – impossibile valutare se sia realistico e nemmeno se l’attuale velocità verrà mantenuta, aumentata o ridotta. Ma se la Russia potesse ottenere quelle aree senza combattere, otterrebbe (ben spiegato anche da un articolo dell’Economist) tre cose:
- Conquistare le principali linee difensive e roccaforti ucraine che altrimenti impiegherebbe anni a prendere con la forza.
- Avere un solido punto di partenza per future offensive, per un “secondo round” per chiudere la partita, con l’Ucraina costretta a ricostruire altre difese in posizioni peggiori. Magari non avendo nemmeno il tempo di farlo (e magari con Forze Armate ridotte).
- Fermare i combattimenti in una situazione di proprio vantaggio in preparazione di quanto sopra (che potrebbe anche avvenire tra anni, giocando su una riapertura al dialogo con Paesi europei e USA che dividerebbe ulteriormente l’Occidente e aiuterebbe l’economia russa).
Fig. 3 – I leader europei e ucraino a Washington per l’incontro con Donald Trump del 18 agosto scorso
L’ELEFANTE NELLA STANZA: LE GARANZIE DI SICUREZZA
In teoria, se mai un accordo simile andasse in porto, sarebbe perché l’Ucraina avrebbe ottenuto significative garanzie di sicurezza. Cioè abbastanza sicurezza da, in caso la Russia scateni appunto un secondo round come in Cecenia, rendere possibile difendersi comunque. O, ancora meglio, dissuadere Mosca dal provarci. Anche qui, però, esistono criticità:
- Gli USA non sono disposti a essere la principale garanzia per la sicurezza futura ucraina. Possono fornire enablers, ma Trump appare non interessato ad avere gli USA pronti a intervenire. A dire il vero, non è per nulla chiaro quale tipo di appoggio Trump sia disposto a fornire… il che è parte del problema, perché indica proprio come non ci sia ancora un piano al riguardo.
- Una coalizione di europei non ha – al momento – le forze per sostituirsi agli USA in tale ruolo.
- Tale ruolo richiede non solo una disponibilità politica, ma una definizione chiara di chi faccia cosa, chi fornisca cosa (e non solo in ambiti tradizionali, ma anche ISTAR, cyber…), quali regole di ingaggio, cosa fare se la Russia tradisse le promesse (pensare di non pensare a questa possibilità è follia e invita all’aggressione).
- Poiché la deterrenza è basata su combinazione di capacità e credibilità, qui mancano sia la capacità sia, in caso di mancato chiaro accordo su cosa fare e come, anche la credibilità. E se mancano entrambe, manca la capacità di deterrenza. Riportando lo scenario a un probabile rischio di secondo round con situazione di partenza ulteriormente svantaggiata per l’Ucraina.
In realtà esiste anche il problema che per l’Ucraina accettare tali condizioni sia politicamente impossibile, chiudendo il discorso a priori. Ma senza adeguate garanzie di sicurezza, ogni ipotesi di trasferimento di territori non risulta realistica, e dunque non ci sarebbe da stupirsi se la guerra continuasse.
Va infine discusso brevemente il terzo punto relativo alle motivazioni russe: l’illusione di una disponibilità russa a un accordo è anche un modo per continuare a dividere un Occidente dove c’è chi vede chiaramente i rischi per il futuro e chi invece li trascura perché troppo fissato con i propri interessi (Trump) o per semplice ingenuità e ignoranza di queste meccaniche. Dividere l’Occidente è un altro risultato strategico al quale Putin aspira, una strategia “divide et impera” che è l’unica che può utilizzare: la Russia è economicamente e militarmente ridotta rispetto all’Occidente… ma può farsi valere contro singoli Paesi o piccoli gruppi. Il problema non è dunque “fare la pace”, ma il fatto che l’offerta di pace sia strutturata per essere una trappola, il preludio di un nuovo conflitto.
Tutti sperano che la guerra finisca presto. Ma come finirà o si interromperà la guerra ci dirà molto sui rischi di un nuovo conflitto futuro: pace non è quando si smette di sparare… ma quando esistono le condizioni perché non si riprenda a sparare in futuro.
Lorenzo Nannetti
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Fonti:
- L. Nannetti, “Quando ci sarà la pace in Ucraina?”, Il Caffè Geopolitico, 14 aprile 2022
- “The Russian “land swap” is really a grab for Ukraine’s fortress belt”, The Economist, 18 aprile 2025
- “Putin’s desire to destroy Western Unity rages on”, The Economist, 19 Aprile 2025


