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L’Africa al Mondiale 2026 e la geopolitica del calcio

In 3 SorsiAl termine della partita con la Moldavia, il c.t. della Nazionale Gattuso ha denunciato la sovra-rappresentazione delle squadre africane e sudamericane al Mondiale, che, secondo lui, penalizzerebbe le formazioni europee come l’Italia nel percorso di qualificazione. A parte la polemica, il riferimento al numero record di squadre africane offre lo spunto per una breve panoramica.

1. LE SORPRESE, LE QUALIFICATE E GLI ESCLUSI

Tre giorni dopo le dichiarazioni del c.t. azzurro Gennaro Gattuso, mentre si consumava la sconfitta dell’Italia con la Norvegia, la Repubblica Democratica del Congo (RDC) conquistava l’accesso allo spareggio intercontinentale che si terrà in Messico a marzo, eliminando due pesi massimi del Continente: prima il Camerun, con un gol in zona Cesarini, e poi la Nigeria, in una finale playoff decisa ai calci di rigore. La RDC si giocherà il posto al Mondiale contro la vincente di Nuova Caledonia-Giamaica.
Le squadre africane già qualificate al torneo – che si terrà tra USA, Canada e Messico l’estate prossima – sono Marocco, Tunisia, Egitto, Algeria, Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Capo Verde e Sudafrica. La piccola Capo Verde è alla sua prima partecipazione, dopo aver vinto il proprio girone condannando il Camerun agli spareggi, mentre il Ghana si è riscattato dopo la mancata qualificazione alla Coppa d’Africa.

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Fig. 1 – Tifosi congolesi festeggiano l’arrivo dell’autobus con la Nazionale della RDC di ritorno dalle vittoriose partite di qualificazione per i Mondiali 2026, Kinshasa, 17 novembre 2025

2. IL RITORNO CALCISTICO DELLA RDC

Dovesse qualificarsi, la RDC sarebbe la decima squadra africana al torneo e parteciperebbe per la seconda volta nella storia: la prima fu nel 1974, quando il Paese si chiamava Zaire. Erano gli anni dell’authenticité africana promossa dal dittatore Mobutu Sese Seko, quando Kinshasa era la capitale musicale del continente e la Nazionale zairese viveva il suo periodo d’oro, coronato da due vittorie in Coppa d’Africa (1968 e 1974) e dalla partecipazione al Mondiale, prima compagine subsahariana a raggiungere questo traguardo.
Purtroppo la performance al Mondiale tedesco fu deludente: i “leopardi” subirono una delle più larghe sconfitte nella storia della competizione (9-0 contro la Jugoslavia) e conclusero prendendo tre gol dal Brasile, nella partita in cui, temendo l’ira di Mobutu, Joseph Mwepu calciò la famosa “punizione al contrario”. La pessima figura rimediata in Germania convinse Mobutu a cambiare l’oggetto della sua diplomazia sportiva: accantonato il calcio, puntò sulla boxe, ospitando proprio nel 1974 il celebre incontro tra Muhammad Ali e George Foreman.
Oggi, pur funestata da problemi politici, economici e militari, la RDC del Presidente Félix Tshisekedi tenta di tornare a dispiegare una diplomazia sportiva attraverso la stipula di controversi accordi di sponsorizzazione con grandi club europei come Milan, Barcellona e Monaco: un tentativo di imitare e rivaleggiare con il vicino Rwanda. Centrare la qualificazione al Mondiale americano sarebbe positivo (anche solo in termini simbolici) per questa strategia.

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Fig. 2 – I calciatori Roberto Lopes (a sinistra) e Deroy Duarte (destra) celebrano la qualificazione di Capo Verde ai Mondiali del 2026, Praia, Capo Verde, 13 ottobre 2025

3. IL CALCIO E LA POLITICA OLTRE IL CAMPO

I playoff vinti dalla RDC si sono tenuti in Marocco, prova generale dell’imminente Coppa d’Africa 2025. Il Marocco è alla testa della crescita calcistica del continente, simboleggiata dallo storico quarto posto nel Mondiale 2022, e ospiterà, assieme a Spagna e Portogallo, anche il Mondiale 2030. Sarà il secondo Paese africano a organizzare la manifestazione sportiva più seguita al mondo, dopo l’entusiasmante edizione del 2010, che consacrò la rinascita del Sudafrica post-apartheid. Tuttavia, le proteste dei giovani marocchini a ottobre hanno denunciato l’inaccettabile sproporzione tra le ingenti somme investite per preparare il Paese a queste competizioni e gli scarsi fondi dedicati ai servizi sociali, in particolare alla sanità.
Altro nodo critico del Mondiale in Marocco è la questione del Sahara occidentale. La Repubblica Democratica Araba dei Saharawi è riconosciuta dall’Unione Africana, ma non dalle Istituzioni calcistiche internazionali, dunque non può partecipare a competizioni ufficiali. La FIFA ha adottato una posizione ambigua sul tema, evitando di pubblicare mappe che includessero la regione contesa, ma riconoscendo le due province marocchine nel Sahara occidentale, in linea con la recente tendenza internazionale a favorire il piano di “autonomia” proposto dal Marocco.
Mentre i saharawi vorrebbero partecipare ma non possono, l’Eritrea è l’unica Nazionale africana a essersi ritirata dalle qualificazioni, alla vigilia della prima partita. La decisione sembra dovuta al timore che i giocatori approfittino delle trasferte per chiedere lo status di rifugiati e sottrarsi al regime, come già accaduto in passato. L’Eritrea è tornata in campo lo scorso maggio in una doppia amichevole casalinga contro il Niger.
Come si intuisce da questa breve rassegna, il Mondiale ha implicazioni che vanno ben al di lĂ  del campo di gioco e interessano la dimensione geopolitica. In conclusione, vale la pena ricordare il boicottaggio africano del Mondiale 1966. Le 15 Nazionali africane si ritirarono in segno di protesta contro l’ammissione del Sudafrica nel girone asiatico (e contestando il meccanismo di qualificazione, che prevedeva un solo posto per Asia e Africa… un po’ come Gattuso). Poco dopo, in realtĂ , il Sudafrica venne sospeso dalla FIFA e il provvedimento contribuì alla pressione politica che fece infine crollare il regime: un esempio positivo di diplomazia sportiva, che oggi dovrebbe essere riproposto con forza e senza doppi standard.

Giovanni Tosi

South Africa’s Goal Celebration at Soccer City” by Celso Flores is licensed under CC BY

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  • L’aumento delle squadre partecipanti al Mondiale 2026 (da 32 a 48) garantisce all’Africa ben nove posti, ai quali potrebbe aggiungersi la RDC.
  • Il calcio è piĂą di uno sport e può essere strumento di soft power o termometro di tensioni politiche. La crescita calcistica dell’Africa riflette una sua maggiore centralitĂ  nello scenario globale.

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Giovanni Tosi
Giovanni Tosi

Classe 1998. Ho conseguito, presso l’Università degli Studi di Milano, una laurea triennale in Filosofia e una magistrale in Storia, con una tesi sulla Cina e la Responsibility to Protect. I miei principali interessi di analisi riguardano la politica estera dei Paesi afro-asiatici, l’evoluzione storico-politica delle Organizzazioni internazionali e il processo di transizione sistemica innescato dall’ascesa dei Paesi emergenti. Per il resto, mi piace leggere, suonare e camminare in montagna.

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