In 3 sorsi – La diffusione dell’epidemia di COVID-19 non risparmia nemmeno la Slovenia, e il Governo conservatore di Janez Jansa prova a imporre stringenti misure necessarie, a suo dire, a combattere il virus. Per le opposizioni invece, è solo il prodromo di una svolta autoritaria.
1. IL CAMBIO DI GOVERNO
La Slovenia ha registrato il primo caso di COVID-19 il 4 marzo e da allora si contano circa 1200 casi e una cinquantina di morti. Un quadro tutto sommato meno drammatico rispetto a quanto si va consumando non troppo distante da Lubiana. Altro elemento rilevante della vita pubblica slovena è occorso in marzo con il cedimento della coalizione di centrosinistra al governo guidata da Marjan Sarec, con il conseguente ritiro dell’appoggio dell’ala sinistra della sua compagine governativa. Ciò ha spalancato le porte al ritorno alla carica di primo ministro di Janez Jansa, leader del Partito Democratico Sloveno (SDS), già capo del governo tra il 2004-2008 e per una seconda volta tra il 2012 e il 2013. Il nuovo Premier non ha perso tempo nel voler dimostrare di poter guidare il Paese a contrastare il diffondersi della pandemia, e dei suoi effetti, con polso fermo e piglio deciso.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il premier sloveno Janez Jansa
2. AMATO E ODIATO
Jansa è una figura centrale nella storia politica della ex repubblica jugoslava. Contestatore dell’Armata Popolare in gioventù, divenne Ministro della Difesa del primo governo democratico sloveno e in quel ruolo guidò la rapida guerra di indipendenza nell’estate del 1991. Da lì in poi è stato un susseguirsi continuo di incarichi di primo rilievo, assolti tra applausi scroscianti e feroci contestazioni. I lati più oscuri della sua condotta politica lo porteranno ad una condanna per corruzione dalla quale verrà assolto, solo in terzo grado, e quando già si trovava in carcere nel 2014. Tornato finalmente a manovrare le leve del potere dopo anni di assenza, Jansa ha subito messo in atto un piano per il contrasto all’epidemia di COVID-19 alquanto controverso. Il Premier ha preso provvedimenti che hanno suscitato vibranti polemiche, a partire dall’istituzione di una task force per gestire l’emergenza, tuttavia completamente sganciata dal Ministero della Salute, e che risponde solo al governo. Aspetto alquanto controverso è la mancanza di definizione circa la durata e il mandato di questa task force. Le opposizioni hanno immediatamente protestato sottolineando la mancanza di basi legali per l’istituzione di questa unità di crisi, e la cui mancanza di trasparenza la renderebbe una struttura di potere opaca e parallela. Lungi dall’essere scoraggiato di fronte alle rimostranze, Jansa ha insistito su una linea dura e oltranzista arrivando a far approvare dal Parlamento di Lubiana un provvedimento che vieta ai partiti di opposizione di proporre referendum che possano ritardare l’entrata in vigore dei provvedimenti anti-crisi. Tra le altre misure proposte dal governo e che hanno suscitato contestazioni, rientrano il pieno controllo governativo del budget statale fino a settembre 2020 e la sospensione di ogni comunicazione alla commissione nazionale anticorruzione, fornire la polizia di poteri speciali per tracciare i telefoni dei cittadini in quarantena, utilizzare il riconoscimento facciale e consentire alle forze dell’ordine di irrompere nelle abitazioni private.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Jansa in compagnia del Premier ungherese Viktor Orbán
3. L’OMBRA DI ORBÁN
Sebbene il governo sia stato costretto a rinunciare a parte di questo pacchetto di misure, la tensione nel Paese rimane palpabile. Quello che si teme in particolare, è una “deriva ungherese” secondo il modello di democratura ormai apertamente dettato da Viktor Orbán, della cui amicizia Jansa non fa mistero ma anzi vanto. E di certo non sono un mistero gli ingenti investimenti ungheresi in terra slovena, molti dei quali provenienti da uomini legati a Fidesz, il partito del Primo Ministro, e diretti verso la galassia del SDS. Da sempre abituato a polarizzare la vita politica slovena, Jansa respinge le accuse definendole pretestuose e false. Ma questo non basta a placare le paure di chi vede allungarsi pericolosamente, dietro il contrasto all’epidemia di COVID-19, le ombre del modello accentratore della gestione della cosa pubblica, in terra slovena, così come altrove, rivalendosi del modello ungherese di Orbán. Le stesse inquietudini slovene non a caso serpeggiano tra partiti di opposizione e frammenti delle società civile degli altri Paesi del gruppo Visegrad, ovvero Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. La stessa paura che l’epidemia di COVID-19 spalanchi le porte ad un mondo nuovo.
Luca Cinciripini
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