Editoriale – Una riflessione sulla ricorrenza del Giorno del Ricordo e sulla questione mai davvero risolta in Italia (ma non solo) della memoria storica.
Il 10 febbraio è il Giorno del Ricordo, dedicato alla memoria delle foibe e dell’esodo forzato degli italiani di Istria, Fiume e Dalmazia. Da sempre è una data soggetta a forti polemiche e strumentalizzazioni politiche, sia di destra che di sinistra. Considerati tale stato di cose e la complessità degli eventi storici, vale quindi la pena fissare qualche punto fermo:
- Le tragiche vicende ricordate sono comprensibili solo se si tiene conto di quanto le ha precedute, cioè il lungo conflitto dell’Italia con la Jugoslavia per la definizione del proprio confine orientale, il processo di italianizzazione forzata di Istria e Dalmazia sotto il fascismo, la feroce occupazione italo-tedesca della Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale e il generale movimento di popolazioni nell’Europa centro-orientale al termine del suddetto conflitto, dovuto anche alle divisione della regione in sfere d’influenza tra Est e Ovest.
- Le violente azioni jugoslave nella primavera 1945 non possono essere viste solo come una “risposta” ai soprusi nazifascisti, ma come frutto di una strategia ben precisa volta ad annettere territori contesi e a colpire comunità e gruppi potenzialmente ostili al nascente regime socialista di Tito. Non a caso tra gli infoibati non ci furono solo fascisti e collaborazionisti, ma anche religiosi, imprenditori, insegnanti e diversi antifascisti.
- Si possono condannare sia le violenze fasciste che quelle titine, riconducendole alle brutali logiche nazionaliste e ideologiche del secolo scorso.
- Qualsiasi comparazione con l’Olocausto, avanzata spesso e volentieri da diversi esponenti di destra, è offensiva e fuorviante.
- Il comportamento di molti italiani verso gli esuli fu pessimo e il mancato riconoscimento della tragedia da parte dei principali partiti repubblicani, per motivi ideologici o di opportunismo politico, ha finito per consegnarne colpevolmente la memoria all’estrema destra, che l’ha ovviamente manipolata a sostegno della propria identità e azione di governo.
- Da un punto di vista diplomatico, la questione può considerarsi sostanzialmente chiusa grazie sia al processo di integrazione europea che al complesso e difficile dialogo tra Italia e Slovenia negli anni scorsi. Lo provano, tra le alte cose, la visita del Presidente Mattarella e del collega sloveno Pahor a Basovizza nel 2020 e la nomina di Fiume e Gorizia/Nova Gorica come capitali europee della cultura.
- Resta il problema della memoria storica, specialmente (ma non solo) in Italia.
Simone Pelizza
“friuli” by ho visto nina volare is licensed under CC BY-SA