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Il valore strategico del Pakistan

Miscela Strategica – Il Pakistan è stato per anni il principale alleato della NATO per tutto il conflitto in Afghanistan, prima con il generale Parveez Musharraf, poi con l’esperienza a capo dello Stato di Asif Alì Zardari (vedovo di Benazhir Bhutto).
Il ritiro occidentale, che pare doversi completare mentre sarà in carica come premier la vecchia conoscenza del palcoscenico dell’Asia centrale Nawaz Sharif, è un avvenimento al quale Islamabad si sta già preparando. La strategia di Nawaz Sharif per affrontare il vuoto di potere che si andrà a creare in Afghanistan non appare ancora del tutto chiarissima, ma si delinea sempre di più.

IL PRESIDENTE NAWAZ SHARIFNawaz Sharif era il Primo Ministro nel 1999 e fu destituito dal generale Parveez Musharraf a seguito di un tentativo di deporre proprio quest’ultimo dalla carica di capo dell’Esercito, completando una serie di sostituzioni di dirigenti statali. Contemporaneamente Sharif stava tentando un accentramento del potere, formalizzandolo con modifiche alla Costituzione e proponendo quasi sicuramente una deriva autoritaria della politica pakistana. Ma l’esercito lo fermò e pose a capo del Pakistan Musharraf. Egli, confermato poi da democratiche elezioni per affrontare le quali fondò il partito PML-Q (Pakistan Muslim League), governò il Paese sino al 2008, e fu contrafforte della strategia americana dell’inizio del conflitto in Afghanistan e della lotta al terrorismo in Asia centrale. Al presidente militare Parveez Musharraf succedette nel 2008 Gilani.
Il 13 maggio di quest’anno Sharif ha vinto le elezioni e ripreso la carica di Primo Ministro. Nawaz Sharif, è il rappresentante dell’ala musulmana laica coalizzatasi nel partito PML-N. A seguito della tentata rimozione di Musharraf nel 1999, quando fu destituito, fu condannato al carcere a vita e si  rifugiò in un esilio dorato in Arabia Saudita. Da lì ha intessuto tutta una serie di importanti relazioni dentro e fuori dal Pakistan e, do
po avere riformato il suo staff di partito, è riuscito a far cadere le condanne contro la sua persona. L’elezione di Sharif pone termine a una crisi governativa iniziata nel giugno 2012 con la deposizione dell’allora primo ministro Yousaf Raza Gilani per accuse di corruzione da parte della Corte Suprema.  Nell’agone elettorale di quest’anno, Sharif ha sconfitto il candidato Imrad Khan, nonostante le pesanti condanne subite in passato e l’interdizione dai pubblici uffici fatta decadere pochi mesi fa. Il cavallo di battaglia di Sharif sono state le promesse: garantire una migliore economia al Pakistan, ridurre la disoccupazione e riuscire a creare un miracolo economico come quello saudita o degli Emirati Arabi (luoghi dove egli ha trascorso il proprio esilio). Le promesse sarebbero potute sembrare specchietti per le allodole in un clima di forte competizione elettorale, se non fossero state pronunciate dall’uomo che sul finire degli anni Novanta, nel periodo di vuoto di potere causato dalla sconfitta dell’Unione Sovietica, impresse al Pakistan la decisiva spinta per divenire una potenza regionale. Nawaz Sharif, allora Presidente, con l’ingegner Abdul Qader Khan, diede al Pakistan la prima arma nucleare “islamica”, e portò la rete di comunicazione interna dalla preistoria all’età contemporanea, costruendo le prime due autostrade pakistane. Per questo l’elettorato gli ha concesso fiducia con 125 dei 272 seggi totali. Si tratta di una maggioranza forte, ma non assoluta, ottenuta sbilanciandosi con grandi promesse e tanta retorica. Anche per questo e con la mai sopita speranza che Sharif porti al Pakistan l’eldorado saudita, il suo partito ha avuto la meglio sul secondo candidato: Imrad Khan.          

LE RELAZIONI CON GLI USA – E gli Stati Uniti non stanno certo a guardare, almeno sembra, data l’importanza della spalla pakistana nel monitorare il ritiro dall’Afghanistan. Con la posta di uno Stato islamico da 180 milioni di abitanti, dove probabilmente si nasconde ancora il mullah Omar, gli USA devono essere in primo piano fra gli amici di Islamabad, ovvero far sì che il Governo pakistano sia loro amico. In passato l’Afghanistan è stato un prezioso buffer per il Pakistan contro l’imponenza dell’Unione Sovietica. Dal canto loro, gli Stati Uniti hanno trovato nel Pakistan il loro alleato e contrafforte alla potenza sovietica prima e russa poi. Ora che la NATO lascia l’Afghanistan, il braccio militare americano si deve rafforzare nell’area e lo fa, anzi lo ha fatto a partire dal 2009, con la nuova-vecchia arma di mister Obama: i droni. Gli indicatori sono impressionanti, centinaia già schierati in Pakistan. D’altronde è da qui, dalle Federally Administered Tribal Areas (FATA),

L'ex Primo Ministro Zardari stringe la mano al Segretario agli Esteri britannico William Hague, nel 2011.
L’ex primo ministro Zardari stringe la mano al segretario agli Esteri britannico William Hague, nel 2011

 che i due più temibili gruppi terroristici islamisti (Tahrik Taliban Pakistan e Haqqani network) muovono le fila della ribellione al Governo di Kharzai. È in Pakistan che gli USA intendono dare lo strike successivo al terrorismo, anche se il Pakistan sembra non starci. Per esempio, Imrad Khan, fondatore politico del partito Tehreek-e-Insaf (Movimento per la Giustizia), aveva promesso di combattere contro le prevaricazioni della sovranità pakistana compiute dai droni (e non solo) USA, e aveva basato su questa falsariga tutta la sua campagna elettorale. Sharif era invece più tollerante e collaborativo, anche perché veniva da anni di esilio presso gli alleati sauditi. Poi, il 24 ottobre, nell’incontro con Obama, ha chiesto formalmente la diminuzione e la successiva sospensione degli attacchi degli UAV (spinto dall’opinione pubblica del suo Paese). Ma la risposta americana è misurata e diplomatica: Washington farà di tutto per ridurli. Come non detto, il primo novembre di quest’anno, in un bombardamento di droni americani, venne ucciso in territorio pakistano il leader del partito islamista TTP, Akimullah Mehsud, insieme ad altri militanti. Islamabad non ha intrapreso iniziative se non emettere una nota formale di protesta. Insomma, il Pakistan ha bisogno dei soldi americani per combattere il terrorismo e Nawaz Sharif per mantenere le sue promesse. Anche gli Stati Uniti hanno bisogno del Pakistan per combattere il terrorismo, così come per rimanere in Asia centrale, e avere Sharif più amico di quanto lo abbia la Cina.

L’AMICIZIA PER TUTTE LE STAGIONI (CINA) – L’alleanza fra Pakistan e Cina presenta caratteristiche specifiche che la differenziano dalla maggior parte delle alleanze. Infatti è un’intesa fra due Stati che non hanno affinità ideologiche o culturali o etniche. Non si tratta inoltre di un’alleanza nata da motivazioni strategiche contingenti, poiché va avanti da sessanta anni, ed è stata mantenuta come punto fondamentale della politica estera dei due Paesi, via via rafforzata. A testimonianza di ciò, per esempio, non appena il Primo Ministro Nawaz Sharif ha ottenuto l’incarico di premier, il suo omologo cinese Liu Keiqiang lo ha raggiunto (a distanza di soli nove giorni dalla vittoria). Se un punto sarà fondamentale nella politica estera di Sharif, quello sarà l’amicizia con la Cina. Tirando le somme, all’interno del Pakistan l’anziano Presidente ha iniziato una serie di cambiamenti ai vertici degli strumenti delle Istituzioni. Verso l’esterno, invece, Sharif rivolgerà le sue attenzioni ai finanziamenti americani e agli investimenti cinesi. In particolare, una volta che la NATO abbandonerà ufficialmente la scena centrasiatica, la Cina potrebbe tornare a muoversi intorno ai porti pakistani, e questo interesserebbe a Islamabad in particolare per risolvere certi suoi fabbisogni energetici.

Francesco Valacchi

 

Una mappa del Pakistan che ne evidenzia le numerose divisioni amministrative.
Una mappa del Pakistan che ne evidenzia le numerose divisioni amministrative

 

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Francesco Valacchi
Francesco Valacchi
Nato a Siena nel 1980, laureato in Scienze Strategiche nel 2004 presso l’ateneo di Torino ed in Studi Internazionali presso quello di Pisa nel 2013. Abita a Livorno.
E’ appassionato di geopolitica e strategia, dottorato e cultore della materia presso l’Università di Pisa.
Passa il suo scarsissimo tempo libero leggendo di geopolitica, scrivendo di geopolitica, saltando fuori da aerei perfettamente funzionanti ed insegnando a farlo, e arrampicandosi sulle montagne.

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