La conferenza di Ginevra sulla Siria che si sta svolgendo in questi giorni a Ginevra sta mostrando come la discussione internazionale sulla questione stia lentamente spostandosi da un tentativo di risolvere il conflitto del tutto al cercare di trattare solo alcune questioni per volta.
Vediamo per punti di cosa si stia parlando nella conferenza di pace per la Siria di Ginevra e quali elementi possano essere oggi al centro dell’attenzione:
1. Non si parla di soluzione completa del conflitto. il fronte anti-Assad vuole la destituzione del Presidente, ma non ha la forza militare per sconfiggerlo. Lui d’altro canto ha dichiarato recentemente all’Agencie France-Presse che non intende dividere il potere con i ribelli. Per questo non è realistico pensare che si arrivi a una soluzione definitiva in questo meeting.
2. La Russia vuole impedire una frammentazione del paese e dunque una perdita dei propri privilegi,  mentre Washington non vuole armare i ribelli direttamente (come invece richiedono riviste come The Economist) perché teme le armi possano andare ai gruppi più estremisti. Ne deriva una sostanziale situazione di stallo.
3. Assad sul campo sta recuperando terreno. I ribelli sono divisi, a volte combattono anche tra loro e l’appoggio di Iran e Hezbollah sta aiutando il Presidente siriano a vincere alcuni scontri locali. Questo lo porta a credere di poter riuscire, nel lungo periodo, a sconfiggere tutti i ribelli e che sia solo questione di tempo. Molti analisti credono che, anche nel migliore dei casi, lo scontro continuerĂ invece ancora a lungo, con inevitabili effetti sulla popolazione civile.
4. Per questo accusa tutti i ribelli di essere terroristi. PoichĂ© i gruppi principali sono effettivamente estremisti, Assad ha gioco facile a insinuare nell’Occidente la nozione che è meglio lui dei terroristi, che è possibile collaborare per sconfiggerli – un modo per guadagnare legittimitĂ . Egli stesso ha definito questa conferenza un’occasione per parlare della lotta al terrorismo, indicando la sua volontĂ di lasciare altri aspetti fuori dalla discussione
5. Giocano a suo sfavore le tattiche di fuoco sulla popolazione. Bombardamenti contro civili e zone densamente abitate, soprattutto vicino alle città di Aleppo e Homs, mantengono alta la forte condanna della comunità internazionale contro Assad e i suoi uomini e così la richiesta che abbandoni il potere.
6. Questo porta a un altro punto sul quale si discute: la possibilitĂ di un corridoio umanitario per evacuare almeno donne, vecchi e bambini dalla cittĂ di Homs e lasciar passare medicinali e cibo. PerchĂ© diventi operativo tutte le parti in causa devono però essere d’accordo, o i convogli internazionali non rischieranno.
7. Questa idea va bene a tutti, ma con delle condizioni. I ribelli vogliono l’assicurazione che chi se ne va possa ricevere un lasciapassare e non essere arrestato appena uscito dalla cittĂ . Richiedono inoltre piĂą cibo e medicinali. Assad vuole controllare maggiormente chi entra e chi esce.
8. Da un lato queste opposizioni rischiano di fermare l’accordo anche su questo punto. Dall’altro la riuscita permetterebbe di iniziare un lento processo di confidence building nel quale le due parti iniziano a vedere di potersi fidare l’una dell’altra in caso di accordi. I continui scontri e gli attacchi contro civili rendono però difficile alle parti accettare tale “fiducia” reciproca.
9. L’Iran prima è stato invitato, poi è stato tenuto fuori dalla conferenza su richiesta dei gruppi ribelli che altrimenti minacciavano di non venire. Questo pasticcio diplomatico potrebbe non avere conseguenze sui rapporti tra Occidente e Repubblica Islamica – per Iran e USA l’accordo sul nucleare di questi mesi è piĂą importante di questi dettagli – ma è indicativo dell’attenzione che bisogna porre per non creare involontariamente blocchi a ogni tentativo di dialogo.
10. L’Iran potrebbe comunque diventare un partner importante nell’influenzare il conflitto, mentre sarĂ piĂą difficile coinvolgere Arabia Saudita e Qatar che vogliono vedere Assad caduto a ogni costo e sono sempre meno interessati a seguire la politica estera USA in Medio Oriente, proprio a cominciare dalla crescente distensione con Tehran.
Lorenzo Nannetti