Caffè lungo – L’attentato al Crocus City Hall è l’ultimo di una lunga scia che ha colpito la Russia negli anni. Se prima ha visto la minaccia jihadista arrivare dal Caucaso, ad oggi sono le nazioni dell’Asia centrale che si stanno rivelando terreno fertile per il fondamentalismo islamico. Gruppi terroristici sempre più frequentemente reclutano militanti da questa regione, tra cui l’Isis-K, nel cui mirino c’è anche la Russia.
Attentato al Crocus City Call: l’Isis rivendica, Mosca accusa Kyiv
Verso le otto di sera di venerdì 22 marzo un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco nel teatro del Crocus City Hall di Krasnogorsk, una cittadina di 120mila abitanti situata 23 chilometri a ovest di Mosca. Con un bilancio di 144 morti e 551 feriti, l’attentato è uno dei più gravi avvenuti in Russia negli ultimi anni. Rivendicato a poche ore di distanza dall’Isis, secondo l’intelligence statunitense sarebbbe stato materialmente eseguito dall’Isis-K. In un annuncio rivolto al Paese, il giorno seguente, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha condannato il “sanguinoso e barbarico atto terroristico”, senza tuttavia fare il nome dell’organizzazione. Ha dichiarato che i quattro esecutori del massacro, uomini di origine tagika, sono stati arrestati nella regione di Bryansk, al confine tra Bielorussia e Ucraina, nel tentativo di dirigersi verso quest’ultima. Il Presidente russo ha lasciato intendere che gli assalitori abbiano ricevuto supporto da Kyiv, il quale avrebbe preparato un varco per permettere loro di entrare nel Paese. Soltanto in seguito, Putin ha riconosciuto la mano dei fondamentalisti dietro l’attentato, tuttavia riaffermando l’esistenza di una pista ucraina, versione supportata anche da altri esponenti del Cremlino.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Ambulanze e altri veicoli d’emergenza di fronte al Crocus City Hall durante l’attacco terroristico dello scorso 22 marzo
La russia e il confronto con il terrorismo islamico: dal Caucaso all’Asia centrale
L’attacco al Crocus City Hall rappresenta l’ultimo di una serie di attentati di matrice jihadista contro la Federazione Russa. A dispetto delle accuse rivolte all’Ucraina in merito al suo coinvolgimento, di fatto il fondamentalismo islamico è da tempo una questione spinosa per il Paese. A fine anni Novanta e inizio anni Duemila, il fenomeno del terrorismo proveniva principalmente dalla regione del Caucaso del Nord. Nello specifico, dalle repubbliche caucasiche della Federazione Russa a maggioranza musulmana, come Cecenia, ma anche Daghestan e Inguscezia, dove peraltro sentimenti antigovernativi e separatisti sono ben radicati. Nel 1999, ci furono gli attentati dinamitardi contro edifici a Mosca di ribelli ceceni e daghestani, che provocarono la morte di 293 persone; nel 2002, ci fu il sequestro del teatro Dubrovka nella capitale russa da parte di militanti ceceni, conclusosi con 130 vittime; nel 2004, la strage alla scuola di Beslan, ancora da parte di separatisti ceceni, che terminò con la morte degli oltre 300 ostaggi; nel 2010, vi fu l’attentato nella metropolitana della capitale russa, dove 40 persone rimasero uccise; nel 2011, fu la volta dell’attacco suicida all’aereoporto Domodedovo di Mosca, conclusosi con 37 vittime. In particolare, quest’ultimo fu rivendicato dall’Emirato del Caucaso, l’organizzazione nata a partire dal movimento di indipendenza ceceno ma con una più marcata motivazione jihadista. Ad oggi, sebbene la minaccia jihadista-secessionista nel Caucaso del Nord non sia stata completamente neutralizzata, rimane tutto sommato sotto controllo. Piuttosto, a partire dagli ultimi anni, il pericolo del terrorismo per la Russia sembra invece provenire dall’Asia centrale, divenuto l’epicentro per l’arruolamento di jihadisti. In particolare, i Paesi che convergono nella Valle di Fergana, cioè Uzbekistan, Kirghizistan e soprattutto Tagikistan. Si tratta, questa, di una regione vulnerabile al fondamentalismo, dove già negli anni Novanta gruppi guidati dalla volontà di creare un califfato islamico sono emersi. Più recentemente, il ritorno di combattenti dalla Siria dopo la sconfitta dell’Isis e i contatti con altri gruppi fondamentalisti, inclusi i Talebani, al-Qaeda, e l’Isis-K, hanno favorito processi di radicalizzazione nella regione, la quale è diventata un prolifico centro di reclutamento per le organizzazioni terroristiche. Oggigiorno, con maggiore frequenza gli attori implicati in attacchi di matrice jihadista provengono dall’Asia centrale. È il caso dell’esplosione nella metro di San Pietroburgo del 2017, il cui esecutore materiale era originario del Kirghizistan.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Putin presiede via video una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza nazionale, 22 marzo 2024
Mosca nel mirino dell’Isis-K
L’Isis-K è una branca dell’Isis nata in Afghanistan nel 2014. L’organizzazione, di ispirazione sunnita, prende il nome da Khorasan, un termine utilizzato per indicare una regione che include parte dei moderni territori di Iran, Afghanistan e Asia centrale. Dopo aver inizialmente guadagnato notorietà, l’offensiva delle forze americane e gli scontri con i Talebani indebolirono temporaneamente le file dell’organizzazione. Tuttavia, in seguito alla presa di Kabul da parte dei Talebani nel 2021, l’Isis-K ha trovato nuova linfa vitale. Non solo obiettivi in Afghanistan, ma anche Turchia, Iran e diversi Paesi europei hanno subìto o sventato attentati del gruppo. Per quanto riguarda la Russia, la questione è innanzitutto probabilmente legata al malcontento verso Mosca per ragioni storiche. Soltanto in periodi più recenti, essa si è resa protagonista dell’invasione dell’Afghanistan (1979-1989), ha portato la guerra in Cecenia (1994-1996 e 2001-2009) ed è intervenuta in Siria (2015), dove è tutt’ora presente. Agli occhi dei militanti islamici la Russia è generalmente associata ad eventi e politiche ritenute oppressive nei confronti dei fedeli musulmani. Oltre a ciò, se l’Isis K ha rivolto la propria attenzione verso Mosca ha principalmente a che fare con la rete di alleanze del Cremlino, che di fatti intrattiene rapporti con coloro che l’Isis-K considera nemici. La Russia è alleata dell’Iran, un Paese a maggioranza e guida sciita, ed è uno dei maggiori sostenitori del regime di Bashar al-Assad in Siria, anch’esso sciita di fede alawita. Supporta inoltre i Governi dei Paesi dell’Asia centrale, dove l’Isis-K non solo ha contatti con gruppi jihadisti locali ma ne condivide l’obiettivo di rovesciare le autorità statali. Infine, mantiene relazioni con i Talebani in Afghanistan, con cui l’Isis-K è in aperto conflitto per il controllo del territorio. In pratica, il potenziale per un confronto tra Russia e jihadisti sunniti esiste e continuerà ad esserci almeno fino a quando Mosca sosterrà coloro che i jihadisti oppongono.
Lorenzo Asquini
“Saint Basil’s Cathedral – Cathédrale Saint-Basile-le-Bienheureux de Moscou sur la place rouge” by Ylliab Photo is licensed under CC BY