In 3 sorsi – La riapertura delle ostilitĂ tra Armenia e Azerbaijan per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh e delle sette province adiacenti rappresenta una minaccia alla stabilitĂ della Transcaucasia, la quale va a minare un equilibrio da sempre precario che rischia di travolgere anche la Georgia. Non c’è solo la paura, da parte di Tbilisi, di avere la guerra a un passo da casa: i fattori in gioco sono molteplici.
1. LA DIFFICILE NEUTRALITĂ€ DELLA GEORGIA
Dall’escalation del conflitto tra Armenia e Azerbaijan i maggiori esponenti politici georgiani hanno lanciato un appello congiunto per il cessate il fuoco, sottolineando la necessitĂ di cercare una pacifica risoluzione del conflitto. Il Governo georgiano si è da subito proposto come mediatore tra le parti, offrendo Tbilisi come sede per possibili incontri, invito non ancora raccolto da Baku e Yerevan. La mossa principale per riaffermare questa neutralità è stata imporre il divieto di transito per tutti gli armamenti diretti verso Stepanakert, sperando, in questo modo, di non scalfire gli amichevoli rapporti mantenuti da sempre con i due Stati nemici. Prendendo in considerazione lo status della Georgia, lo Stato caucasico avrebbe tutto l’interesse a schienarsi dalla parte dell’Azerbaijan, sia per la forte dipendenza dalle forniture di gas azero, sia per la presenza, su territorio georgiano, di due regioni irredentiste, Abkhazia e Ossezia del Sud, de facto fuori dal controllo di Tbilisi. Questa posizione, però, non è condivisa da molti georgiani: c’è infatti la percezione generale che il conflitto nel Nagorno-Karabakh non abbia molto in comune con quelli in Abkhazia e Ossezia del Sud, considerati piuttosto come rivendicazioni eterodirette da Mosca. La Georgia non si sente in una posizione del tutto affine a quella dell’Azerbaijan e sin dalla sua indipendenza ha sempre cercato di privilegiare una condotta equidistante e neutrale riguardo al conflitto del Nagorno-Karabakh.Â
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Manifestazione della comunitĂ azera in Georgia per commemorare il massacro di Khojali, avvenuto durante la guerra armeno-azera dei primi anni Novanta
2. LE MINORANZE ARMENE E AZERE IN GEORGIA
La posizione neutrale della Georgia deriva anche dalla massiccia presenza di minoranze armene e azere entro i propri confini, le quali rappresentano piĂą del 10% della popolazione. Sebbene le due comunitĂ abbiano sempre coabitato pacificamente, è alto il rischio che gli eventi circostanti possano questa volta intaccare l’equilibrio tra le due etnie. Schierarsi apertamente con uno dei due Paesi porterebbe a un acuirsi delle tensioni tra le due comunitĂ e, addizionalmente, significherebbe innescare la destabilizzazione del proprio territorio dall’interno, preparando il campo per nuove rivendicazioni territoriali. Dalla riapertura del conflitto i social media, però, sono stati invasi da una campagna di fake news volta a mostrare l’appoggio di Tbilisi nei confronti di Baku. Queste sono state capaci di causare tensioni tra il Governo e la popolazione di Javakheti, a maggioranza armena, le quali si sono sommate alla rabbia degli armeni di fronte al rifiuto delle AutoritĂ di spedire camion con cibo e pneumatici verso Stepanakert. Il sospetto di Tbilisi è che questa campagna di notizie tendenziose sia orchestrata dalla Russia, in preparazione per eventuali mosse future nella regione.Â
Fig. 2 – Mappa della Georgia con la regione a maggioranza armena di Javakheti / Fonte: Gov.ge
3. SCONGIURARE L’INGRESSO DELLA RUSSIA NEL CONFLITTO
L’ingresso della Russia al fianco dell’Armenia trasformerebbe la regione nell’ennesimo teatro di scontro tra Russia e Turchia: un’eventuale replica di questo scenario non sembra essere ancora nei piani di Mosca. Nel lungo periodo, tuttavia, la Russia non potrà permettersi di abbandonare il suo alleato armeno, unico Stato della Transcaucasia a essere membro del CSTO, sebbene dall’elezione di Pashinyan i rapporti tra i due Stati non siano più idilliaci come un tempo. Lo scenario maggiormente temuto da Tbilisi è quello di vedere aumentare drasticamente la presenza militare russa nella regione. La principale base militare di Mosca nella Transcaucasia, inoltre, si trova proprio in Ossezia del Sud e la Russia non sarebbe molto propensa a rispettare il divieto di transito imposto da Tbilisi per muovere i suoi armamenti, sfidando così la volontà del Governo. Infine, un’altra concreta paura è rappresentata dall’evenienza, non troppo remota, che Mosca possa usare il conflitto del Karabakh per destabilizzare maggiormente il territorio georgiano, appoggiando le istanze separatiste degli armeni di Javakheti e minando così la sovranità territoriale della Georgia anche a sud.
Irene Sciurpa
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