In 3 sorsi – Firmato da Armenia, Azerbaijan e Russia un accordo di pace che interrompe gli scontri in Nagorno-Karabakh. Costernazione in Armenia mentre l’Azerbaijan esulta perché riconquista buona parte dei territori contesi.
1. UN ACCORDO A TRE
La riconquista della città di Shushi/Shusha da parte dell’Azerbaijan avvenuta negli ultimi giorni ha segnato un punto di svolta nel conflitto con l’Armenia. Le forze azere, sostenute dalla Turchia, sono arrivate a pochi chilometri dalla capitale Stepanakert (Khankendi), mettendo in grande difficoltà l’esercito armeno. Per evitare la sconfitta totale e la perdita della capitale, il premier armeno Nikol Pashinyan ha accettato di stipulare un accordo di pace, firmato anche dal Presidente azero Ilham Aliyev e da quello russo Vladimir Putin, intervenuto nelle trattative come intermediario. L’Armenia, che dal 1994 lotta per preservare lo status quo stabilito dagli accordi di Bishkek, ha rinunciato a buona parte dei territori precedentemente sottratti all’Azerbaijan. L’accordo assegna a Baku le aree del Nagorno Karabakh riconquistate durante gli scontri delle ultime settimane e prevede che l’Armenia si ritiri da alcuni dei distretti limitrofi alla regione contesa, che sono a loro volta sotto occupazione dagli anni Novanta. L’accordo prevede anche l’invio di circa duemila peacekeeper russi che per 5 anni sorveglieranno le aree degli scontri e il corridoio di Lachin, la strada che collega Stepanakert all’Armenia.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una donna azera prende parte ai festeggiamenti per le strade di Baku, mostrando un ritratto del Presidente Ilham Aliyev, 10 novembre 2020
2. LE REAZIONI IN ARMENIA E IN AZERBAIJAN
Nelle scorse ore la popolazione azera si è riversata nelle strade di Baku manifestando il proprio orgoglio nazionale: in Azerbaijan la firma del nuovo accordo viene considerata una vittoria assoluta dopo quasi 30 anni di umiliazioni. Lo stesso Presidente Ilham Aliyev è apparso visibilmente soddisfatto: secondo le sue dichiarazioni si tratta di un evento di importanza storica per il Paese.
Completamente diverso il clima che si respira a Yerevan, dove folle di manifestanti hanno dato inizio a proteste contro Pashinyan, accusandolo di tradimento e prendendo d’assalto il Parlamento e i palazzi governativi. Il premier armeno ha dichiarato pubblicamente che la decisione di porre fine agli scontri firmando l’accordo di pace era inevitabile, a fronte dell’avanzata inesorabile dell’esercito azero. Tuttavia Pashinyan ha rivolto parole di incoraggiamento alla popolazione, incitandola a non arrendersi nonostante le attuali criticità .
Fig. 2 – La polizia armena interviene per fermare i manifestanti che si dirigono verso il palazzo del Governo, Yerevan, 10 novembre 2020
3. PROSPETTIVE FUTURE
Restano per il momento sotto il controllo del Governo del Karabakh la capitale Stepanakert e i territori che non sono stati riconquistati dall’esercito azero.
Putin, prendendo parte alla definizione dell’accordo di pace e stabilendo l’invio di peacekeeper russi nel Caucaso meridionale, ha dimostrato ancora una volta l’intenzione del Cremlino di porsi come ago della bilancia nel conflitto. La Russia, posizionando i suoi peacekeeper lungo il corridoio di Lachin per i prossimi 5 anni (con possibile prolungamento successivo del loro incarico), si è assicurata un ruolo strategico di grande rilievo nella regione. Stesso discorso per la Turchia, che appoggiando Baku ha guadagnato influenza nell’area.
Per quanto riguarda i due belligeranti, la leadership azera ha indubbiamente beneficiato della vittoria conseguita, rafforzando la propria credibilità di fronte alla popolazione. Al contrario gli eventi degli ultimi giorni anticipano quella che probabilmente sarà una fase di grave crisi politica per l’Armenia, scoraggiata dalle sconfitte militari e dalle perdite territoriali.
Chiara Soligo
““We Are Our Mountains”” by Clay Gilliland is licensed under CC BY-SA