Preannunciato da indiscrezioni e commenti in tutto il mondo, è finalmente stato consegnato l’ultimo AIEA Board Report sull’Iran, definito da alcuni diplomatici come “il piĂą esplosivo documento sull’argomento”. Dentro non c’è nessuna prova schiacciante, ma la repubblica islamica ha molto da chiarire e, non facendolo, tende a confermare i timori occidentali e di Israele. Il regime degli ayatollah potrebbe probabilmente avere la sua prima “bomba” entro un anno: quali sarebbero gli scenari in questo caso?
DIMENSIONE MILITARE – E’ in effetti il primo rapporto che rivela anche tutto l’insieme delle conoscenze a disposizione dell’agenzia e dell’intelligence internazionale sul dossier nucleare di Teheran. Rispetto ai precedenti, fornisce infatti un’analisi molto piĂą accurata della possibile dimensione militare del programma, chiamato in codice AMAD fino alla sua chiusura ufficiale nel 2003, ma poi trasferito ad altre nuove funzioni create appositamente perchĂ© proseguisse. L’avanzamento della ricerca e sviluppo per una dimensione militare verrebbe infatti indicata, senza scendere troppo in dettagli tecnici, da:
– Â le continue sperimentazioni per sviluppare vettori Shahab-3 a lunga gittata capaci di portare testate nucleari, inclusi complessi studi computazionali (ovvero calcoli al computer) per la modellazione ottimale dei componenti.
– Â lo sviluppo, grazie a tecnici russi, di tecnologia EBW per detonatori adatti a ordigni nucleari
–  studi su materiali e tecnologia le cui caratteristiche sono applicabili in pieno solo a ordigni nucleari. L’Iran ha ignorato o dichiarato falsi tali rapporti e va detto che si tratta pur sempre della parola di un paese contro quella dei suoi accusatori; tuttavia il regime degli Ayatollah su questo tema non ha fatto nulla per meritare fiducia.
OSTRUZIONISMO – Negli scorsi anni l’AIEA ha infatti sempre riportato un sostanziale ostruzionismo di Teheran i cui funzionari si sono spesso rifiutati di rispondere, o lo hanno fatto in modo incompleto e/o contraddittorio, a numerose richieste di informazioni su questi aspetti del programma. I tecnici AIEA si sono così trovati spesso impossibilitati a raccogliere sufficienti dati, arrivati comunque tramite le agenzie di intelligence di altri paesi. Il rifiuto iraniano di giustificare tali progetti di ricerca non rassicura infatti nĂ© l’agenzia nĂ© la comunitĂ internazionale, portando appunto alla sfiducia attuale e alle aperte accuse di cercare di arrivare alla bomba atomica.
ARRICCHIMENTO – Lo stesso processo di arricchimento dell’uranio porta a nuovi dubbi dato che Teheran continua a non fornire sufficienti garanzie sull’impiego dell’uranio arricchito oltre il 5%. Per quanto, come già spiegato in passato, nella capitale vi sia effettivamente un reattore di ricerca che utilizzi uranio arricchito al 19.75%, le quantità coinvolte sembrano eccessive, né l’AIEA ha i mezzi per confermare che parte dell’uranio non venga arricchito altrove. In particolare la scoperta del sito di arricchimento di Fordow vicino a Qom nel 2008 (ammesso da Teheran solo un giorno prima che gli USA rivelassero di averlo scoperto via satellite), ha riproposto il rischio che esistano altri siti nascosti e non dichiarati e pone continui dubbi circa la buona fede iraniana. Il trasferimento di gran parte dell’uranio più arricchito proprio a Fordow ora in corso e alcune stime sulle quantità prodotte indicano che l’Iran potrebbe avere abbastanza combustibile per un paio di bombe entro alcuni mesi.
DUNQUE? – Insomma, esistono prove incontrovertibili che l’Iran stia producendo la bomba atomica? Forse non ancora, ma le informazioni in possesso dell’AIEA sono numerose, precise e valutate credibili, oltre che confermate da piĂą agenzie di intelligence. Per questo anche ipotizzando che l’intento iraniano sia effettivamente pacifico, l’AIEA chiede garanzie in tal senso, senza le quali le accuse diventano sempre piĂą plausibili. E’ bene capire infatti che secondo i termini del trattato di non-proliferazione (NPT) e il Safeguards Agreement tra l’Iran e l’AIEA, che Teheran stessa ha accettato, è la repubblica islamica a dover dimostrare incontrovertibilmente all’AIEA di non avere mire belliche, e non il contrario. La continua mancata collaborazione, che si protrae ormai da anni (basti vedere i rapporti precedenti), va invece in direzione opposta. Il dubbio di molti è: se tutti questi elementi non servono per produrre la bomba atomica, a cosa servono? Per ora l’Iran non ha voluto rispondere, alimentando le accuse.
Che fare dunque? L’ex-capo del Mossad Meir Dagan ha recentemente affermato di ritenere che i problemi tecnici di Teheran siano ancora notevoli e potrebbero volerci ancora 1-2 anni prima di arrivare a una bomba utilizzabile. Ma il tempo passa e finora le sanzioni non hanno portato l’Iran a posizioni concilianti. Difficilmente lo faranno, soprattutto adesso che Russia e Cina, memori dell’intervento NATO in Libia, spingono fortemente per impedire ogni forte sanzione o risoluzione contro Teheran.
OPZIONI E RISCHI – Del resto Wikileaks ha rivelato ciò che tutti gli analisti sapevano: non sono gli USA a volere il conflitto con l’Iran, ma i paesi arabi moderati del Golfo che temono un Iran nucleare. Israele si dice pronto ad agire, ma la distanza è notevole e l’IAF non è poi così ben equipaggiata per una simile campagna di bombardamento, incluso il fatto che le 55 bombe bunker-buster di cui dispone (secondo le ultime stime) sono assolutamente insufficienti. I bersagli sono molti, sparsi e spesso ben corazzati, e potrebbero non essere nemmeno tutti conosciuti. Gerusalemme potrebbe decidere di colpire nel tentativo di ottenere comunque il coinvolgimento USA. Dall’altra parte un attacco a Teheran provocherebbe comunque una reazione di Hezbollah e forse Hamas, oltre che una piccola guerra navale nel Golfo Persico e dintorni che avrebbe un elevato impatto mediatico e parzialmente economico per i rifornimenti di petrolio (l’Iran non può bloccarli, ma a volte la paura è sufficiente). Da qui il conflitto potrebbe estendersi ulteriormente. Il tutto si gioca su una linea sottile: finchĂ© la leadership iraniana crederĂ che la reazione occidentale sarĂ solo vocale e non reale, continuerĂ nei suoi piani. Ma potrebbe non accorgersi di andare troppo oltre, e superare quel punto di non ritorno oltre il quale la reazione occidentale diventa inevitabile.
Lorenzo Nannetti