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Cile, Bachelet mantiene le promesse?

Nel suo primo anno di ritorno al Governo, Michelle Bachelet sta varando misure espansive che prevedono un ruolo più attivo dello Stato nell’economia, in controtendenza rispetto alle ricette neoliberali dell’ultimo trentennio. Non solo un mantenimento delle promesse, ma anche una scelta probabilmente necessaria per rilanciare un sistema in rallentamento.

INVERSIONE DI MARCIA – Si tratta di una rivoluzione? In un certo senso sì, in quanto non può non richiamare l’attenzione il fatto che il Cile, protagonista negli ultimi trent’anni del successo delle politiche neoliberali, basate sulla riduzione del ruolo dello Stato e su un mercato del lavoro flessibile, si appresti ad aumentare la partecipazione pubblica nell’economia. È quanto appare dalla legge di bilancio 2015, presentata a inizio ottobre dalla presidente Michelle Bachelet. Il bilancio del prossimo anno ammonta a 70 miliardi di dollari: è un aumento di quasi il 10% rispetto al 2014, con il 68% destinato alla spesa sociale. Si tratta di una promessa della campagna elettorale mantenuta, volta a rafforzare lo stato sociale del Paese – educazione, salute e sistema pensionistico, – che si contraddistingue per un’alta disuguaglianza sociale. Seppur nel 2010 il Cile sia entrato a far parte dei membri dell’OCSE, che comprende gli Stati più sviluppati al mondo, i suoi indicatori sociali rimangono fra i più bassi del gruppo.

PIÙ ISTRUZIONE E INVESTIMENTI – Uno degli “assi nella manica” del programma è la riforma educativa, che prevede un forte aumento del controllo sugli istituti privati, attualmente dominanti nel sistema, e un rafforzamento dell’istruzione pubblica, compresi il miglioramento delle strutture esistenti e la costruzione di nuove scuole. Il bilancio del 2015 prevede infatti un aumento dell’85% negli investimenti pubblici rispetto al 2014. Per finanziare tale sforzo, il Governo ha promosso una riforma tributaria che ha al centro l’aumento delle imposte sulle imprese dal 20% al 27%. Bachelet marca quindi una forte discontinuità rispetto al predecessore, il conservatore Sebastián Piñera, e soprattutto alla storia recente del Cile, il quale di tutti Paesi latinoamericani è quello che senza alcun dubbio ha applicato con maggior successo le ricette della dottrina neoliberale, composta da privatizzazioni, bassi salari e una debole partecipazione statale nell’economia.

cobre chile
Una miniera di rame in Cile

NON SOLO PROPAGANDA – Tuttavia non si tratta solamente di propaganda elettorale. Bachelet deve far fronte al rallentamento economico del Paese, con una crescita del PIL di “appena” il 3,6% (ma si prevede una discesa fino al 2% alla fine dell’anno), e l’aumento della disoccupazione (+ 1% in comparazione con lo stesso periodo del 2013). Tale congiuntura impone al Governo di prendere delle misure espansive di stimolo alla domanda e di agire in forma anti-ciclica per sostenere l’investimento privato, in calo. Tutto questo appoggiandosi alla solidità della situazione fiscale del Cile, che può contare su un notevole surplus di bilancio grazie agli anni di bonanza derivati dagli alti prezzi del rame – la sua principale esportazione – sul mercato internazionale. L’economia cilena è infatti in gran parte basata sull’esportazione, in particolare del rame. Il rallentamento della domanda cinese ha fatto diminuire il prezzo di questo metallo, che si avvicina pericolosamente alla barriera dei 3 dollari la libbra, al di sotto della quale è legittimo aspettarsi alcuni problemi finanziari. Il basso prezzo del rame influenza inoltre il tasso di cambio con il dollaro statunitense, che è aumentato vertiginosamente raggiungendo la soglia dei 600 pesos. Sebbene questo tipo di cambio favorisca le esportazioni (su tutti i prodotti agricoli e ittici), esso non è ancora sufficiente per invertire la tendenza in termini di crescita, mentre la maggior parte dei beni di consumo hanno sofferto un’alta inflazione.

OPPORTUNITÀ E RISCHI – Il Governo di Santiago capisce perfettamente che non può rimanere indifferente. Per questa ragione la Banca centrale ha ridotto il costo del denaro, tagliando i tassi di interesse. In questo modo si spera d’incentivare la ripresa del mercato, che, in grande misura, si trova soggetta alla spinta del settore immobiliare, in crescita ormai da tempo e con il più alto numero di occupati nel Paese. Per fare in  modo che la tendenza continui c’è quindi bisogno che le famiglie possano spendere (e per questo serve ridurre la disoccupazione). In questo senso il Governo di Bachelet ha inaugurato la seconda fase di un vasto programma di sussidi per l’acquisto della prima casa, che ha garantito l’accesso alla proprietà per centinaia di cileni. Nei prossimi mesi si valuterà se l’implementazione di queste politiche economiche avrà effetto. Ci sarà da temere per la tenuta dei conti pubblici? Il precedente esecutivo Bachelet si era distinto per una gestione oculata, anche se aveva potuto contare su entrate fiscali molto superiori, grazie all’alto prezzo del rame. Oggi le circostanze sono leggermente diverse.

Gilles Cavaletto

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Un chicco in più

Il Cile è il principale esportatore mondiale di rame, seguito dal confinante Perù. Una ricchezza che il Paese ha saputo gestire in maniera attenta, come testimoniano gli invidiabili conti pubblici (il rapporto debito/PIL è infinitamente basso, di poco superiore al 15%). Volete saperne di più sull’oro rosso del Cile? Visitate il sito di Codelco (Corporación del Cobre).

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Gilles Cavaletto
Gilles Cavaletto

Vivo a Santiago ma ho studiato temi europei. Ho lavorato in America Latina, in agenzie legate all’ONU attive nel tema della cooperazione internazionale. Per il “Caffè Geopolitico” seguo il Cile e Haiti, bellissima isola martoriata dal terremoto e dalla povertà nella quale ho lavorato.

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