Mentre anche l’anno lunare si avvia alla sua naturale conclusione e entriamo nel mese di Febbraio, il pianeta torna a ruotare attorno ai fuochi che hanno contraddistinto le nostre puntate precedenti nei vari focolai di conflitto combattuto o abbozzato. Israele si assume le responsabilitĂ dell’ennesima invasione dello spazio aereo e della sovranitĂ siriana mentre l’Iran torna a sventolare la bandiera delle trattative. Sul fronte orientale la Corea del Nord sembra pronta a festeggiare il nuovo anno lunare col piĂą grosso fuoco d’artificio visto a Pyongyang mentre Pechino torna sorniona sul capitolo Myanmar
EUROPA
REGNO UNITO – La Corona britannica torna ad organizzare le basi del ritiro dell’Impero, questa volta limitato all’Afghanistan, dove 9000 soldati della Union Jack sono ancora di stanza a tentar di puntellare la transizione politico-militare. Incontrandosi Domenica con il Presidente Pakistano Asif Ali Zardari e il corrispettivo di Kabul Hamid Karzai con i quali ha intavolato l’arduo percorso della cooperazion verso il passaggio di potere nella terra mai conquistata verso l’Afghan National Army. L’incontro è stato inoltre “la prima occasione in cui l’establishment politico-militare, i capi di stato maggiore, l’intelligence e i membri del Consiglio per la Pace di Pakistan e Afganistan vengono coinvolti allo stesso tempo”, nelle parole di un poortavoce di Downing Street. Il tutto a pochi mesi dal dimezzamento delle truppe di sua MaestĂ alla Missione ISAF in un Afganistan ben lontano dalla stabilitĂ tanto agognata.
TURCHIA – La NATO e gli Stati Uniti hanno ufficialmente condannato l’attacco suicida al Consolato americano di Ankara considerandolo come un vero e proprio attacco terroristico. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan non avrebbe alcun dubbio nell’indicare quale responsabile del gesto spettacolare il gruppo di sinistra radicale “Fronte rivoluzionario di liberazione popolare”, da sempre tra gli accusati dei vari attentati che hanno sconvolto la Turchia dagli anni ’70. Proprio due settimane fa la polizia e l’esercito avevano messo a segno un duro colpo alla base del gruppo arrestando circa 85 operativi. Tuttavia i sospetti circolano attorno al quadrato costituito dai seguaci della formazione dell’estrema sinistra, profondamente anti-americana, dagli estremisti islamici legati ad Al-Qaeda, dal braccio armato del PKK curdo fino all’ipotesi di un coinvolgimento dei servizi segreti siriani pronti ad esportare il terrore e il sangue di Damasco.
AMERICHE
CUBA – Chiamata alle urne per la popolazione cubana, si sono infatti aperte domenica le elezioni per stabilire i nuovi nomi dell’Assemblea Nazionale costituita da 612 seggi da assegnare tra i vari candidati. Il particolare piĂą imbarazzante delle elezioni è però il fatto che per quei 612 seggi si sono presentati esattamente 612 candidati, una delle poche occasioni in cui il motto di decoubertiniana memoria “l’importante è partecipare” tiene banco. L’opposizione, o quello che ne rimane, lamenta l’organizzazione farsesca dell’appuntamento elettorale, anche se i 2/3 dei candidati sono in realtĂ al battesimo del voto. In gioco anche 1269 cariche distribuiti in 15 consigli provinciali. Indubbiamente la nuova stella della politica cubana sarĂ Mariela Castro, figli del presidente ad interim RaĂąl, che sembra aver preso sul serio la possibilitĂ di instaurare una dinastia dipendente dal proprio ramo famigliare.
ARGENTINA – Di nuovo rinnegata dal suo padre naturale, è successo ancora all’Argentina della Presidenta Kirchner di finire nelle trame dell’FMI per non aver fornito dati accurati sul debito pubblico e l’andamento dell’economia nazionale. L’economia argentina, allevata a modello delle direttive del Fondo fin dagli anni ’80 è stata protagonista di ascese e crolli altrettanto spettacolari. Spettacolare è anche il fatto che in 69 di esistenza dell’Istituzione coniata nel 1944 a Bretton Woods, nessuno dei paesi membri era mai stato formalmente censurato dai 24 membri del direttivo per inadempienze informativo-documentali. Relegata allo status di paria finanziario dai mercati globali dopo la “presa per le corna” del 2001, l’Argentina si è rivolta alle pratiche meno ortodosse per riaggiustare il corso della propria risalita economica, senza raggiungere alcun risultato soddisfacente, esclusa l’attenzione soffocante dei media.
ASIA
Lunedì 4 – Come le celeberrime scatole cinesi, anche l’appuntamento della settimana in Asia si rivela contenere nient’altro che l’ennesimo capitolo dell’eterna sfida con gli Stati Uniti per il controllo delle sorti del Myanmar. Così le trattative di pace in corso tra la capitale Naypidaw e l’etnia ribelle dei Kachin da questo lunedì nella cittĂ cinese di Ruili, al confine con l’ex Birmania, rappresentano un recupero formale di credibilitĂ per Pechino in qualitĂ di mediatore dell’eterno conflitto interetnico del regno sigillato. A presiedere le trattative sarĂ il Presidente Birmano Thein Sein in persona, che si è guadagnato il sostegno dell’elite politica globale vendendo al mondo l’immagine di un governo attento alle esigenze di apertura e libertĂ , nonostante nasconda abilmente sotto mentite spoglie la dittatura che da anni controlla le sorti del paese.
COREA DEL NORD – Il giovane Kim ci mette il “faccione”, così si potrebbe titolare il resoconto dell’ultimo meeting della Commissione Centrale per gli Affari Militari di Pyongyang che nella giornata di domenica ha tracciato le linee fondamentali della traiettoria futura di una delle ultime mine vaganti della ComunitĂ Internazionale. Il leader del paese piĂą chiuso al mondo ha annunciato un “cambiamento epocale” nella storia militare della Corea del Nord, spargendo il terrore tra gli avversari dell’imminenza di un test nucleare da tenersi nella prima metĂ del 2013. osservatori ed esperti dalla Corea del Sud si spingono fino ad individuare nel nuovo anno lunare previsto per il 10 febbraio, la possibile data per l’ennesimo armageddon in terra d’Asia. Mentre Seoul e Tokyo si preparano all’impensabile non resta che annotare un nuovo fallimento delle Nazioni Unite nel riportare al recinto la pecora nera del gregge internazionale.
MEDIO ORIENTE
IRAN – Ci risiamo, un’altra puntata di un caffè così lungo che sembra aver ormai perso l’aroma intenso della miscela arabica che lo contraddistingue, Iran e Stati Uniti sono di nuovo pronti a sedersi al tavolo delle trattative “solo se pienamente intenzionati a risolvere diplomaticamente la questione”. Con le stesse parole, prima Joe Biden, poi il ministro deglki esteri iraniano Salehi hanno comunicato alla platea del Vertice sulla Sicurezza a Monaco di Baviera l’offerta reciproca per quella che potrebbe essere l’ultima occasione prima dell’attacco alle strutture nucleari made in Tehran. Appuntamento dunque alla settimana del 25 di Febbraio ad Astana, capitale del Kazakistan, designata ad ospitare un altro round di negoziati alquanto ostici, per usare un eufemismo.
ISRAELE – “Non posso aggiungere nulla a quanto avete letto sui giornali nell’ultima settimana su quanto è avvenuto in Siria, è un’altra prova del fatto che quando dichiariamo qualcosa, lo facciamo seriamente”. Dopo tanta e tale dichiarazione, non può che passare per vero e proprio avvertimento destinato a Tehran lo strike chirurgico che ha polverizzato il tentativo di contrabbandare sistemi anti-aerei dalla Siria al Libano meridionale controllato da Hezbollah. Alle parole di Barak, ha subito risposto Bashar al-Assad dalla sua cittadella nel cuore di Damasco in compagnia del Rappresentante iraniano per il Consiglio di sicurezza Nazionale Saed Jalili, a confermare la fratellanza tra i due regimi ormai stretti da una cintura di nemici e dall’attenzione dei media internazionali.