Il Cile post-Pinochet ha conosciuto un lungo periodo di stabilità, fatta di crescita economica e benessere diffuso. L’alternanza di governi di sinistra ha fatto crescere la fiducia in Michelle Bachelet, che durante la campagna elettorale ha sempre promosso riforme atte a garantire una maggiore uguaglianza. A distanza di tempo, però, la loro riuscita sembra compromessa.
CILE, UN QUADRO GEOPOLITICO DI LARGO RESPIRO – Il Cile è uno stato noto alle cronache recenti per il suo rilancio economico, situazione che ha portato il paese non solo ad una crescita imponente, ma anche ad una rilevante attrazione di capitali ed investitori esteri. Santiago del Cile conobbe un prosperoso aumento del numero dei cosiddetti “small businesses” (che tradotto in termini italiani sta per “piccole imprese”) che non solo hanno aumentato il numero degli investimenti, ma hanno anche alimentato una proliferazione di idee ed innovazione.
Tutto questo è stato possibile finché i governi di sinistra, alternatisi per un lungo periodo (dal 1990 al 2010) hanno continuato a supportare politiche neo liberiste, sulla scia di quello che in realtà lo stesso Pinochet aveva posto in essere durante il suo regime cominciato nel 1973 (e terminato quasi vent’anni dopo). I governi di sinistra insomma, hanno consentito tanto alle imprese cilene, quanto a quelle straniere, di trovare terreno fertile ove investire, portando il Cile a conoscere un dinamismo più unico che raro in tutta l’America Latina.
Peccato però che tutto questo si sia ripercosso in una diseguaglianza spaventosa tra la popolazione, la stessa che spinse Michelle Bachelet a promuovere, soprattutto durante la sua seconda campagna elettorale per la presidenza del Paese, riforme legate all’educazione superiore come accessibile a tutti, una revisione costituzionale che mirasse a rendere la carta suprema meno debole, dato che questa fu varata durante il regime di Pinochet, e una riforma tributaria volta a redistribuire i livelli di imposta a seconda dei redditi e nei confronti delle imprese. Una politica economica improntata all’uguaglianza e alla redistribuzione, sostanzialmente.
Fig. 1 – Santiago appare una città moderna e dinamica, rappresentativa di quell’economia che ha caratterizzato il paese negli ultimi anni
UN CAMBIO DI ROTTA, IN NEGATIVO – L’ultimo punto sopra citato, relativo all’imposizione fiscale nei confronti delle imprese, ha segnato un punto di rottura con quelle politiche neo-liberiste che avevano caratterizzato il Cile sino a circa due anni fa. Quello stesso dinamismo cominciò a venir meno e, complice la caduta del prezzo delle materie prime tra cui quello del rame di cui il Cile è principale esportatore, hanno segnato una progressiva fuga di capitali dal Paese verso nuovi orizzonti come ad esempio quello delle energie rinnovabili.
Come per altri Paesi latinoamericani, il crollo del prezzo delle materie prime ha significato una reale difficoltà per le loro economie e, l’abbassarsi sino a soli 3 dollari per libbra del prezzo del rame, ha contribuito a quel 2% di crescita conosciuto dal Cile nel 2013. Poco è avvenuto successivamente in termini di sviluppo economico, e se i consensi verso la Presidente Bachelet hanno sfiorato il 28% (più che dimezzati se pensiamo ad un’elezione avvenuta con il 62%), la popolazione e la virtuosità economica sono quelle che maggiormente stanno risentendo della situazione.
Dati alla mano, il Cile vede un’economia non più virtuosa come un tempo: la relazione “alta inflazione – bassa disoccupazione” spesso non si rispecchia nella vita quotidiana della popolazione cilena e, ultimamente, l’inflazione stessa sembra aggirarsi a livelli medi se paragonata con l’andamento degli ultimi venti anni. Un livello di inflazione al 3% circa non è altamente preoccupante ma, se paragonato a quello delle economie virtuose (prendiamo come esempio gli Stati Uniti d’America e il loro livello d’inflazione che non supera l’1%), questo dato assieme a statistiche spesso discordanti, non fa presagire un futuro florido per il dinamismo economico cileno.
Fig. 2 – La Presidentessa Michelle Bachelet vede oggi un drastico calo dei consensi che sembrano toccare il 28%: niente a che vedere con il 62% che la aveva eletta
LA SPERANZA È NELL’ACQUA – Un’economia che soffre, è un’economia che se da un lato penalizza e comporta privazioni importanti alla popolazione, dall’altro la spinge alla riforma, all’iniziativa popolare e alla rivolta (pacifica, che è sempre auspicabile). È di pochi giorni fa la notizia secondo cui in diverse città cilene la gente è scesa in piazza per alimentare la convinzione, approdata anche in Parlamento attraverso un pacchetto di riforme, secondo cui sia necessario rivedere quanto, oramai da anni, caratterizza il sistema di gestione delle risorse pubbliche, tra cui, in primis, quelle idriche, attualmente privato. La popolazione sta chiedendo a gran voce che, soprattutto in un clima di sofferenza economica, l’acqua torni ad essere un bene pubblico e di facile fruizione, nella speranza che questo possa significare il primo passo verso una direzione che porti a riforme più importanti e non parziali come quella dell’educazione. Quest’ultima, nonostante sia stata fortemente voluta dalla Presidentessa, sarà attiva solo dal 2020 con notevoli limitazioni che non sono piaciute alle stesse associazioni universitarie che ne denunciano la sostenibilità economica.
Fig. 3 – I giovani, come le organizzazioni universitarie, chiedono a gran voce una riforma dell’educazione pubblica che non sia fatta di promesse e scadenze lontane, ma sia efficace e reale a partire da oggi
INVESTIRE O NON INVESTIRE IN CILE? – Se la domanda fosse stata posta due o tre anni fa la risposta, molto probabilmente, sarebbe stata “sì”. Perché l’economia era virtuosa, la stabilità politica era presente e continue nuove idee e capitali giungevano dall’estero e da ogni parte del Paese. Poi qualcosa è cambiato e le statistiche stesse ce lo confermano. Un calo dei consensi nei confronti della presidenza, le proteste per quelle disuguaglianze che toccano i settori più cari alla popolazione, tra cui educazione e risorse pubbliche, un’inflazione che non incoraggia i consumi ed una disoccupazione che negli ultimi cinque anni ha conosciuto picchi importanti, sono tutti fattori che non invogliano gli investimenti e, probabilmente porteranno il governo a rivedere alcune politiche, ma, soprattutto, a mantenere gli impegni presi ed attuare le riforme promesse.
Sara Belligoni
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Qui, la pagina della United Nations Foundation dedicata a Michelle Bachelet, prima donna a guidare la presidenza del Cile. [/box]
Foto di copertina di Trepan Rilasciata su Flickr con licenza Attribution-ShareAlike License