In 3 sorsi – Quarant’anni fa pochi avrebbero immaginato che un continente spaccato a metà dalla guerra fredda e una regione frammentata, che aveva appena visto la fine dell’era coloniale, sarebbero potuti diventare un giorno partner strategici. Eppure, forse proprio per questa somiglianza nei problemi strutturali, oggi Unione Europea e ASEAN possono stabilire una solida partnership per affrontare le sfide globali del XXI secolo
1. LE BASI DELLA RELAZIONE TRA LE DUE REGIONI – Quest’anno si celebrano i 40 anni dall’inizio ufficiale delle relazioni tra Unione Europea (UE) e Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), la quale include Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam. In particolare nell’ultimo decennio la relazione ha subito una forte accelerazione, dovuta in primis all’incredibile sviluppo economico che ha avuto la regione asiatica nel suo complesso. Bisogna tenere a mente che un aumento dell’interesse per quest’area dell’Asia è una conseguenza diretta della risoluzione delle questioni politiche e di sovranità che erano ancora aperte alla fine del secolo scorso. La fine dell’occupazione da parte dell’Indonesia di Timor est e la transizione verso la democrazia in corso in Myanmar hanno permesso alla regione di raggiungere maggiore stabilità e di guadagnare le attenzioni di potenze straniere e investitori internazionali. Cuore della partnership con l’Europa rimane la relazione commerciale. L’Unione Europea rappresenta per l’ASEAN il secondo partner commerciale dopo la Cina e la prima fonte di investimenti esteri diretti (FDI); l’ASEAN, per parte sua, si attesta come il quarto maggior partner commerciale dell’UE, dopo USA, Cina e Svizzera. Dopo aver firmato l’accordo per il trattato di libero scambio con Singapore e Vietnam, rispettivamente nel 2014 e nel 2016, le attenzioni di Bruxelles si sono ora spostate verso la negoziazione di un trattato complessivo region-to-region, che possa inglobare i vari accordi bilaterali già esistenti. A fianco della relazione economica e commerciale, nuovi legami sono stati allacciati con l’ASEAN nei settori di difesa e sicurezza, connettività intra e interregionale, lotta al cambiamento climatico, diritti umani e scambi socio-culturali. Inoltre l’Unione Europea ha recentemente aperto (2015) una nuova missione diplomatica dedicata esclusivamente all’ASEAN basata a Giacarta, con l’obiettivo di intensificare il dialogo nei diversi settori e dare alla partnership una natura strategica.
Fig. 1 – Cecilia Malmstrom, Commissaria dell’Unione Europea per il commercio, che ha partecipato spesso a incontri con i Ministri dell’Economia dei Paesi ASEAN
2. RECENTI SVILUPPI VERSO UNA PARTNERSHIP STRATEGICA – Il rapporto tra queste due aree geografiche appare abbastanza naturale, dato che entrambe condividono la stessa visione di integrazione regionale come mezzo per rafforzare pace e stabilità, sviluppare prosperità e affrontare le sfide globali. L’Unione vede l’ASEAN come il maggiore contributore alla stabilità della regione Asia-Pacifico. Per l’UE un’ASEAN più forte e coesa rappresenta un elemento positivo per consolidare la sicurezza di tutta l’Asia e allo stesso tempo un partner importante per affrontare insieme le sfide politiche, economiche e sociali del nostro tempo. Nel 2012 l’Unione Europea ha firmato (prima organizzazione regionale a farlo) il Trattato di Amicizia e Cooperazione (TAC), un codice di condotta tra i Paesi ASEAN che include i principi fondamentali su cui si fonda l’organizzazione, tra i quali la risoluzione pacifica delle controversie e il divieto dell’uso della forza tra gli Stati. Questo passo ha rappresentato la dimostrazione di condivisione di valori e la volontà di continuare a cooperare congiuntamente per raggiungere obiettivi comuni. La partnership politica tra le due organizzazioni si articola da un lato con la partecipazione dell’Unione Europea a piattaforme regionali guidate dall’ASEAN, dall’altro con la cooperazione su temi specifici. Per quanto riguarda le organizzazioni regionali l’attività dell’Unione si concentra in particolare sulla partecipazione attiva all’interno dell’ASEAN Regional Forum (ARF), un’iniziativa su base regionale che riunisce allo stesso tavolo nazioni in competizione tra loro per dialogare a livello multilaterale della sicurezza regionale. L’Unione Europea condivide con l’ASEAN l’idea che la sicurezza regionale sia una questione unica, non divisibile e che vada affrontata tramite un dialogo costante che rafforzi la fiducia reciproca. Dal punto di vista di temi specifici di sicurezza internazionale, questi si focalizzano su sicurezza marittima e sul contrasto alle minacce non tradizionali, in particolare il terrorismo internazionale. La Dichiarazione di Bangkok al termine dell’ASEAN-EU Ministerial Meeting (AEMM), siglata nell’ottobre 2016, conferma e rafforza l’impegno dell’Unione Europea verso l’ASEAN già espresso con il piano d’azione Bandar Seri Begawan 2013-17 e traccia le linee guida su questi temi. La cooperazione sulla sicurezza marittima tra UE e ASEAN includerà condivisione di informazioni, in particolare condivisione di pratiche, cooperazione tra le varie agenzie e sviluppo di piani comuni. Anche riguardo all’anti-terrorismo viene auspicata maggiore cooperazione, ma nessun dettaglio viene indicato all’interno della Dichiarazione. Il punto più interessante della cooperazione politica tra le due organizzazioni regionali rimane la posizione dell’UE sulla questione del Mar Cinese Meridionale. Questa Dichiarazione non fa altro che confermare la posizione che l’Europa mantiene da anni, ovvero il rispetto del diritto internazionale (UNCLOS), la pacifica risoluzione delle controversie e l’effettiva implementazione degli accordi sottoscritti dalle parti in causa, ovvero Paesi dell’ASEAN e Cina. La posizione dell’Unione Europea sulla questione del Mar Cinese Meridionale oscilla quindi tra neutralità, disinteresse e mancanza di potere. L’UE negli ultimi 5 anni ha incrementato notevolmente il suo interesse per l’Asia e l’ASEAN in particolare; questo focus si articola però principalmente nella soft diplomacy (track II diplomacy), di cui esempi diretti sono la partecipazione attiva nell’ARF e la promozione della diplomazia preventiva.
Fig. 2 – Incontro tra i delegati che partecipano al Regional Security Forum (ARF) a margine dell’incontro annuale tra i Ministri dell’ASEAN a Vientiane, capitale del Laos, 26 luglio 2016
3. POSSIBILI DIREZIONI FUTURE – Nel contesto attuale il ruolo che caratterizza principalmente l’Europa è quello di “partner dell’Asia” piuttosto che di “potenza asiatica”. In questo caso la differenza con gli Stati Uniti è netta e sono gli stessi USA che tendono a mantenere l’Unione Europea, con il suo soft approach, fuori dalle questioni strategiche chiave dell’Asia, quali Taiwan, la Corea del Nord e il Mar Cinese Meridionale. Questa è sicuramente una delle ragioni per cui la cooperazione politica dell’Unione Europea con l’ASEAN rimane alquanto blanda. Ma la mancanza di influenza politica a livello internazionale non è una una novità per l’Unione Europea; è la sua natura di attore regionale che condivide la politica estera con gli Stati membri a limitare il suo raggio d’azione in Asia così come in altri casi. Se però si confronta il rapporto che l’Unione Europea ha con l’ASEAN rispetto a quello che ha con altre potenze globali quali Cina, India, Giappone o Russia, è fuori discussione la natura strategica di questa partnership. Ciò che è auspicabile, nonché realistico immaginare, è un approfondimento delle questioni principali aperte, ovvero l’accordo di libero scambio su base regionale e la cooperazione sulla sicurezza marittima e sull’anti-terrorismo. In questi campi entrambe le parti hanno molto da poter dare e condividere e le opportunità politiche sono pronte per essere raccolte. Una volta rafforzato questo asse region-to-region, nel medio periodo, tra 5-10 anni, sarà possibile immaginare una partnership rafforzata anche dal punto di vista politico sulle questioni più spinose.
Fig. 3 – L’Alto Rappresentante per la politica estera e sicurezza dell’Unione Europea Federica Mogherini incontra il Premier cinese Li Keqiang a Pechino, 6 maggio 2015
Davide Davolio
[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più
Il termine “Track II diplomacy” fu coniato nel 1981 da Joseph Montville e indica un approccio alla diplomazia informale e non ufficiale, spesso portato avanti da organizzazioni non governative o think tank. Track two si oppone a track one, che invece riguarda i canali formali della diplomazia portata avanti dai rappresentanti del Governo. Negli anni Novanta è stato anche introdotto il termine Track one and a half diplomacy che descrive meeting informali condotti però da ufficiali governativi. Nella realtà chiaramente queste differenze sono più sfumate.[/box]
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