Ristretto – L’attentato che sabato 14 ottobre ha colpito Mogadiscio, capitale della Somalia, ci pone per l’ennesima volta di fronte al problema del “double standard”, il diverso atteggiamento emotivo con cui ci rapportiamo a tragedie che percepiamo come distanti
Eppure il bilancio delle vittime, tra morti e feriti, è stimato intorno alle cinquecento, se contiamo quelle di cui è stato possibile il riconoscimento. Il camion bomba è esploso nelle vicinanze del Safari Hotel, la cui posizione è tutt’altro che casuale. L’edificio si trovava, infatti, nelle estreme vicinanze del Ministero degli Esteri e di altre ambasciate, che sono state gravemente danneggiate. L’ipotesi prevalente al momento è che il bersaglio dell’attacco fosse proprio il Ministro degli Esteri somalo Yusuf Garaad Omar, impegnato in prima linea, insieme al Presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, eletto lo scorso febbraio, nella lotta al terrorismo. Ma chi sono i responsabili dell’attacco? Al momento non c’è ancora stata una rivendicazione ufficiale ma il principale sospetto è il gruppo terroristico di matrice islamista Al-Shabaab, attivo in Somalia dal 2006 e riconosciuto ufficialmente come cellula affiliata ad al-Qaeda nel 2011. Quel che è certo al momento è che questo tremendo attacco, il più distruttivo avvenuto nel Paese fino ad oggi, scuote l’equilibrio già fragilissimo del nuovo governo che sin dall’insediamento ha dovuto fare i conti con un clima di assoluta insicurezza, aggravato dal ritorno in auge dei pirati somali, che, secondo fonti accreditate, intrattengono proficui legami di cooperazione con i terroristi.