Una serie di attacchi e di scoperte riguardanti l’attività jihadista in alcune aree della Tunisia conferma e accresce i sospetti riguardo la possibilità che il Paese maghrebino sia uno dei nuovi fronti della battaglia fondamentalista. Nonostante i pericoli siano veri, non è questa la sola minaccia per la Tunisia di oggi, alle prese con un crescente malcontento popolare, un aumento della povertà e della disoccupazione e un aggravamento degli squilibri territoriali interni. Purtroppo la classe politica non sembra in grado di dare una risposta concreta a tale disagio
CRESCE LA MINACCIA LUNGO I CONFINI – L’aumento della minaccia jihadista in Tunisia appare oggi un dato di fatto. Le parole pronunciate lo scorso martedì – “Abbiamo scoperto un piano terroristico che pone nel mirino i tunisini e lo Stato” – da Mohamed Ali Aroui, portavoce del Ministro degli Interni Lotfi Ben Jeddou, hanno accresciuto il timore a seguito della serie di scontri tra forze dell’ordine e gruppi di militanti in prossimità del Djebel Chaambi, monte più alto del Paese. E’ proprio all’ombra del Djebel Chaambi, nella depressa città di Kasserine nel Centro-ovest al confine con l’Algeria, che è possibile rinvenire tracce e spiegazioni del fenomeno: esplosione dei tassi di disoccupazione, progressivo arretramento dello Stato e delle sue istituzioni, desertificazione progressiva e aumento del livello di povertà . E’ qui che la militanza salafita si congiunge alla criminalità che sussiste attraverso il contrabbando e cerca di minare l’autorità statale.
In Tunisia la mobilitazione contro i gruppi salafiti è in atto da molto prima dell’uccisione di Chokri Belaid e spesso è stata accusata di essere poco altro che uno strumentale tentativo di attaccare Ennahda, il partito islamista di governo. La progressiva diffusione nel Paese di Ansar al-Sharia, movimento salafita trans-nazionale che predica l’avvento della Shari’a e il rifiuto delle istituzioni democratiche, ha in realtà costituito a più riprese una minaccia per la stabilità del principale partito del Paese, costringendolo ad adottare politiche ambivalenti e a dover fare concessioni alla propria parte più intransigente, al fine di non perdere il consenso di parte dell’elettorato. L’ampia attività di assistenza sociale svolta dagli uomini di Ansar al-Shari’a – grazie in parte all’autofinanziamento, in parte alla raccolta di fondi occulti provenienti dall’esterno – nelle aree più povere della Tunisia ha causato il graduale aumento dell’appoggio popolare per la causa salafita nel Paese.
INSTABILITA’ ECONOMICA – Non c’è solo il problema della scarsa sicurezza interna a mettere a rischio la tenuta della nuova democrazia tunisina. Il Paese soffre di gravi scompensi economici a livello strutturale che ne stanno minando la tenuta. L’assenza della grande disponibilità di risorse energetiche di cui sono ricche Algeria e Libia fa sì che il Paese abbia bisogno di far conto su una forte ripresa dell’investimento estero e del turismo per dare aria alle casse statali e uscire dal rischio di una pericolosa stagnazione prolungata: la persistente instabilità interna indebolisce però le prospettive di ripresa, abbassando il flusso di turisti e disincentivando le industrie straniere dall’investire in Tunisia.
Il risultato è un forte aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile: le stime per il 2013 parlano del superamento della quota del 20%, ma il bilancio è ancora piĂą grave se si tiene conto dell’alto livello della sotto-occupazione. A farne le spese sono le ex-cittĂ industriali del Centro e del Sud del Paese – da Kasserine a Sidi Bouzid, da Gafsa a Siliana – dove lo Stato fatica a coprire le spese previdenziali e le notizie di autoimmolazioni sono frequenti.
Da mesi è in fase di contrattazione – ma secondo alcuni l’accordo è giĂ stato raggiunto – un prestito di 1,8 miliardi da parte del Fondo Monetario Internazionale, volto a dare la possibilitĂ allo Stato tunisino di assolvere alle proprie spese (ma il livello di indebitamento del Paese non è altissimo) e dare nuovo slancio all’impresa. Così come in Egitto però, le condizioni imposte dal FMI per il prestito hanno generato malcontento in parte della popolazione: si ritiene che la serie di tagli lineari imposti dal Fondo potrebbe avere un effetto depressivo sulla giĂ impoverita classe media tunisina, un tempo fulcro della crescita nazionale.
FRAGILITA’ POLITICA – Dalla caduta del Governo Jebali nello scorso febbraio, il nuovo Governo “tecno-centrico” (in realtĂ , i ministeri-chiave sono stati affidati a tecnocrati, ma il grosso dell’esecutivo è costituito da uomini di partito) guidato dall’ex Ministro degli Interni Ali Laarayedh continua a essere accusato di immobilismo. Il fallimento dei tentativi di allargamento della Troika (Ennahda, CPR di Marzouki e Ettakatol di Ben Jaafar) ha mantenuto invariata la polarizzazione interna all’Assemblea Costituente, con i vari partiti che svolgono una paralizzante attivitĂ di reciproco contrappeso. L’incapacitĂ di imprimere una svolta convinta porta a una stagnazione politica prolungata e a un clima di crescente accusa e inquietudine sono riflessi dai gravi ritardi nel portare a compimento il processo costituzionale.
Andrea Ranelletti