In 3 sorsi – I rapporti tra politica, società civile ed esercito in Tunisia sono un unicum nel mondo arabo per la marginalizzazione dei militari. Tradizionalmente percepite come una preoccupazione dai regimi, le Forze Armate oggi stanno trovando spazio nel panorama politico e istituzionale.
L’ECCEZIONALITÀ DEL CASO TUNISINO
Oltre a essere il piĂą piccolo tra i Paesi arabi, l’esercito tunisino è anche stato quello minormente impiegato sia in missioni internazionali, sia in affari interni. Infatti, dal 1956 – anno dell’indipendenza – le Forze Armate sono rimaste ai margini della vita politica ed economica del Paese. I Presidenti Bourguiba e Ben Ali – che hanno governato dal 1956 al 2011 – temevano l’idea di un esercito influente negli affari politici, come accadeva tra i propri vicini. Per 55 anni, quindi, l’istituzione militare è stata sottofinanziata e sprovvista dell’equipaggiamento necessario, in modo da non permetterle di sollevare alcuna pretesa, e di escluderla completamente dalle scelte politiche di Tunisi.
Si pensi, inoltre, che alle Forze Armate in Tunisia è sempre stato negato il diritto di voto, e che la deroga a questa legge per le sole votazioni comunali approvata nel 2017 è stata fortemente criticata dalla stessa Associazione degli ex ufficiali dell’esercito nazionale, la quale ritiene sia pericoloso politicizzare l’ambiente militare, in quanto il Paese non sarebbe ancora pronto.
Come conseguenza al progetto di indebolimento messo in atto dai precedenti regimi, la forza militare tunisina è ancora oggi fortemente arretrata rispetto al resto della regione.
Fig. 1 – President Zine al-Abidine Ben Ali
LA SVOLTA DEL 2011
Contrariamente al ruolo che ha svolto l’esercito negli altri Paesi, l’esercito tunisino si è posto in posizione neutrale davanti allo scoppiare della Primavera araba. L’apprezzamento da parte della popolazione nei suoi confronti è quindi cresciuto. Infatti nonostante si siano rifiutati di intervenire negli affari politici, i militari hanno protetto la popolazione dalla violenza della polizia e non hanno eseguito agli ordini contro la popolazione civile.
L’atteggiamento imparziale dell’esercito davanti a un così importante evento spartiacque potrebbe essere stato dovuto al non aver sviluppato – a differenza, ad esempio, di Egitto ed Algeria – interessi corporativi.
Ad ogni modo, la rivoluzione politica del 2011 non ha però visto i rapporti tra civili e militari rimanere immutati. Al contrario ha posto fine alla personalizzazione della gestione dell’esercito e dei privilegi di specifici ufficiali, ha dato il via a una nuova lobby militare e ha portato i Governi successivi a investire nelle Forze Armate, rivedendone il posizionamento politico ed economico.
Fig. 2 – Manifestazione in Tunisia nel 2011
L’ESIGENZA DI UN ESERCITO EFFICACE
Oggi, quella militare è ancora l’istituzione che gode di maggior fiducia tra la popolazione. Il terremoto politico che ha travolto la regione ha posto i successivi Governi davanti a nuove sfide. Nel campo militare, per garantire un’efficace lotta al terrorismo e il controllo dei confini, la grande necessità è la “professionalizzazione” , quindi superare la condizione di debolezza nella quale l’esercito era stato confinato da Ben Ali.
Inoltre il Parlamento tunisino è il più vicino alla concezione occidentale di organo capace di esercitare il controllo civile sull’apparato militare.
Il cambio di paradigma sembra essere però più profondo, stando alle tendenze del Presidente Saied, eletto nel 2019, che non ha mai negato di ammirare il ruolo che gli eserciti di Algeria ed Egitto ricoprono nel determinare le sorti dei rispettivi Paesi, anche se la svolta autocratica, compresa un’eventuale militarizzazione della politica, può giocare a sfavore dei rapporti così proficuamente intessuti con Washington negli ultimi anni.
Bruno Bevilacqua
Immagine di copertina: Kais Saied by Sapienza UniversitĂ di Roma_Archivio fotografico is licensed under Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike