Con queste parole il Premier turco Erdogan ha bollato lo Stato di Israele, durante la sua visita a Parigi. Parole che aprono una nuova falla nei rapporti Ankara – Tel Aviv
La Pace in Medio Oriente – E’ minacciata da Israele? Secondo il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan, decisamente sì. E così, invece di gettare acqua sul fuoco delle accese discussioni tra Israele e Turchia, Erdogan decide di rincarare la dose di accuse e di non placare le polemiche che impazzano sull’asse Ankara-Tel Aviv. Nell’affermare che Israele è la “minaccia maggiore per la pace in Medio Oriente”, Erdogan (nella foto in basso) ha ricordato “l’uso sproporzionato della forza nei confronti dei Palestinesi”, così come il ricorso alle bombe al fosforo bianco, di cui Israele avrebbe fatto uso durante l’operazione nella Striscia di Gaza tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, la cosiddetta “Piombo Fuso”. Si tratta di un attacco molto duro che fa seguito a una serie di crisi diplomatiche tra i due Paesi, iniziate con la durissima polemica tra lo stesso Erdogan e il Presidente israeliano Shimon Peres in occasione del Forum internazionale di Davos, lo scorso gennaio 2009, che vide al centro delle accuse turche proprio Piombo Fuso. Poi vi è stata l’esclusione di Israele da una esercitazione militare congiunta che si sarebbe dovuta tenere in Turchia, ma a cui all’ultimo momento Israele non è stata invitata. In contemporanea, per di più, la Turchia faceva la sua prima esercitazione militare congiunta della storia con la Siria, Paese ancora in formale stato di guerra con Israele. Ancora, vi è stata la cosiddetta “crisi della sedia”, nel momento in cui l’Ambasciatore turco a Tel Aviv, Oguz Celikkol, fu fatto sedere di proposito su una sedia molto più bassa di quella dei rappresentanti israeliani in occasione di un incontro pubblico. Nel linguaggio diplomatico, una vera e propria umiliazione.
Il quadro della regione – E infine, dunque, è arrivata la dichiarazione di ieri. A ribadire che la Turchia non ha ancora intenzione di essere un alleato israeliano senza condizioni, in un momento in cui Israele perde sempre più interlocutori nella regione e si trova isolata con quasi tutti i maggiori alleati, perfino con gli Stati Uniti, vista l’irritazione di Obama per le politiche unilaterali dell’attuale Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Si parla soprattutto della politica di insediamenti nella West Bank e a Gerusalemme Est, così come del rifiuto di trattare proprio sulla questione dello status di Gerusalemme che, anzi, lo stesso Netanyahu ha ultimamente definito come la “capitale unica e indivisibile” dello Stato israeliano, seppur non riconosciuta tale da nessun attore della comunità internazionale. Vi sono contenzioni aperti con la Siria, con cui Tel Aviv non riesce ad arrivare ad un accordo, e con il Libano che, con Hezbollah presente nel governo, è obiettivo delle minacce israeliane. La situazione resta calda, seppur con gradualità diverse, su almeno questi tre fronti: Palestina, Libano e Siria. E, in un siffatto clima, Tel Aviv sembra essere sempre più sola in Medio Oriente. Per non parlare dell’Iran.
La Turchia e il suo peso – Quell’Iran su cui la collaborazione turca potrebbe essere una vera e propria chiave di volta. Se non fosse che Ankara, oltre che essere ai ferri corti con Tel Aviv, lo è anche con Washington, seppur in misura minore. Dal momento che la Turchia è attualmente uno dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, Ankara può giocare questa carta per far valere la sua posizione contraria alle sanzioni contro Teheran, con cui la Turchia ha buoni rapporti di natura economica e commerciale e dei quali non intende fare a meno. Che fare? La Turchia va avanti con la propria politica estera volta ad avvicinare tutti i vicini e a non creare dissidi con nessuno. In quest’ottica, non intende rompere il dialogo con l’Unione Europea, né intende seriamente mettere in discussione le relazioni con USA e Israele. Allo stesso tempo, però, manda segnali ben chiari: Ankara è autonoma nella definizione dei propri interessi strategici, vuole dialogare anche con i Paesi invisi all’Occidente, come l’Iran e in parte la Russia, ma proprio per questo vuole essere considerata un attore di primo piano, che può mediare con tutti. Da qui la volontà di mediare tra l’Iran e l’Occidente, così come tra la Siria e Israele. Le accuse di Erdogan allo Stato israeliano vanno lette sotto quest’ottica: la Turchia c’è e collabora, ma Israele non può proseguire le politiche unilaterali in Medio Oriente, altrimenti Ankara si distacca. E perdendo Ankara, Israele perderebbe un ottimo punto di riferimento nell’area.
Stefano Torelli