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L’Iran di Rohani: malintesi e opportunità

Hassan Rohani è il nuovo Presidente iraniano: a eleggerlo è stata la metà degli aventi diritti, mentre gli altri candidati hanno raccolto consensi molto limitati. Che cosa cambierà adesso nel Paese? È vero che Rohani è un moderato che potrebbe stravolgere il sistema iraniano? Le interpretazioni in questo senso sono molte, però non sarà proprio così, soprattutto perché il nuovo Presidente è in primo luogo un membro del clero fedele a Khomeini. Tuttavia, già in passato Rohani ha mostrato avversità alle linee di Ahmadinejad.

 

IL RISULTATO – La vittoria di Hassan Rohani nelle elezioni presidenziali iraniane giunge inattesa (nonostante alcuni osservatori l’avessero prevista), ma non coglie di sorpresa. Il tasso di partecipazione alle consultazioni, che si temeva basso, ha invece superato il 70%, mentre la divisione del fronte conservatore tra più candidati (tra i quali Qalibaf e Jalili) non è sufficiente a giustificare la vittoria dei moderati, poiché Rohani ha ottenuto il 50,71% dei voti, ossia la maggioranza assoluta. Inoltre, nonostante l’esclusione dalla competizione di Rafsanjani e Khatami avesse destato i sospetti di una riproposizione di quanto avvenuto nel 2009, con gli esiti elettorali manipolati in favore di Ahmadinejad, in questa occasione il voto è stato assolutamente libero e trasparente. Si potrebbe obiettare che, comunque, tutti i candidati presentatisi fossero personalità approvate da Khamenei proprio per evitare un’eccessiva indipendenza da parte del vincitore e la riapertura dello scontro tra le Istituzioni. Vero, però bisogna tener presente che il sistema iraniano, salvo l’eccezione degli ultimi anni, ha sempre visto una forte ingerenza della Guida suprema nella scelta nei candidati, ma non l’alterazione dei risultati elettorali in modo così palese come nel 2009. Il disincanto che molti osservatori ritenevano foriero di astensionismo si è invece rivelato uno stimolo alla partecipazione.

 

CHI È ROHANIHassan Rohani è nato nel 1948 a Semnan, nell’Iran settentrionale. Ha studiato a Qom e a Teheran, entrando in contatto diretto con Khomeini e dedicandosi all’impegno politico e religioso. Rifugiatosi a Parigi nel 1978 per evitare la mano della polizia segreta dello Scià (Savak), Rohani tornò in Iran con Khomeini al momento della rivoluzione per partecipare attivamente alla nascita della Repubblica islamica: il suo maggiore apporto fu nell’organizzazione delle forze militari. Rimase quindi costantemente in Parlamento tra il 1980 e il 2000, ricoprendo prestigiosi incarichi, lavorando alacremente durante la guerra con l’Iraq (1980-1988) e ottenendo la guida del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dal 1989 al 2005, ruolo con il quale svolse anche funzione di capo negoziatore per le trattative sul nucleare con EU-3, la delegazione europea composta da Francia, Germania e Gran Bretagna (2003-2005). Non bisogna tralasciare, inoltre, che Rohani sia stato anche consigliere per le questioni strategiche di Rafsanjani e Khatami, nonché direttore del Center for Strategic Research, un Istituto che sostenne materialmente molti intellettuali invisi ad Ahmadinejad.

 

L’OCCASIONE PER LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE – In questi giorni si stanno moltiplicando le previsioni circa un futuro radioso e illuminato per l’Iran, sotto la guida del riformista Rohani. Questa interpretazione risente molto di alcuni malintesi di fondo dell’opinione pubblica mondiale riguardo alle dinamiche di Teheran. Rohani, infatti, è prima di tutto un membro del clero – tanto che “The Diplomat” si pone una domanda: «È il ritorno del clero al potere?» –, nonché uno dei più fieri sostenitori dell’eredità di Khomeini. Il nuovo Presidente non contesta per alcun motivo l’esistenza della Repubblica islamica, ma casomai ne auspica solo alcune modificazioni per adeguarla ai tempi. Rohani, inoltre, è contrario alle politiche radicali intraprese da Khamenei e Ahmadinejad – in modi diversi – negli ultimi anni, negandone l’efficacia, però non la legittimità. Il nuovo Presidente dovrà innanzitutto dedicarsi alla ripresa economica del Paese, quindi alla rottura dell’isolamento internazionale dell’Iran, dovuto in primo luogo alla questione del nucleare. Tuttavia, e torniamo al punto precedente, il fatto che Rohani sia integrato nel sistema islamico, ma al contempo sia anche il portatore di importanti istanze di rinnovamento, deve convincere la comunità internazionale della necessità di riaprire il dialogo con l’Iran in modo coraggioso e, soprattutto, con la flessibilità che deriva dall’aggiornamento delle interpretazioni su un Paese fondamentale per la pace mondiale.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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